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Crisi della finanza, trasformazioni della democrazia, critica della politica
La moneta e la finanza globale
di Christian Marazzi
Tutto ciò che sembrava delineare un funzionamento normale della finanza negli anni Settanta è oggi scomparso, e per questo le teorie economiche si dimostrano obsolete. Negli ultimi decenni, tutto si è trasformato all’interno della finanza e delle sue regole sia per quello che riguarda la gestione del debito pubblico e il finanziamento degli investimenti sia per quello che riguarda invece la gestione delle imprese e soprattutto la creazione di posti di lavoro. Il fatto più rilevante: la finanza ha ormai preso il posto della creazione monetaria, che era stata una costante nel corso dei famosi trenta gloriosi anni del dopo guerra. Durante questa fase di crescita generalizzata del capitalismo occidentale, grazie al legame tra il Ministero del Tesoro e la Banca centrale, le autorità monetarie disponevano del potere di creare liquidità di moneta. Le autorità monetarie avevano, in questo modo, la possibilità di coprire i debiti generati dalle politiche di deficit spending, prima di tutto attraverso una creazione di moneta ex ante che anticipava il divenire-capitale di questa moneta immessa nel circuito economico dalle autorità statali. La moneta così creata e immessa nelle reti bancarie per acquistare dei titoli - i buoni del Tesoro –costituiva una sorta di creazione di reddito ex ante
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Politica al lavoro
Mario Tronti
I lavoratori tra globalizzazione e territorializzazione. E la loro cancellazione come soggetto politico. Un convegno a Brescia, per riprendere l'inchiesta. Il 3 ottobre, organizzato da Crs, Associazione per il rinnovamento della sinistra e il manifesto
Appuntamento a Brescia, il 3 ottobre. Ne ha parlato già Paolo Ciofi sul manifesto del 18 settembre. Prende l'avvio il progetto di un impegno di ricerca di tipo nuovo. Il tema è: lavoro e politica. Sì, perché è una novità occuparsene. Questo dice molto della condizione in cui siamo. Quello che fino a qualche tempo fa era una vecchia convinzione è oggi una constatazione del tutto nuova: e cioè che o i lavoratori sono una forza politica o non esistono. E l'inesistenza politica dei lavoratori è il problema della sinistra certo, ma è anche il problema della società e dello Stato, è il tema vero della crisi di civiltà. Se non mettiamo la cosa così, non riusciamo a trovare la bussola che cerchiamo per orientarci nel mare aperto del capitalismo-mondo di nuovo in subbuglio per affari tutti suoi. E' questo che fa male oggi a vedere: che l'avversario di classe non se la passa bene e non riesce a far star bene la gran parte dei suoi subalterni, e tuttavia i suoi problemi sono tutti relativi ai rapporti tra le sue parti interne. In fondo anche la forza-lavoro era parte interna del capitale, ma quando smetteva i panni di produttrice di plusvalore e assumeva la veste di realizzatrice di valore politico, minacciava, come si diceva, l'ordine costituito e accennava a qualcosa d'altro e di oltre. Adesso invece le contraddizioni capitalistiche sono sempre e solo rese di conti tra pezzi delle forze dominanti, finanziarizzazione contro economia reale, liberalizzazione versus regolazione e viceversa, mercato e/o Stato, distribuzione mondiale delle risorse energetiche e quindi pezzi di mondo contro altri pezzi di mondo, dentro però un pensiero unico di rapporti sociali: comandano i padroni, privati o pubblici, e i lavoratori eseguono. Riportare il tema lavoro al centro dell'agenda politica.
