Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 4147
Colin Crouch, “Identità perdute. Globalizzazione e nazionalismo”
di Alessandro Visalli
Leggeremo il recentissimo nuovo libro del famosissimo politologo inglese Colin Crouch, reso letteralmente una star dal suo libro del 2000, “Postdemocrazia” quando era direttore dell’Istituto di Governance e Public Management alla Business School dell’Università di Warwick. Il libro del 2000 ha avuto un indubbio merito, e per questo è inevitabilmente presente in ogni opera successiva: quello di aver sollevato la questione dell’erosione della democrazia ad opera dell’estremismo liberale quando ancora poche voci[1] si erano alzate ad avvertire del rischio. Successivamente sarà una valanga[2], e poi dal 2008 una eruzione[3]. Lo stesso Crouch fa peraltro seguire al suo primo libro di grande successo altri due libri significativi[4].
Ma se nel 2000 Crouch, che in fondo insegnava in scuole di economia, parla di cercare di ‘conservare il dinamismo e lo spirito intraprendente del capitalismo’[5] (scendendo a patti con il capitalismo finanziario), ma vede come “chiedere la luna” l’ipotesi di “porre tale richiesta a livello globale” oggi sembra aver cambiato completamente idea; allora le grandi organizzazioni sovranazionali[6] “sta[va]no andando nella direzione opposta”, per cui intravedeva ed indicava “spazio per contrattaccare a livello nazionale sul piano economico” (p.121), riducendo la confusione di funzioni e competenze tra governo ed imprese, adesso più o meno gli stessi fatti conducono a conclusioni opposte. Nella battaglia, cui ha deciso di partecipare da una parte specifica, tra globalismo e resistenze nazionali (preferirei dire, anche nei termini del libro del 2000 del nostro ‘tra globalismo e democrazia’) oggi Crouch ritiene che “possiamo avere un qualche controllo su un mondo caratterizzato da un’interdipendenza sempre maggiore solo attraverso lo sviluppo di identità e istituzioni democratiche e di governo in grado di spingersi oltre la dimensione dello Stato-nazione” (p.5).
- Details
- Hits: 1810
Il processo di liberazione dei popoli e delle classi
di Michele Basso
Marx ed Engels avevano come scopo principale la liberazione del proletariato dalle catene della schiavitù salariale, e, in conseguenza di ciò, la liberazione dell'umanità. Questo presupponeva uno studio delle cause storiche di questa schiavitù, analizzando gli sviluppi attraverso lo schiavismo, il feudalesimo,il capitalismo. Nozioni importanti sul processo di liberazione dei popoli si trovano negli scritti sulla questione irlandese. L'Irlanda del suo tempo, nonostante le mascherature istituzionali, era una colonia. Marx, dapprima, si attendeva la sua liberazione dall'avanzata del movimento operaio inglese, poi capì che proprio i rapporti di sudditanza dell'Irlanda erano il terreno su cui si sviluppavano le correnti più reazionarie, e che il dominio dei landlord in Irlanda permetteva loro di avere un peso determinante anche in Inghilterra, mentre l'emigrazione in Inghilterra degli irlandesi scacciati dalle terre dai landlord creava le condizioni per contrasti con gli autoctoni, per la divisione del movimento operaio.
Dopo essermi occupato per anni della questione irlandese, sono giunto al risultato che il colpo decisivo contro le classi dominanti in Inghilterra (ed esso sarà decisivo per il movimento operaio all over the world [in tutto il mondo n.d.t.]) può essere sferrato non in Inghilterra, bensí soltanto in Irlanda. «D'altro canto: se domani l'esercito e la polizia inglese si ritirano dall'Irlanda, voi avrete immediatamente an agrarian revolution [una rivoluzione agraria N.d.T.] in Irlanda. La caduta dell'aristocrazia inglese in Irlanda condiziona, a sua volta, e ha come conseguenza necessaria la sua caduta in Inghilterra. Ciò soddisfarrebbe la condizione preliminare per la rivoluzione proletaria in Inghilterra. Poiché in Irlanda, sino ad oggi, la questione agraria è stata la forma esclusiva della questione sociale, poiché essa è una questione di pura sopravvivenza, una questione di vita o di morte, per l'immensa maggioranza del popolo irlandese, poiché, al tempo stesso, essa è inscindibile dalla questione nazionale, l'annientamento dell'aristocrazia fondaria inglese in Irlanda è un'operazione infinitamente piú facile che non in Inghilterra. Tutto ciò a prescindere dal carattere, piú passionale e rivoluzionario degli irlandesi, rispetto agli inglesi."(1)
- Details
- Hits: 3409
Cottarelli, il signoraggio e la favola della scarsità delle banane
di coniarerivolta
L’Enciclopedia Treccani definisce tabu una “proibizione di carattere magico-religioso nei confronti di oggetti, persone, luoghi considerati di volta in volta sacri, oppure contaminanti, impuri e dunque potenzialmente pericolosi.” Sembra proprio che una simile proibizione copra il complesso tema del rapporto tra banca centrale e debito pubblico, un vero e proprio tabu che la RAI, in seconda serata, ha osato provare a scalfire con un brevissimo servizio del programma “Povera Patria”, il quale aveva ad oggetto il cosiddetto ‘signoraggio’, ossia il potere esclusivo di creare moneta a corso legale detenuto dalle banche centrali. In appena due minuti, il servizio afferma che in Italia questo potere, prima degli anni Ottanta, veniva sfruttato per finanziare la spesa pubblica in disavanzo a beneficio della collettività e senza particolari limitazioni; questo circolo virtuoso tra creazione di moneta e spesa in disavanzo sarebbe venuto meno in seguito a due passaggi fondamentali: prima con il ‘divorzio’ tra Banca d’Italia e Tesoro e poi con l’adesione alla moneta unica, con la definitiva perdita di sovranità monetaria connessa alla subordinazione della Banca d’Italia alla Banca Centrale Europea (BCE).
Più che il servizio in sé, troviamo davvero interessante il coro di reazioni isteriche che si è immediatamente levato da ogni dove: Davide Serra, Carlo Cottarelli, Luigi Marattin, Mario Seminerio, Riccardo Puglisi e tanti altri si sono gettati nella mischia nel disperato tentativo di screditare le tesi esposte sulla RAI. La tesi di fondo che ha mandato il tilt le tastiere dei liberisti del venerdì sera è l’idea che la monetizzazione del debito pubblico possa funzionare. Quando lo Stato spende risorse, mette in moto l’economia e genera crescita; se quelle risorse, però, sono prelevate dall’economia stessa attraverso tasse e imposte, in ossequio al pareggio di bilancio, allora l’impatto positivo della spesa pubblica sulla crescita ne risulta contenuto.
