Caso D’Orsi e Barbero: Contro la censura di guerra martedì sit it a Torino
di Paolo Ferrero
La capitale sabauda, nell’ultimo mese, è stata teatro di un deciso salto di qualità sul piano dell’impedimento della libera circolazione delle idee. E’ bene comprenderlo a fondo per poterlo fermare, prima che sia troppo tardi.
Nel mese di novembre è stata impedita una conferenza del Professor Angelo D’Orsi, contro la russofobia, al Polo del 900. La censura è stata sollecitata dagli onorevoli Calenda e Picerno ed è transitata dal sindaco di Torino, il piddino Lorusso.
Nei giorni scorsi, i salesiani di Torino hanno ritirato la disponibilità all’utilizzo del Teatro Grande Valdocco – che era stato regolarmente concesso e affittato – impedendo in questo modo la conferenza dei professori Alessandro Barbero e Angelo D’Orsi su “ La democrazia in tempo di guerra. Non sappiamo chi, questa volta, abbia fatto pressioni per far saltare tutto ma certo debbono aver portato argomenti molto convincenti… Interessante notare che il giornale “la repubblica”, nel dare la notizia della censura, ha titolato: “Democrazia in tempo di guerra, annullato l’incontro filorusso con gli storici D’Orsi e Barbero”.
Questo titolo, che riassume la calunnia di cui viene fatto oggetto chiunque si opponga alla guerra, ci dice tre cose :
– Parlare di democrazia in tempo di guerra viene oggi etichettato come posizione filo russa. Si tratta palesemente di una calunnia, di una fake news in quanto il dibattito verteva sull’Italia e non sui rapporti tra questa e la Russia. Siamo quindi nel regno della disinformazione gestita dai media main stream.



I
Ogni tanto scuola e università lanciano alcuni segnali di malessere. Il più recente riguarda alcuni studenti che si sono rifiutati di sostenere l’orale della maturità. Ripensando con la giusta distanza temporale quell’accadimento è possibile ricollocarlo in un discorso più ampio di questioni che riguardano il mondo della scuola, la sua storia, la sua funzione e i sempreverdi propositi di riformare la riforma precedente. Le fonti giornalistiche hanno riportato le motivazioni addotte da alcuni di questi studenti in merito al loro rifiuto di sostenere l’intero arco della prova di maturità, in particolare il colloquio orale pluridisciplinare. Alcuni di loro hanno affermato di non essersi trovati a proprio agio «a seguire le regole e ad affrontare la scuola come gli altri». Altri hanno sostenuto che «un’intera carriera scolastica rischia di essere oscurata da tre prove svolte in pochi giorni», per poi aggiungere «i voti non definiscono il valore di una persona». Poche settimane dopo è seguita una pronta contromossa del Ministero volta a scongiurare nuovi casi del genere. Questione chiusa dunque?
Produttività e competitività vengono spesso presentate come categorie neutrali, semplici strumenti tecnici per interpretare le prestazioni dell’economia. Questa presunta neutralità è però una costruzione ideologica: serve a trasformare scelte politiche in vincoli oggettivi e a spostare sulle lavoratrici e sui lavoratori il peso degli squilibri macroeconomici.
Introduzione
Gli storici di domani faticheranno a darsi una spiegazione e a dare una interpretazione convincente degli avvenimenti degli ultimi anni, nello spazio europeo centro-occidentale, con qualche integrazione d’Oltreatlantico. Tutto appare così assurdo, ingiustificato e ingiustificabile, e la narrazione che ne viene fatta è talmente lontana da tutta la documentazione disponibile, e sovente persino rovesciata rispetto alla realtà accertata dei fatti, che soltanto una lettura in termini di psicologia di massa, e di psichiatria relativamente alle élites potrebbe, forse, fornire qualche chiave di lettura.






L'immagine è sembra pensata per risultare assurda. Nello Studio Ovale, il presidente repubblicano in carica, che per mesi ha definito il sindaco eletto di New York un "comunista" e una minaccia per la repubblica, è ora al suo fianco e loda le sue idee "d’impatto" sull'edilizia abitativa e sui prezzi sotto un ritratto da poco riscoperto del presidente Franklin D. Roosevelt. Dall'altro lato del podio, un sedicente socialista, eletto con la promessa di rendere la più grande città americana "a prova di Trump", ringrazia lo stesso Trump per il tempo concessogli e parla con sincerità di come possano lavorare insieme per rendere New York accessibile.
Un inquietante fantasma dicono si aggiri per i corridoi dei dipartimenti di filosofia: cattedratici e studenti sbiancano dinanzi alla prospettiva di imbattersi in esso, poiché un incontro fortuito potrebbe comprometterne reputazione, credibilità e carriera.


Nei giorni scorsi, la Casa Bianca ha 
Recentemente in Francia hanno suscitato un notevole scalpore le dichiarazioni pubbliche rilasciate dal generale Fabien Mandon, capo di stato maggiore della difesa francese. Secondo Mandon, bisogna ritornare ad “accettare di perdere i propri ragazzi. Ciò che manca è la forza d’animo per accettare di farsi male, per proteggere ciò che siamo. Se il nostro paese vacilla perché non è pronto ad accettare di perdere i suoi figli, perché bisogna dirlo, a soffrire economicamente perché le priorità andranno alla produzione per la difesa, allora siamo a rischio”
C’è una scena che ormai fa parte del nostro immaginario: in Don’t Look Up (2021), il film di Adam McKay, due scienziati scoprono una cometa che distruggerà la Terra. Provano a dirlo al mondo, ma la politica gioca a rimandare, i media trasformano la catastrofe in un talk show, i social riducono tutto a meme, un miliardario della tecnologia cerca di farci affari. Alla fine, la cometa arriva davvero.




