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Africa. È in Sicilia la direzione strategica delle forze speciali “anti-terrorismo” Usa
di Antonio Mazzeo
A Stoccarda, l’1 ottobre 2008, s’insedia Africom, il comando delle forze armate Usa per l’Africa. La centrale d’intelligence per le operazioni di guerra nel continente è tuttavia presente da 5 anni nella base aeronavale di Sigonella. Nel più assoluto segreto, stazioni di telecomunicazioni e aerei P-3C Orion coordinano la “guerra al terrorismo” in un’area compresa tra il Golfo di Guinea e il Corno d’Africa. La raccolta e l’elaborazione d’informazioni sono necessarie per dirigere i bombardamenti contro popolazioni civili, i sequestri e le deportazioni illegali di persone “sospette”. I reparti ospitati a Sigonella sono pure coinvolti nell’addestramento e la fornitura di armamenti ad eserciti responsabili di gravi crimini contro l’umanità. E l’Us Air Force preannuncia l’arrivo di militari e mezzi in Sicilia…
“Joint Task Force JTF Aztec Silence” è il nome della forza speciale creata dal Dipartimento della difesa degli Stati Uniti per condurre missioni d’intelligence, sorveglianza terrestre, aerea e navale, nonché vere e proprie operazioni di combattimento in Africa settentrionale ed occidentale. Il primo ad illustrarne le finalità è stato il generale James L. Jones, comandante delle forze armate Usa in Europa (Eucom), in un’audizione davanti alla sottocommissione difesa del Senato, l’1 marzo 2005. “Eucom – ha dichiarato Jones - ha istituito nel dicembre 2003 JTF Aztec Silence, ponendola sotto il comando della VI Flotta Usa, per contrastare il terrorismo transnazionale nei paesi del nord Africa e costruire alleanze più strette con i governi locali”. Il generale statunitense si è poi soffermato sulle unità d’eccellenza prescelte per coordinarne le operazioni. “A sostegno di JTF Aztec Silence, le forze d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR) della Us Navy basate a Sigonella, Sicilia, sono state utilizzate per raccogliere ed elaborare informazioni con le nazioni partner. Questo robusto sforzo cooperativo ISR è stato potenziato grazie all’utilizzo delle informazioni raccolte dalle forze nazionali locali”. Le unità aeree e navali della VI Flotta operanti nel Mediteranno, le differenti agenzie Usa d’intelligence e i partner Nato europei collaborano con la speciale task force nella raccolta d’informazioni.
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Parole scomode
Rossana Rossanda
Ci pesa chiedere soldi ogni due o tre anni a chi ci legge, ma siamo soffocati non soltanto dalla abolizione da parte del governo di ogni diritto della stampa scritta e dai nostri probabili errori (perché anche i poveracci ne fanno, per quanto stringano la cinghia). Da venti anni in qua siamo soffocati dal fastidio che provano i più nell'ascoltare una voce fuori dal coro. Fa impressione oggi sentir dire da Tremonti in Italia e da Sarkozy in Francia quel che fievolmente non abbiamo smesso di dire mai e cioè che deregulation e finanziarizzazione dell'economia avrebbero portato la medesima allo sfascio. A scriverlo, l'epiteto più gentile che si riceveva era: «siete arcaici». Simpatici ma fuori dal mondo. Il mondo, dicevano quelli che se ne intendono, era globalmente capitalistico, finalmente fuori dal controllo dell'inaffidabile politica, finalmente consegnata alla mano invisibile e giusta del mercato. Meno stato più mercato è stata la parola d'ordine della destra, della sinitra detta riformista, e della sinistra radicale, magari per opposte ragioni ma con il medesimo risultato. Persino uno Scalfari, che all'inizio metteva in guardia dall'economia del farwest s'è azzittito, per non dire della sufficienza con cui sono stati trattati gli Stiglitz e i Fitoussi o i Krugman che osavano aprir bocca davanti al monetarismo delle banche centrali e ai prodigiosi disastri del Fondo monetario internazionale. E il lavoro? Le imprese avevano giurato che, con il progresso della tecnologia era ormai una voce insignificante del loro bilancio. E invece da vent'anni è diventato il terreno della caccia più feroce dei padroni per strozzarlo ai minimi, e quando non ci sta, delocalizzano. L'Europa, solo continente in cui esso aveva conquistato dei diritti, s'è andata formando dando addosso alla sua «rigidità» e avanti con flessibilità e precariato, e basta con i contratti nazionali, negli applausi non dico dei Fassino, Veltroni, Epifani ma fin del meno azzardoso D'Alema. E noi, ne siamo usciti indenni?