- Details
- Hits: 3215
Il Venezuela nel mirino
di Giacomo Gabellini
Lo scatenamento del caos in Venezuela non è spontaneo come si potrebbe credere dalle notizie che vengono diffuse. In una approfondita analisi di Giacomo Gabellini le similitudini con il caso Siria e le rivoluzioni colorate
La decisione di Trump – e dei suoi alleati nel continente latino-americano (Brasile, Argentina, Paraguay, Colombia), a cui si è aggiunto l’immancabile presidente canadese Justin Trudeau – di riconoscere come legittimo leader di Caracas il capo dell’Assemblea Nazionale Juan Gaidò rischia di far scivolare la situazione venezuelana sul piano inclinato della guerra civile rendendola sempre più affine a quella delineatasi in Siria nel 2011. Un’analogia che emerge anche – e soprattutto – per quanto concerne il pesante coinvolgimento degli Stati Uniti nell’escalation.
Nei mesi scorsi, Washington ha infatti cercato accanitamente di privare il presidente Nicolas Maduro dell’appoggio interno istituendo il divieto per cittadini e imprese Usa di fare affari con lui e la sua cerchia, decretando il congelamento dei beni venezuelani che si trovavano sotto la giurisdizione statunitense e varando misure dirette contro il settore petrolifero – che a causa dell’impossibilità di accedere alle tecnologie straniere ha dimezzato la produzione – e le forze armate. Le agenzie di rating, dal canto loro, hanno collaborato all’offensiva decretando una serie di declassamenti del debito venezuelano rendendo alquanto difficile per le autorità di Caracas il compito di piazzare i titoli di Stato. Combinandosi con le misure di Trump, le quali hanno impedito l’acquisto di debito venezuelano, di titoli della società pubblica che controlla il petrolio, di ogni altra impresa venezuelana e di società a partecipazione pubblica, nonché bloccato ogni finanziamento in dollari al Paese, le bordate delle agenzie di rating hanno avuto l’effetto di estromettere il Venezuela dal mercato internazionale dominato dal dollaro. A risentirne, ha rilevato l’ambasciatore del Venezuela in Italia Juliàn Isaìas Rodrìguez Dìaz durante un convegno a Roma, sono state «le importazioni di cibo, medicinali, pezzi di ricambio e così via. Si tratta dei provvedimenti punitivi più gravosi che abbiano mai colpito un Paese latino-americano nell’intera storia del Sud America; peggiori rispetto a quelle comminate contro Cuba».
- Details
- Hits: 2672
Regionalismo differenziato: il ministro Grillo sta avallando la fine del Ssn
di Ivan Cavicchi
Sul regionalismo differenziato serve una mediazione intelligente ma serve anche qualcuno in grado di proporla. Il governo, quindi il presidente del consiglio dei ministri Conte, prenda in mano la questione perché se essa ci sfugge di mano sono dolori per tutti
Relativamente alle dichiarazioni fatte ieri dal ministro Grillo sul regionalismo differenziato (QS 23 gennaio 2019) rispondo: no, caro ministro Grillo tra “il rischio di una giungla normativa” e quello di “non erogare i servizi” ci dovrebbe essere un ministro della Salute capace di fare il suo mestiere con intelligenza, con onestà intellettuale, con spirito riformatore e soprattutto con coerenza nei confronti del mandato politico che ha ricevuto dai propri elettori, nell’interesse primario del suo governo e del suo paese.
Lei come ministro dovrebbe, prima di ogni cosa fare il suo dovere quindi proporci politiche adeguate per evitare sia la giungla normativa che la non erogazione dei servizi.
Se non è il governo a farlo mi dica ministro, chi dovrebbe farlo?
Che senso ha far fare alle regioni quello che dovrebbe fare lei come governo ma che non fa?
La mia impressione è che lei:
- non abbia ancora capito che il regionalismo differenziato è la modifica del riparto costituzionale delle competenze in materia di salute tra Stato e regioni cioè è la rinuncia da parte dello Stato centrale quindi del governo di potestà legislative, senza le quali questo sistema smette di essere universalistico
- non abbia ancora capito che l’autonomia differenziata consente l'attribuzione alle regioni di competenze statali relative ai principi fondamentali in materia di salute e ricerca scientifica e che grazie a questa attribuzione il SSN non ci sarà più
Lei ministro Grillo sta avallando la fine del SSN. Se ne rende conto o no?
- Details
- Hits: 3862
Signoraggio, "divorzio" e debito pubblico
Facciamo chiarezza una volta per tutte
di Thomas Fazi
Sta facendo molto discutere il servizio di Alessandro Giuli sulle origini del debito pubblico italiano andato in onda qualche giorno fa all’interno del nuovo programma di Rai 2, “Povera Patria”. Secondo i critici – tra cui luminari dell’economia come Riccardo Puglisi, Mario Seminerio e, ça va sans dire, l’immancabile Luigi Marattin -, le colpe del servizio sarebbe sostanzialmente tre: di aver “propagandato” sulla televisione pubblica la presunta madre di tutte le bufale economiche: il signoraggio (ussignor!); di aver individuato nel cosiddetto “divorzio” del 1981 tra Banca d’Italia (BdI) e Tesoro la causa principale della successiva esplosione del debito pubblico italiano; e di aver insinuato – seppur indirettamente – che la soluzione al problema del debito pubblico sarebbe di tornare ad un regime simile a quello pre-divorzio, cioè di monetizzazione (più o meno parziale) del deficit/debito pubblico da parte della banca centrale.
Tanto per cominciare, cosa dice il servizio? Esso sostiene che le cause del debito pubblico italiano sarebbero da sostanzialmente da rintracciarsi nel signoraggio, che viene descritto – in maniera a dir poco approssimativa – come «il guadagno del “signore” che stampa la nostra moneta, che si fa pagare il valore di quella moneta, da cui sottrae il costo per produrla». Il servizio sostiene che la storia del signoraggio in Italia si snoda in tre fasi: una prima fase in cui lo Stato italiano, «attraverso la banca centrale di sua proprietà stampa moneta e la presta a se stesso per offrire servizi e [finanziare le opere pubbliche]»; una seconda fase in cui – come conseguenza del divorzio – «la banca centrale diventa un istituto privato ma continua a stampare moneta prestandola allo Stato con tanto di interessi», facendo così lievitare il debito pubblico; e una terza fase in cui «la fine della lira, l’adozione dell’euro e la nascita della BCE completano l’espropriazione [della sovranità dell’Italia]».
- Details
- Hits: 3385
La giornata lavorativa
di Maria Grazia Meriggi*
Parlerò da storica soprattutto e quindi cercando di dare conto della pertinenza delle analogie ed esemplificazioni storiche che Marx fornisce intorno al tema della giornata lavorativa e ricordando inoltre, per semplificare, che la durata cronologica della giornata lavorativa, legale e poi anche contrattuale, è il frutto dei rapporti di forza prodotti nel conflitto di classe. Si inizia a definire che cos’è – al di sotto dell’evidenza empirica e contrattuale – la giornata lavorativa.
Una precisazione si rende però necessaria. Dei molti modi in cui sono presenti le narrazioni storiche nel Capitale ne sottolineo soprattutto due. Marx talvolta riassume e sintetizza comprimendo nel tempo in una narrazione in raccourci vicende che si sono sviluppate secondo le linee di tendenza da lui indicate in un lungo arco di tempo. Esempio caratteristico: l’accumulazione originaria in cui Marx comprime il passaggio secolare dall’agricoltura di villaggio con ampie aree comuni alla formazione di una eccedenza di popolazione che alimenta il proletariato industriale passando attraverso le enclosures. Agli inizi del Novecento Paul Mantoux (1906) ha ricostruito analiticamente i passaggi indicati da Marx, attraverso la formazione di un numeroso proletariato di salariati agricoli, attestandone anche la lucidità interpretativa. Altre volte invece – come nel caso di questo capitolo – Marx descrive processi in atto e ricorre a fonti di prima mano che sono le stesse cui ricorrono anche gli storici successivi dell’economia e della società inglesi ed europee del XIX secolo. Queste fonti sono gli atti ufficiali e i materiali statistici prodotti dagli ispettorati del lavoro che di mano in mano si formano presso i ministeri economici. In particolare i famosi blue books, i «libri azzurri» degli ispettori incaricati di verificare il rispetto della legislazione sulle fabbriche. In questo caso Marx è al tempo interprete e cronista appassionato dei processi che descrive con grande fedeltà.
- Details
- Hits: 1895
Nel segno del “Sessantotto”
di Sandro Mezzadra e Maurizio Ricciardi*
Abstract. Questa introduzione apre il numero monografico tracciando un percorso che parte dal Sessantotto per arrivare al neoliberalismo come sua risposta più articolata, senza la pretesa di darne un quadro esaustivo bensì per illuminare la complessità e la radicalità di una cesura. In questa ricostruzione il Sessantotto comincia molto prima, tanto che non è possibile stabilirne una data e un luogo d’inizio precisi. La contestazione dell’autorità, la messa in discussione del patriarcato, l’attivazione di soggetti eterogenei e spesso “imprevisti”: la critica spietata dell’esistente produce una crisi di legittimità che investe lo Stato, la società, il capitalismo e la scienza. In questo senso il Sessantotto si è dato come rivoluzione incompleta e anche per questo mai terminata
1. Il “Sessantotto”, a cui è dedicata questa sezione di «Scienza & Politica», non può certo essere ridotto a un anno solare – e deve dunque necessariamente essere scritto tra virgolette. È cominciato molto prima di quell’anno e non è possibile stabilirne una data e un luogo d’inizio assoluti. Dien Bien Phu e la battaglia d’Algeri, l’avvio della decolonizzazione in Africa con l’indipendenza del Ghana, le poteste di Berkeley e i freedom riders nel sud degli Stati Uniti, il movimento del black power, la conferenza tricontinentale a L’Avana, le lotte operaie in Italia nei primi anni Sessanta, l’instaurazione della Comune di Shangai all’inizio del 1967, la manifestazione del 2 giugno di quello stesso anno contro lo Scià di Persia a Berlino, durante la quale la polizia uccise lo studente Benno Ohnesberg: sono solo alcune istantanee, utili per dare conto della complessità della genealogia del Sessantotto per quanto riguarda sia le sue geografie sia le sue determinazioni soggettive. La lista potrebbe continuare, e sarebbe altrettanto facile nominare alcuni momenti iconici dell’anno 1968 – dalla “battaglia di Valle Giulia” tra studenti e polizia a Roma alle barricate del Maggio parigino, dal massacro di Tlatelolco in Messico il 2 ottobre alle mobilitazioni studentesche in Polonia, Jugoslavia e Giappone, dai ghetti in fiamme dopo l’omicidio di Martin Luther King ai pugni guantati di nero alzati al cielo da Tommie Smith e John Carlos durante le Olimpiadi di Città del Messico, dall’assalto al grattacielo di Springer a Berlino alle rivolte studentesche, operaie e contadine a Calcutta e nel Bengala occidentale. E ancora: il Sessantotto è andato ben oltre la fine dell’anno solare, per esempio con il Cordobazo, la grande insurrezione di operai e studenti che destabilizzò la dittatura di Onganía in Argentina nel maggio del 1969, con la rivolta operaia in Corso Traiano a Torino, seguita dall’Autunno caldo nel 196970, con la tumultuosa crescita in tutto il mondo del femminismo, con il trionfo dei Vietcong nel 1975, con il movimento del ‘77 in Italia.
- Details
- Hits: 4416
Lenin visto da Marx
di Antonio Negri
Perché ho scelto quest’argomento, «Lenin visto da Marx», per rispondere alla domanda di discutere il “Lenin dei filosofi”? Perché quando guardavo a quei filosofi che conoscevo e amavo come Lukacs o Gramsci o Althusser, mi sono accorto che sovrapponevano Marx e Lenin quasi automaticamente – in maniera entusiasta e pragmatica. D’altro lato anch’io, quando considero l’altra parte di me stesso, il militante, rispetto al filosofo che umilmente sono, non riesco immediatamente a separare Lenin da Marx. Il “marxismo-leninismo” fu cosa indissolubile nella Bildung comunista del XX secolo. E allora mi sono chiesto: come avrebbe Marx guardato a Lenin? Se il “marxismo-leninismo” che abbiamo conosciuto nel secolo scorso, è divenuto un’atroce farsa dogmatica – gli stessi Marx e Lenin ce lo concederebbero – essi stavano comunque insieme nella testa di compagni che le rivoluzioni le hanno fatte: come ha potuto avvenire? Vorrei dunque guardare Lenin, colui che la rivoluzione l’ha fatta, dal punto di vista di Marx, di colui che la rivoluzione l’ha pensata, e lo farò dal mio punto di vista, convocando altri marxisti di tanto in tanto ad accompagnarmi.