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Il rifiuto della raccolta differenziata
Guido Viale
Che cosa c'è ancora da fare in Campania, dopo che Berlusconi e Tremonti hanno annunciato di aver risolto il problema dei rifiuti? Tutto. Tutto quello che è necessario per passare da una gestione straordinaria che in 14 anni è stata la principale fonte del disastro a una gestione ordinaria che restituisca al governo del territorio - comuni, province e regione - le competenze previste dal nostro ordinamento e rispetti i principi della normativa europea e italiana: primo ridurre la produzione di rifiuti; poi recuperare materia; quindi estrarre energia solo se non si può recuperare materia; discarica solo per ciò che non si può recuperare. Per ridurre la produzione di rifiuti bisogna promuovere, con appositi accordi. il vuoto a rendere (sia riciclabile che pluriuso) e la vendita alla spina di prodotti in grani, in polvere e liquidi; scoraggiare gli articoli usa e getta (pannolini, stoviglie e gadget ) incentivando gli equivalenti lavabili e/o durevoli; promuovere l'acqua del rubinetto e scoraggiare quella minerale dove gli acquedotti sono sani; valorizzare i rifiuti elettrici e elettronici (in sigla, Raee), accelerando l'attuazione dell'accordo che ne prevede ritiro e riciclo; sostenere il commercio dell'usato offrendo ai «mercatini» spazi adeguati a fianco degli ecocentri dove intercettare quello che a cittadini e aziende non serve più; sostenere il compostaggio domestico e quello in fattoria: cioè lo scambio diretto di sostanza organica con alimenti biologici tra ristoratori o negozi alimentari e agricoltori.
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Il peggioramento della crisi del debito
Mike Whitney intervista Michael Hudson
Mike Whitney: Venerdì [5 Settembre] pomeriggio il governo ha annunciato il piano per collocare i due giganti dei mutui, Fannie Mae e Freddie Mac, in “amministrazione controllata”. Gli azionisti saranno praticamente spazzati via (le loro azioni sono già crollate di oltre il 90%) e il governo interverrà per proteggere il debito delle due aziende. Per certi versi, proteggerà anche le loro azioni privilegiate, che Morgan-Chase ha svalutato solo della metà. Questo sembra essere l’intervento governativo più radicale mai operato sui mercati finanziari nella storia americana. Se queste due società fossero nazionalizzate, si aggiungerebbero 5.300 miliardi di dollari al bilancio del paese. Quindi, la mia prima domanda è: perché il Tesoro sta salvando gli obbligazionisti e gli altri investitori? Qual è l’interesse pubblico in tutta questa vicenda?
Michael Hudson: Il Tesoro ha sottolineato che la scadenza per definire i dettagli dell'acquisizione era domenica pomeriggio, prima che i mercati asiatici aprissero le contrattazioni. Questa preoccupazione riflette la bilancia dei pagamenti e quindi la dimensione militare del salvataggio. Le banche centrali di Cina, Giappone e Corea detengono grosse quote di queste securities, proprio a causa delle grosse dimensioni di Fannie Mae e Freddie Mac, i loro 5.300 miliardi di dollari in mutui garantiti dal debito che ha citato, e gli 11.000 miliardi totali del mercato dei mutui americano.
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Bush salva tutta la finanza sregolata
Carlo Leone Del Bello
Il governo Usa scende in campo, sperando di risolvere la crisi in modo definitivo. Centinaia, forse migliaia di miliardi di dollari pubblici per comprare i titoli «spazzatura», derivati dai mutui. Per l'Europa, Sarkozy pensa a una commissione bancaria continentale Piano shock del Tesoro: centinaia di miliardi per ripulire i bilanci di Wall Street. Festeggiano le borse mondiali
Un cambio di rotta epocale, quello delineato dall'amministrazione Bush, a poco più di un mese dalla fine del mandato. Dall'approccio «caso per caso», al salvataggio sistemico del mondo della finanza, usando denaro pubblico. Quanto? Si parla di centinaia di miliardi di dollari - forse mille, nello scenario peggiore - per ripulire i bilanci delle banche. Euforia ai limiti del parossismo sui mercati azionari, nella speranza che, grazie allo Zio Sam, da ora in poi le cose non potranno che migliorare. Il piano prospettato da Henry Paulson, segretario del dipartimento del tesoro, è semplice, e ricalca quello messo in piedi da George Bush padre per risolvere la crisi delle casse di risparmio nel 1989. Sostanzialmente, il governo creerà un fondo con cui acquistare tutti i titoli derivati dalla cartolarizzazione dei mutui.