Come procedere? Mi è sembrato utile seguire due vie. Nella prima farò il tentativo di svolgere il confronto Marx-Lenin in un quadro sincronico, guardando in un solo specchio come se essi affrontassero questi cinque problemi (è il massimo che mi sentivo di discutere in maniera sommaria nel tempo che mi è concesso): 1) come si confrontavano al materialismo ed alla dialettica? 2) ed alla fabbrica? Cioè al lavoro vivo ed all’organizzazione del lavoro? 3) ed al mercato mondiale e all’imperialismo? 4) ed allo Stato? 5) ed alla definizione del comunismo?
- Details
- Hits: 3422
La resistibile ascesa del secondo Matteo
di Leonardo Mazzei
Il 30 maggio 2014, cinque giorni dopo il suo grande successo alle europee, scrissi un articolo all'epoca controcorrente: «La resistibile ascesa di Matteo Renzi». Pare passata un'era geologica, ed invece non sono neppure cinque anni... Al tempo i più gli pronosticavano un ventennio al potere, oggi sappiamo tutti com'è andata.
Adesso c'è un altro Matteo. Non ha ancora i voti, ma solo sondaggi. Eppure son quasi tutti convinti che abbia anche lui un ventennio davanti. Non s'offendano costoro, ma chi scrive queste righe non lo crede neanche un po'.
Grandi le differenze tra il primo e il secondo Matteo. Il primo amato dalle èlite, il secondo no; il primo alla guida di un partito eurista, il secondo alla testa di una forza passata (pur contraddittoriamente) dal localismo al nazionalismo. Capo di un governo quasi monocolore il primo, ministro dell'Interno di un governo di coalizione il secondo. E potremmo continuare.
Assai diverso anche il contesto. Nel 2014 la riscossa delle èlite sembrava ancora possibile, ma solo con qualche invenzione simil-populista. Da qui il passaggio dal grigio pisano Letta al pirotecnico fiorentino Renzi. Oggi la partita si è spostata nel campo populista, nel quale il progressivo prevalere della sua ala destra sembra ai più inarrestabile. Ma è davvero così?
Non lo penso affatto. La crisi italiana è tutt'altro che risolta, ed il Salvini non ha proprio la stoffa del leader - dello "statista" neanche a parlarne - necessaria ad affrontare le prossime tempeste. Ha la forza ed il consenso dell'uomo odiato dalle èlite, ma non pare avere un briciolo di strategia che vada oltre il prossimo appuntamento elettorale.
- Details
- Hits: 2066
Il lato ordinario della vita. Filosofia ed esperienza comune
di Piergiorgio Donatelli
Qual è il significato filosofico del modernismo, come esperienza artistica e letteraria a cavallo fra Otto e Novecento? Se lo è chiesto, nel suo ultimo libro (Il lato ordinario della vita. Filosofia ed esperienza comune, il Mulino, 2018), Piergiorgio Donatelli, che ringraziamo, insieme all'editore, per averci concesso di pubblicare l'introduzione al volume
1. La crisi della ragione
Questo libro parte da Wittgenstein e dai fili teorici che è possibile tessere insieme alla luce della sua impostazione per mettere a fuoco una problematica che chiama modernista, dove il riferimento è da una parte al modernismo letterario e artistico austriaco tra i due secoli e dall’altra alla nozione di modernismo elaborata da Stanley Cavell e che egli riferisce specificamente alla sua concezione della filosofia.
Aldo Giorgio Gargani ha dato una descrizione esemplare di tale problematica in molti suoi lavori, anche se non con questo nome. Vorrei cominciare con la sua analisi per presentare l’impostazione modernista, tenendo presente in particolare il volume Crisi della ragione[1]. Gargani ricostruisce una prospettiva che riflette chiaramente la centralità di Wittgenstein e che lavora più estesamente sulla crisi e le svolte intraprese in molti campi del sapere tra i due secoli, principalmente da personalità intellettuali dell’impero asburgico nonché da autori che si collocano in altri contesti culturali europei. È il grande episodio – o, meglio, i molti episodi – di contestazione dei modelli dominanti che arrivano dalla modernità e che sono messi in discussione da nuovi modi di pensare alla filosofia, alla fisica, alla matematica, alla psicologia, alla musica, ma anche alla città, al mobilio, allo stile della conversazione e delle relazioni umane.
Gargani presenta una linea di ricostruzione storica che documenta la crisi di un modello di sapere classico formatosi nella prima modernità.
- Details
- Hits: 3550
Reddito di cittadinanza
Dalle mirabolanti promesse al varo di un sussidio “bifronte”
di Norberto Fragiacomo
Accingendomi alla stesura di questa nota, sfoglio con la sinistra il testo del “Decreto legge disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni[1]” nella sua versione (mi auguro!) «definitiva»[2]. Parlare di definitività a proposito di un Decreto legge, fonte provvisoria per natura, è senz’altro inappropriato, ma fra i lasciti del renzismo annoveriamo il proliferare di bozze testuali che si inseguono e si sovrappongono, complicando la vita già di per sé dura dell’interprete, alle prese con norme scritte sempre peggio e raramente intelligibili: l’istituto oggetto d’analisi dovrebbe comunque avere oramai acquisito una sua precisa fisionomia, ed eventuali future modifiche sarebbero cosmesi normativa.
Un paio di settimane fa, su La7, il giornalista Massimo Giannini ha parlato, a proposito del provvedimento, di “cambio di paradigma”, riconoscendo ai pentastellati il merito di aver mantenuto le loro promesse elettorali (cosa che in Italia non è avvenuta praticamente mai nell’ultimo trentennio!). Pur nutrendo seri dubbi sul carattere più o meno rivoluzionario della misura non posso non apprezzare l’onestà intellettuale esibita da Giannini, che pochi emuli ha trovato a «sinistra»: per PD e affiliati il reddito è da buttare (lo stesso vale ovviamente per quota 100, cui nuoce a parer mio l’infelice formula «pensionamento anticipato» contenuta in premessa, che la qualifica come eccezione alla regola, restringendone anche sul piano lessicale la portata innovativa).
Intendiamoci: un socialista o un comunista avrebbero parecchio da ridire sulla filosofia che sta alla base della manovra, poiché essa prevede un sostegno statale che è benevola ma condizionata concessione ai bisognosi anziché riconoscere un pieno diritto al lavoro a cittadini in temporanea, incolpevole difficoltà – e tutti i richiami in premessa al «lavoro» non scalfiscono l’impressione che il reddito sia in fondo un paternalistico aiuto dall’alto.
- Details
- Hits: 1533
Trasformare i gilet gialli in una scommessa politica
Appunti di inchiesta di un intervento all'interno dei nascenti gilet gialli italiani
di ***
0. A due mesi dall'inizio della mobilitazione dei Gilet Jaunes francesi, l'intensità e i numeri scesi in piazza sembrano tenere, scavalcando le vacanze natalizie senza particolari ansie e rispondendo colpo su colpo ai tentativi di repressione da una parte e agli ammiccamenti governativi in cambio di qualche briciola dall’altra; anzi la percezione dal di qua delle Alpi è che si viva un costante sviluppo e articolazione della lotta. La forza che il movimento dei Gilet Jaunes ha espresso e sta tuttora esprimendo in Francia, ha suscitato interesse anche nel nostro paese, facendosi catalizzatore del malcontento sociale latente.
Malcontento, frustrazione e rabbia che per ora, con crescenti difficoltà, il governo gialloverde sta riuscendo a trattenere, lasciando però già intravedere le prime crepe.
Il largo ventaglio di protesta che il gilet rappresenta ha posto al centro una critica radicale al modello di sviluppo economico, di gestione del potere decisionale “democratico” statale e alla qualità della vita. Questioni che soprattutto dall'inizio della crisi a oggi attraversano trasversalmente buona parte del continente europeo e del mondo, incarnandosi di volta in volta, di paese in paese, in alternative politiche anche di segno opposto, ma attingenti da un comune bacino.
Questa casacca, divenuta segno distintivo di appartenenza nel suo carattere inter-generazionale, post-ideologico e socialmente ricompositivo in termini di composizione di classe, incarna e supera quello che la maschera di Anonymous avrebbe voluto rappresentare.
Guardando all’esplosività che sta esprimendo il gilet giallo, senza lasciarci ammaliare da scorciatoie rettilinee, riteniamo che scommettere sulle possibili faglie di rottura sia comunque opportuno. Tentare un intervento politico e di costruzione materiale ci sembra tanto arduo quanto produttivo, quantomeno sul livello di preziosa inchiesta che questo spazio ci permette.
- Details
- Hits: 2587
I 5 Stelle denudano re Macron, Merkel lo riveste
Ad Aquisgrana risorge Carlo Magno e muore l'UE
di Fulvio Grimaldi
Carlo Magno contro i 5 Stelle
Supercoppa europea: 5Stelle vs Carlo Magno. Dove per il sanguinario sterminatore dei sassoni pagani, e dunque santo, che riunì Germani e Franchi sulle ceneri dell’impero romano e della civiltà classica, si deve intendere l’Asse franco-tedesco, antieuropeo, un po’ anti-Usa e soprattutto anti-italiano (finche non torna uno come Prodi o Renzi), sancito ad Aquisgrana, città dell’imperatore, sede del primo trattato De Gaulle-Adenauer, per l’egemonia nel continente, simbolo dalla potenza simbolica deflagrante. Sede anche dell’insigne Premio Carlo Magno, forse il più reazionario di tutti i premi, se si trascura qualche Nobel, conferito, et pour cause, a Bergoglio e Woytila papi.
Di Maio, al quale il rientro di Alessandro Di Battista ha fatto l’effetto di un caffèdoppio, l’ha detta grossa:
“Alcuni paesi europei, con in testa la Francia, non hanno mai smesso di colonizzare decine di Stati africani. Se la Francia non avesse le colonie africane, che sta impoverendo, sarebbe la 15esima forza economica internazionale e invece è tra le prima per quello che sta combinando in Africa. L’UE dovrebbe sanzionare queste nazioni che stanno impoverendo quei paesi. E necessario affrontare il problema anche all’ONU”.
E, mi permetto, anche davanti alla Corte Penale Internazionale, per crimini contro l’umanità, non fosse che quel tribunale-canguro, dal quale finora sono stati inquisiti soltanto persone da Lampedusa in giù, ricorda quell’altro dell’Aja che condannò a morire Milosevic, dopo non averne trovato la minima prova di colpevolezza.
Luigi Di Maio e con lui i Di Battista, Di Stefano, tanti altri e la gran parte della rappresentanza 5Stelle, sbertucciati come incompetenti e sfottuti come sovranisti, nazionalisti, cialtroni, dalla più inetta, asservita e corrotta classe dirigente e dai suoi media euro- primatisti in propaganda e fake news, hanno fatto qualcosa mai visto prima.
- Details
- Hits: 3728
La grande inversione: dalla valorizzazione alla finanziarizzazione
di Giordano Sivini
Dallo studio delle grandi trasformazioni che scandiscono la storia del capitalismo emergono, secondo Giovanni Arrighi, cicli successivi di accumulazione, attraversati ciascuno da fasi di espansione materiale e fasi di espansione finanziaria, in spazi di crescente ampiezza governati da Stati che ad ogni ciclo acquistano la supremazia sugli altri. La fase di espansione finanziaria si avvia quando i profitti derivanti dalla produzione e dai commerci cominciano a calare a causa di una competizione sempre più forte. Il capitale si riversa in forma liquida verso le agenzie dello Stato egemone che hanno la capacità di gestirla, provocando una grande redistribuzione di ricchezza in favore dei gruppi sociali dominanti.
Le trasformazioni della vita materiale non sono oggetto di considerazione da parte di Arrighi, né per la fase attuale di espansione finanziaria né per quelle del passato, quando “l’indebitamento eccessivo di Stati o dinastie (…) non si era mai esteso alla riproduzione sociale in quanto tale, diventandone l’anima”1 . Per trattarne è necessario cambiare il quadro teorico e passare da quello di Arrighi che, combinando Marx con Weber, inquadra l’evoluzione storica del capitalismo, a quello che, interpretando in vario modo Marx, si concentra sulle forme di riproduzione dei rapporti sociali determinate dal movimento del capitale attraverso la creazione di ricchezza scandita dal valore e misurata dal denaro.
Questa è la prospettiva di David Harvey, di Robert Kurz e di Ernst Lohoff, per i quali il passaggio dalla fase di espansione economica alla fase di espansione finanziaria può essere spiegata dall’inversione del rapporto tra capitale produttivo di merce e capitale produttivo di interesse.
- Details
- Hits: 2161
La lettera del Presidente, la questione del potere d’acquisto e l’euro
di Jacques Sapir
Nella lettera con cui si è rivolto ai Francesi dopo le imponenti manifestazioni dei “Gilet Gialli” – espressione dell’esasperazione dei cittadini sempre più impoveriti – Emmanuel Macron non fa cenno alla questione cruciale: la perdita del potere d’acquisto da parte dei lavoratori. L’economista Jacques Sapir spiega ancora una volta il perché di questo silenzio: finché la Francia resta intrappolata nel sistema dell’euro, alzare il livello dei salari non è possibile, perché – nell’impossibilità di svalutare la moneta – questo comporterebbe una perdita di competitività dei prodotti sui mercati esteri peggiorando il deficit commerciale del Paese. E Macron vuole restare nell’euro a ogni costo. Sapir dimostra come una svalutazione della moneta avrebbe un importante effetto redistributivo a favore dei salari più bassi. Fino a quando l’Europa – la vera Europa, l’Europa dei cittadini – potrà tollerare le follie dell’Unione europea e la dittatura della moneta unica, un sistema totalmente asservito agli interessi dei più ricchi?