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Lehman ovvero il collasso del parassita
Domenico Moro
L'economia Usa sta rivelando con le crepe sempre più vistose che appaiono in superficie la fragilità di fondo che la caratterizza da tempo. Quella di una economia e di un paese che hanno vissuto fino ad ora a credito sulle spalle del mondo intero
Come quasi sempre accade, quasi tutti i quotidiani, compresi quelli economici, fino a qualche giorno fa erano pronti a scambiare un timido raggio di sole per la fine della tempesta. La stessa Marcegaglia preconizzava in una intervista sul Corriere una imminente ripresa Usa sulla base di una più che precaria rivalutazione del dollaro sulle altre valute. La realtà si è premurata di smentire i facili ottimismi e di ricordarci che la crisi dei mutui non è terminata, e che anzi i suoi effetti si fanno più manifesti. Del resto, si sapeva benissimo che la crisi immobiliare aveva tramutato le cartolarizzazioni dei mutui in carta straccia e, anche se l'entità delle perdite subite da tutto il sistema bancario Usa(e non solo) era incerta, si era però certi che fosse enorme. Infatti, da diversi mesi, mano a mano che le perdite emergevano, è iniziato uno stillicidio di fallimenti bancari che, evidentemente, costituivano solo l'avanguardia che quello che sta accadendo ora.
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Ok, il prezzo è giusto. Cause e rimedi per l'inflazione
Domenico Moro
Un recente articolo di Paolo Savona, "economista etico" e le sue contraddizioni fanno da spunto per una riflessione sul concetto di mercato e soprattutto di "libero" mercato
Non lo sapevamo ma siamo noi la causa del nostro male. Ce lo rivela l'economista Paolo Savona dalle colonne del Messaggero. Se l'inflazione cresce, indipendentemente dall'andamento delle materie prime, la colpa è della "gente", che chiede di frenare l'azione del libero mercato, e dei sindacati, contrari alle liberalizzazioni, come quelle contenute nella direttiva Ue Bolkestein. Così, ci rimangono, secondo Savona, due soluzioni. La prima è stringere la cinghia e ridurre drasticamente i consumi (sic!), aspettando che il mercato riallinei i prezzi alla domanda, e la seconda è...l'etica.
La Chiesa dovrebbe, insieme ai media e ai gruppi dirigenti, affermare un sistema di valori etici che conducano al rispetto del "giusto prezzo". Un principio che la dottrina cattolica insegna da oltre un secolo ma, fino ad ora, con scarsi risultati. Chissà perché. Comunque, secondo Savona, solo un mercato etico può funzionare, mentre ogni eventuale azione regolatrice, anche sui prezzi, dello Stato è destinata al fallimento, perché...il mercato è il mercato e va lasciato alla sua autoregolazione.
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La grande illusione
di Paul Krugman*
Fino ad ora, nonostante il ruolo della Georgia come importante corridoio per il trasporto del petrolio, le conseguenze economiche della guerra nel Caucaso sono state decisamente ridotte. Ma mentre stavo leggendo le ultime cattive notizie mi son trovato a chiedermi se questa guerra sia un presagio, un segno che la seconda età della globalizzazione potrebbe trovarsi a condividere il destino della prima.
Se vi state domandando a che cosa io mi riferisca, ecco quello che dovete sapere: i nostri nonni vivevano in un mondo di economie largamente autosufficienti, orientate verso l’interno. I nostri trisnonni, però, vivevano, come noi oggi, in un mondo di commerci ed investimenti internazionali su larga scala, un mondo distrutto dai nazionalismi.
Nel 1919 il grande economista britannico John Maynard Keynes descriveva l’economia mondiale come si presentava alla vigilia della prima Guerra Mondiale: “L’abitante di Londra poteva ordinare telefonicamente, mentre sorbiva il tè del mattino, vari prodotti da tutto il mondo…, nello stesso tempo, e con lo stesso mezzo, poteva investire la sua ricchezza nelle risorse naturali e nelle imprese di qualunque parte del mondo.”