* * * *
Il presidente della Repubblica ha inviato la sua “lettera ai francesi”. Un testo assai ampio, che copre molti argomenti. Eppure in questo documento, a volte inutilmente lungo, manca un argomento importante: la questione del potere d’acquisto. Questo problema non è affrontato in nessuno dei quattro punti, benché sia essenziale. Per essere più precisi, la questione è trattata, in maniera estremamente parziale, solo nell’ottica di una possibile riduzione delle tasse. Si tratta di un punto di vista molto angusto. Tuttavia, nella “lettera” c’è un’ammissione: “…perché i salari sono troppo bassi perché tutti possano vivere dignitosamente grazie ai frutti del loro lavoro…”. Questa, in effetti, è una delle cause della rabbia che è stata espressa per due mesi dal movimento dei Gilet Gialli, accanto a rivendicazioni riguardanti la democrazia.
- Details
- Hits: 3125
Cosa c’è in ballo in Venezuela col golpe Gaidó
di Gennaro Carotenuto
È perfino comprensibile che in pochi si straccino le vesti per le sorti del governo di Nicolás Maduro per molti motivi. Ma nella nomina di un antipapa ghibellino da parte di Trump e Bolsonaro, nella persona del carneade Juan Gaidó, ci sono almeno altrettanti motivi del perché sia necessario riflettere su un passaggio cruciale della storia latinoamericana del XXI secolo.
È senz’altro vero che da tempo le cose in Venezuela vadano male. Il governo Maduro – al di là delle proprie colpe e debolezze non si possono mai scontare del tutto le responsabilità di chi è al governo – non sembra avere le chiavi per uscire da una crisi che è magnificata dall’iperinflazione, di gran lunga il maggior fattore di destabilizzazione e di peggioramento delle condizioni di vita della popolazione. È anche vero che negli ultimi anni, usciti dall’auge di consenso e anche economica dei migliori anni del chavismo, il successore dell’odiato negraccio dell’Orinoco, abbia operato una serie di forzature istituzionali (che definire colpi di Stato è però strumentale, della contesa AN/Costituente dirò poi). In particolare, eludendo il referendum revocatorio previsto dalla Costituzione del 1998, e che a suo tempo aveva troncato ogni discussione sulla legittimità di Chávez con un trionfo storico, ha minato quell’ineccepibilità democratica del chavismo stesso, che aveva tenuto a bada i più malintenzionati dei detrattori.
Questo può portare benissimo a considerare il governo Maduro un pessimo governo e a desiderare di cambiarlo, ma pensare di farlo attraverso un processo di regime change, o rivoluzione colorata, che è quanto sta accadendo in queste ore, giocando col fuoco di una guerra civile di un paese armato fino ai denti, contrappone a una discutibile legittimità una sicura illegittimità.
- Details
- Hits: 3048
Il franco CFA, fra 'sinistra imperiale' e 'Materialismo Storico'
Quando i marxisti si schierano col 'Negus Macron' pur di andar contro ai 5Stelle
di Matteo Luca Andriola
In questi due giorni s’è ampiamente parlato sui social network – la nuova agorà virtuale che oramai ha sostituito i vecchi spazi d’aggregazione – del cosiddetto franco CFA (originalmente franco delle Colonie Francesi d’Africa, ora “…della Comunità Finanziaria Africana”).. Il tutto è nato quando l’esponente del M5S Alessandro Di Battista, intervistato da Fabio Fazio a Che tempo che fa (Rai 1 ), nel parlare sull’annoso tema delle migrazioni, ha espresso forti perplessità su questa valuta, individuandola come uno dei motivi dei flussi migratori verso l’Europa, dicendo che
“Attualmente la Francia, vicino Lione, stampa la moneta utilizzata in 14 paesi africani, tutti paesi della zona subsahariana. I quali, non soltanto hanno una moneta stampata dalla Francia, ma per mantenere il tasso fisso, prima con il franco francese e oggi con l’euro, sono costretti a versare circa il 50 per cento dei loro denari in un conto corrente gestito dal tesoro francese…. Ma soprattutto la Francia, attraverso questo controllo geopolitico di quell’area dove vivono 200milioni di persone che utilizzano le banconote di una moneta stampata in Francia, gestisce la sovranità di questi paesi impedendo la loro legittima indipendenza, sovranità fiscale, monetaria, valutaria, e la possibilità di fare politiche economiche espansive.”
L’esponente grillino ha poi strappato in diretta televisiva una banconota di 10mila franchi CFA, sostenendo che, finché non saranno tolte queste ‘manette’ all’Africa mai si risolverà l’annoso problema delle migrazioni. È seguita un’esternazione simile da parte di Giorgia Meloni, leader della destra populista Fratelli d’Italia, erede del Msi e di An. Il franco CFA, indica due valute che accomunano 14 stati africani quali Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo, che costituiscono la cosiddetta “zona franco”, tutti, eccezion fatta per Guinea-Bissau e Guinea Equatoriale, ex colonie francesi. Alcuni degli stati sono membri dell’Uemoa, altri della Cemac , usando tali valute.
- Details
- Hits: 2654
Oggi Merkel e Macron firmano la fine dell’Unione Europea
Federico Ferraù intervista Alessandro Mangia
Oggi ad Aquisgrana Emmanuel Macron e Angela Merkel firmano un nuovo Trattato di cooperazione e di integrazione franco-tedesco. Con buona pace di tutti gli europeisti
E’ stato il grande assente dalle cronache politiche di questi giorni, ma è il fatto più rilevante nella politica europea dopo la Brexit e, “in qualche misura, ne è una conseguenza diretta” spiega Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano. Oggi ad Aquisgrana Emmanuel Macron e Angela Merkel firmeranno un nuovo Trattato di cooperazione e di integrazione franco-tedesco. Una firma che dovrebbe sollevare più di un interrogativo nel ceto “pensante” dell’europeismo nostrano: proprio nella città-simbolo dove si assegna il Premio Carlo Magno, Merkel e Macron, alla bisogna sovranisti veri, sottoscrivono un trattato politico-militare che “formalizza quell’idea di Europa core che finora aveva avuto cittadinanza solo a livello finanziario”. E gli altri paesi? O vassalli, o colonie da tenere in riga, meglio se più povere di prima. Fantasie? Basta leggere il testo.