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Operazione Saakashvilli
di Giulietto Chiesa
Quei giorni di agosto 2008 resteranno sicuramente nella storia come giorni di una svolta, di un drastico del quadro politico internazionale. La Russia non è più quella che, per 17 anni, l'Occidente aveva immaginato che fosse. E' ben vero che, i primi anni dopo il crollo, l'euforia del trionfo dell'Occidente era stata corroborata da una leadership russa di Quisling, capitanati da un ubriacone rozzo e baro, come lo fu Boris Eltsin. Ma dopo, con la sua dipartita dal potere russo, la musica aveva cominciato a cambiare. I segnali erano tanti. Ma i vincitori erano convinti che Vladimir Putin facesse il muso duro solo per rabbonire i russi umiliati, mentre, in realtà, proprio lui stava - lentamente, ma con chiara progressione - mettendo le basi per un cambiamento. Solo che, come dice un antico proverbio coltivato sotto ogni latitudine, Dio acceca coloro che vuole perdere. L'illusione sulla disponibilità dei russi a lasciarsi mettere ormai il piede sul collo in ogni occasione avrebbe dovuto assottigliarsi e dare spazio al realismo.
Da queste colonne ho scritto più volte - i lettori lo ricorderanno - che la Russia aveva smesso di ritirarsi e che sarebbe venuto il momento in cui tutti avremmo dovuto accorgercene.
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La stagflazione colpisce ancora. Chi?
di Roberto Tamborini
I maggiori paesi industrializzati mostrano chiari sintomi di rallentamento dell'attività economica e di accelerazione dell'inflazione. In una parola: stagflazione. Il peggiore dei mondi possibili per le autorità di politica economica, che non si era più materializzato dopo la crisi petrolifera dei primi anni '70. La Bce ha assunto una posizione restrittiva in linea con l'impegno di ricondurre l'inflazione al 2% annuo nel medio periodo. Il Dpef presentato dal governo indica una "inflazione programmata" per i rinnovi contrattuali dell' 1,7% (ossia meno della metà di quella tendenziale).
I sindacati hanno protestato per il palese irrealismo. La Confindustria ha apprezzato il rigore salariale indicato dal Dpef. Ci sono tutte le premesse per un ritorno del clima di confusione e di conflitto che caratterizzò gli anni '70. Può giovare cercare di fare un po' di chiarezza.
Sui libri di testo di economia la stagflazione compare come esempio del peggiore dei mondi possibili. Appena essa è riapparsa dall'archivio dei bui anni '70, si è immediatamente ricreato il medesimo clima di disorientamento, d'incertezza e di conflitto, anche se accelerazione dell'inflazione e rallentamento produttivo sono, in media, molto meno intensi di allora. Le autorità monetarie sulle due sponde dell'Atlantico hanno assunto chiaramente posizioni diverse (nei fatti e, forse, persino a parole).
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La sanguinosa battaglia di Genova
Nick Davies*
Traduciamo e pubblichiamo un articolo apparso sul quotidiano britannico The Guardian il 17 luglio a proposito delle sentenze sui processi per i fatti del G8 del 2001. L'articolo è di Nick Davies. Che cerca di trarre da Genova una lezione per tutte le cosiddette democrazie.
Era poco prima di mezzanotte quando il primo agente di polizia colpì Mark Covell con una manganellata sul braccio sinistro. Covell fece del suo meglio per gridare, in italiano, di essere un giornalista, ma in pochi secondi si trovò circondato da agenti in tenuta antisommossa che lo colpivano con i manganelli. Per qualche secondo, è riuscito a rimanere in piedi, fino a quando un colpo sul ginocchio non lo ha gettato sul pavimento. A faccia in giù nell’oscurità, escoriato e spaventato, si rendeva conto di avere agenti tutt’intorno, che si stavano ammassando per attaccare gli edfici delle scuole Diaz e Pertini, dove 93 manifestanti si erano accampati per passare la notte. La speranza di Covell era che gli agenti passassero attraverso la catena che chiudeva il cancello principale senza più occuparsi di lui. Se fosse andata così, avrebbe potuto alzarsi e correre oltre la strada, per cercare riparo nel centro di Indymedia, dove aveva passato gli ultimi tre giorni a scrivere sul summit del G8 e sulla violenta gestione dell’ordine pubblico. In quel momento, un funzionario di polizia si è lanciato su di lui e gli ha dato un calcio al petto talmente forte da comprimere verso l’interno l’intera parte sinistra della sua gabbia toracica e rompendogli una mezza dozzina di costole, i cui detriti hanno perforato la pleura. Covell, un metro e sessanta, è stato letteralmente sollevato dal pavimento e sbalzato in strada dal calcio. Ha sentito il poliziotto ridere mentre un pensiero si formava nella sua testa: «Non me la caverò».