“Quel che è certo – spiega Mangia – è che questo Trattato accelera il processo di disgregazione dell’Unione Europea. Il Regno Unito è stato, fino al 2016, il solo contraltare alla coppia franco-tedesca a livello politico e di occupazione degli spazi burocratici. Usciti di scena gli inglesi, che assieme a Italia, Spagna ed altri paesi potevano fare da contrappeso, gli equilibri di potenza in Europa sono saltati, il quadro è mutato, e lo spazio europeo si è improvvisamente contratto”.
* * * *
E in che modo questo riequilibrio spiegherebbe l’operazione franco-tedesca?
Senza Gran Bretagna, l’Unione non ha capacità di proiezione esterna e il suo spazio di manovra sullo scenario mondiale, che nemmeno prima era granché, si è ulteriormente ristretto. Il Trattato è una manovra classica da arrocco: la mossa difensiva di due potenze diverse, ma entrambe in grande difficoltà fuori dallo scenario europeo.
- Details
- Hits: 3819
Rileggendo Marx: nuovi testi e nuove prospettive
di Michael Heinrich*
Permettetemi di iniziare con un’osservazione personale sulla mia lettura de Il capitale. Sono circa 43 anni che leggo Il capitale, e devo dire che non mi sono ancora annoiato. Leggerlo è come compiere un avventuroso viaggio intellettuale, ma per godere appieno di quest’esperienza è richiesto un tipo di impegno diverso da quello a cui ci ha ormai abituato il sistema universitario europeo, per il quale «leggere» significa solamente individuare in maniera grossolana alcune delle tesi principali esposte in un’opera.
Leggere Il capitale significa comprenderne la struttura argomentativa, i diversi livelli di astrazione e, non da ultimo, per un autore come Marx, riconoscere il ruolo giocato dalle metafore all’interno del testo. Marx non ha utilizzato come fonti solo economisti, ma anche filosofi, teologi, e scrittori come Shakespeare e Goethe. Non si tratta solo di abbellimenti destinati al pubblico più colto: molte di queste metafore sono cruciali per comprendere i ragionamenti marxiani.
Di seguito, parlerò in primo luogo di una nuova interpretazione di Marx, e poi di alcuni nuovi testi e intuizioni che potremmo ricavare dalla nuova MEGA.
1. Le vecchie interpretazioni
Se si parla di nuove interpretazioni, devono certamente essercene di vecchie. Le vecchie interpretazioni che ho in mente, sono le letture de Il capitale dominanti nella prima metà del XX secolo. Queste vecchie letture dipendevano dall’intera situazione politico-sociale, dallo stato delle lotte di classe e così via, ma mi limiterò a circoscrivere tre delle caratteristiche che le hanno contraddistinte.
- Details
- Hits: 3383
Lavoro alla spina e welfare à la carte
di Alessandro Somma
Il saggio che segue introduce il volume, a cura di Alessandro Somma, “Lavoro alla spina, welfare à la Carte. Lavoro e Stato sociale ai tempi della gig economy” (Meltemi). Si occupa tra l’altro della sentenza con cui il Tribunale di Torino ha respinto le richieste dei raider di Foodora di riconoscere il loro rapporto di lavoro come subordinato: richiesta parzialmente accolta dalla sentenza della Corte di appello dello scorso 11 gennaio
1. Dalla catena di montaggio all’economia dei lavoretti
Alcuni anni or sono l’Economist, noto settimanale nato nella seconda metà dell’Ottocento per promuovere l’ideologia del libero mercato, ha dedicato l’articolo di copertina alla cosiddetta economia on demand, celebrandola come una sorta di completamento della rivoluzione iniziata al principio del Novecento con l’introduzione della catena di montaggio. Quest’ultima, utilizzata per la prima volta nella produzione di autoveicoli da Henry Ford, avevo reso accessibile a un largo pubblico un bene fino ad allora considerato di lusso e dunque precluso ai più. Allo stesso modo un numero di imprese innovative in crescita esponenziale sta trasformando le abitudini di consumo con riferimento a una vasta gamma di servizi un tempo esclusivi: è il caso del noleggio con autista fornito da Uber, della pulizia della casa realizzata attraverso Handy, della fornitura di pasti a domicilio recapitati da SpoonRocket, o della consegna della spesa assicurata da Instacart. Conclusione: “a San Francisco una giovane programmatrice di computer può già vivere come una principessa”[1].
Le imprese protagoniste di questa rivoluzione, chiarisce l’articolo dell’Economist, possono fornire servizi a basso costo sfruttando le potenzialità offerte dalle tecnologie informatiche. Esse infatti “uniscono potere dei computer e lavoro freelance”, riuscendo così a “suddividere compiti complessi nelle loro singole componenti e a subappaltarle a specialisti in giro per il mondo”. Il tutto contribuendo a ridisegnare la geografia politica dell’umanità, finalmente non più divisa, come inteso da Karl Marx, tra i ricchi proprietari dei mezzi di produzione e i poveri che lavorano per loro.
- Details
- Hits: 2470
Crisi capitalistica, questione europea
Per l’autonomia culturale e un nuovo internazionalismo del movimento operaio
di Alexander Höbel
1. Premessa
Qualche mese fa, come “Marxismo Oggi” online, decidemmo di avviare una discussione sulla questione europea, ma più in generale sul quadro internazionale, le dinamiche della crisi e le possibili strategie del movimento dei lavoratori per rispondere a tale quadro, in cui il rischio che il capitale trascini nella sua crisi anche i suoi antagonisti storici appare sempre più concreto.
All’apertura del dibattito, con un impegnato saggio di Emiliano Alessandroni (http://www.marxismo-oggi.it/saggi-e-contributi/saggi/275-economicismo-o-dialettica-un-approccio-marxista-alla-questione-europea), corrispose sui social network qualche scomposta e confusa polemica, condotta sulla base della logica binaria bianco/nero, amico/nemico, con un approccio insomma agli antipodi del metodo dialettico. Su tale tipo di atteggiamenti, che hanno già prodotto fin troppi danni nella storia del movimento comunista, si può solo commentare che essi sono parte del problema, ossia della difficoltà del movimento operaio di individuare una via d’uscita dalla grave situazione in cui si trova.
Per arricchire il confronto, oltre a ospitare vari interventi esterni alla redazione (Fosco Giannini, Domenico Moro), abbiamo anche ripreso contributi apparsi in altre sedi, dal saggio di Andrea Catone sui mutamenti del quadro mondiale, gli Usa di Trump, la Ue e l’Italia, a un articolo di Emiliano Brancaccio contro le “sinistre codiste”. Il dibattito, naturalmente, è appena agli inizi, ed è opportuno che esso continui a svilupparsi, nel reciproco rispetto e in modo costruttivo. E tuttavia qualche osservazione è possibile fare sin d’ora.
2. Una crisi di lunga durata
In primo luogo, credo che si debba fare un passo indietro dal punto di vista cronologico-storico, che può servirci a inquadrare meglio la questione anche sul piano teorico.
- Details
- Hits: 2084
Crescita o recessione, narrazioni e prospettiva storica
di Roberto Romano
Se la crescita è “misurabile”, stagnazione e recessione si prestano a diverse interpretazioni. Ma come mai le stime della Commissione tra il 2015 e 2018 per l’Italia sono sistematicamente più basse rispetto alla crescita effettiva? E a prendere sul serio le previsioni Bankitalia 2019 sarebbe da suonare un allarme rosso. Perché non scatta?
Preambolo
La discussione relativa alle prospettive economiche del Paese e dell’Europa, con tutte le implicazioni dal lato della sostenibilità dei conti pubblici, è viziata da un approccio ragionieristico dei conti pubblici. Sebbene i conti pubblici siano legati all’andamento del reddito1, i compiti dell’economia pubblica non possono essere piegati alla sola sostenibilità dei conti pubblici. Se questa è poi vincolata ai così detti vincoli del Fiscal Compact, l’economia pubblica rinuncia al suo ruolo storico di governo dello sviluppo. Le recenti stime della crescita del PIL, particolarmente severe per il 2019, dovrebbero suggerire più di una cautela. Infatti, se la dinamica del PIL per il 2019 è caduta in soli due mesi da una prospettiva di crescita dell’1% a 0,6% (Banca Italia), più che di sostenibilità economica dei conti pubblici, la politica (economica) dovrebbe predisporre delle misure tese a sostenere la crescita per evitare l’avvitamento di tutto il sistema produttivo, industriale e del lavoro. In altri termini, le proiezioni di crescita per il 2019 così basse sono un allarme per il sistema economico e non per i conti pubblici. Sebbene Banca Italia e Commissione Europea abbiano segnalato un significativo rallentamento del PIL, l’esito di questa proiezione non può essere quella di prefigurare delle manovre correttive per garantire i saldi finanziari. Se le Istituzioni del Capitale europee e nazionali registrano un avvitamento del sistema economico così veloce, con dei sospetti rispetto alla tempistica2, dovrebbero essere le prime a prefigurare e suggerire delle misure espansive. Il 2007 e il 2011 dovrebbero aver ben insegnato qualcosa circa gli effetti negativi dell’austerità espansiva. Sebbene caduta nel dimenticatoio la lezione di R. A. Musgrave, padre di tutti gli economisti pubblici, i compiti della pubblica amministrazione sono ancora validi.
- Details
- Hits: 2464
Venezuela. L’Italia non sia complice del colpo di stato. Sabato manifestazioni
di Redazione Contropiano
- Sul colpo di stato in Venezuela anche nel nostro paese si vanno delineando posizioni dirimenti. C’è chi, come lo Spi Cgil o gli europeisti di destra o di sinistra, sostengono il rovesciamento del governo bolivariano e di Maduro, e c’è chi sostiene la piena legittimità del governo del Venezuela e delle esperienze progressiste in America Latina. Sul come ci si posizionerà in questo frangente deriveranno conseguenze sul piano politico anche nel nostro paese.
- Sabato 26 gennaio alle ore 12.00 è stata convocata una manifestazione di solidarietà con il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Appuntamento in via Tartaglia davanti all’ambasciata venezuelana. Anche a Milano sempre sabato ci sarà una manifestazione di solidarietà al consolato del Venezuela.
Pubblichiamo qui di seguito alcuni comunicati che prendono apertamente posizione contro il golpe il Venezuela.
***********
No al Golpe contro il Venezuela Bolivariano. L’italia non deve essere complice di questo crimine
di Potere al Popolo
Il 23 gennaio 2019 si sono materializzati a Caracas i piani orchestrati in queste settimane a Washington. Guaidò, un semisconosciuto appartenente al partito Voluntad Popular, nominato lo scorso 5 gennaio Presidente della Asamblea Nacional (il Parlamento venezuelano, ritenuto illegittimo dal Tribunal Supremo de Justicia per aver incorporato tre parlamentari accusati di aver comprato voti), si è autoproclamato legittimo presidente del Venezuela. Pochi minuti ed è arrivata l’investitura ufficiale di Trump, dopo che già il giorno precedente era giunta quella del suo vice, Mike Pence.
- Details
- Hits: 2214
Le critiche, la nostra risposta
di Redazione
L'articolo di Piemme sul "decretone" del governo ha suscitato diversi commenti critici, proviamo a rispondere come redazione
Le critiche che ci vengono rivolte sono fondamentalmente due. La prima riguarda il giudizio sulle due misure prese, "quota 100" e Reddito di cittadinanza (Rdc). La seconda, più politica, è una critica al "sostegno critico" al governo gialloverde ad 8 mesi dalla sua nascita.
Sul primo punto — "quota 100" e Reddito di cittadinanza (Rdc) — bisognerebbe innanzitutto distinguere tra la critica alle misure del governo e quella al nostro giudizio politico su di esse. I commentatori tendono a non operare questa distinzione, ma in ogni caso la sostanza delle critiche è chiara: "il Rdc così come uscito nel decreto è solo un intervento caritatevole ed assistenziale di cui pochi usufruiranno". Esso andrebbe perciò respinto sia per la sua inadeguatezza, sia per la sua natura liberista.
Si tratta di una critica fondata, che ha dalla sua diversi argomenti, fatta da persone (anche se talvolta anonime) che sappiamo non essere animate da visioni pregiudiziali, che arriva tuttavia a conclusioni politiche che consideriamo errate.
Entriamo dunque nel merito, notando però una curiosità, forse rivelatrice assai. Tutte le critiche sono rivolte al Rdc, nessuna a "quota 100". Ora, siccome non pensiamo che i commentatori siano dei leghisti, il problema sta probabilmente altrove. Dove, ci arriveremo con il ragionamento.
Ha scritto Piemme nell'articolo contestato:
«Non ci sfuggono di certo gli enormi limiti delle due misure simbolo dei "populisti". Dovessimo fare l'elenco delle loro evidenti criticità supereremmo forse l'armata dei detrattori. Tuttavia, al netto di questi enormi limiti, queste due misure vanno nel senso di invertire le politiche austeritarie che vengono avanti da quasi trent'anni in nome del dogma liberista del pareggio di bilancio».
Sembrerà strano, ma se diciamo "profondi limiti" intendiamo profondi limiti.
Page 289 of 611