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Il capitalismo dei disastri: uno stato di estorsione
di Naomi Klein
Quando il petrolio ha superato i 140$ a barile, anche i più rabbiosi e conservatori ospiti dei media hanno dovuto provare il loro credo populista riservando una parte del loro show per colpire il Grande Petrolio. Qualcuno è pure andato oltre invitandomi a partecipare ad una amichevole chiacchierata riguardo un nuovo e insidioso fenomeno: il capitalismo dei disastri. Solitamente va bene, fino a prova contraria.
Per esempio il conduttore radiofonico Jerry Doyle, un “conservatore indipendente”, ed io stavamo chiacchierando amabilmente sulle squallide compagnie assicurative e sui politici inetti quando successe questo: “Credo di conoscere un modo rapido per abbattere i prezzi”, annunciò Doyle. “Abbiamo investito 650 miliardi di dollari per liberare un paese di 25 milioni di persone. Potremmo chiedere a loro di fornirci il petrolio.
Ci sarebbero autobotti su autobotti che si raggruppano nel Lincoln Tunnel, il puzzolente Lincoln Tunnel, all’ora di punta con biglietti di ringraziamento
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Nella terra di nessuno
Marco Revelli
«Ma col passare degli anni, non senza crescente stupore, mi sono accorto di soffrire di un'afflizione rimossa e sgradevole, un male che si dichiara in queste pagine, sia pure velatamente, a partire da una certa data: l'incapacità, o l'impossibilità, di sentirmi un cittadino del mio paese». Sono le parole con cui Cesare Garboli apriva la sua raccolta di Ricordi tristi e civili, nel gennaio del 2001, come ha ricordato, due giorni or sono, sulla piazza di Empoli, Adriano Prosperi in uno splendido ricordo dell'amico troppo presto scomparso.
Esprimono un sentimento privato. La caduta di una speranza. La coscienza di un'impotenza e di una solitudine tra tanta folla e brusio.
Ma anche un atteggiamento collettivo. La coscienza di un pezzo d'Italia che vive da esule la propria cittadinanza. E che con cadenze ricorrenti, ma inesorabili, misura di volta in volta la propria estraneità rispetto al proprio paese. Per Garboli, i primi sintomi di quella malattia della coscienza di luogo
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Prove d'opposizione
Rossana Rossanda
Finalmente un segnale inequivocabile di opposizione: è venuto dalle diverse fondazioni, che hanno raccolto lunedì scorso a Roma una folla di giuristi e costituzionalisti per dieci fitte ore di lavoro. Tenessero al centro, raccomandava Giuliano Amato ai politici che conludevano la giornata, il tema bruciante della deriva presidenzialista più che la legge elettorale. E se non tutti ne hanno seguito il suggerimento, il risultato è stato chiaro: non un pezzo del Parlamento ma un pezzo del paese ha messo alle verità berlusconiane dei paletti assai fermi.
I primi, e non solo a partire dal 14 aprile. Per esempio, anche ammesso che si diano più poteri al premier, devono essere bilanciati da più poteri delle Camere, oggi quasi esautorate; fra le conseguenze, via i premi di maggioranza. Oppure, si ciancia di variare la Costituzione? Va alzata la barriera posta dall'art. 138. E poi, più che parlare contro la politica, vanno date regole interne precise e verificabili ai partiti e al loro finanziamento, art. 49. E poi ancora, bisogna riflettere su sistemi elettivi troppo diversi (da comuni a regioni a camere), dare minore manovrabilità ai referendum. Infine è uscita la proposta di una legge elettorale «alla tedesca» che, più o meno d'obbligo per le europee del 2009, implichi uno sbarramento non superiore al 3%. E non solo. Quale legittimità ha la decretazione d'urgenza oggi in voga? Quale senso ha il corpaccio della finanziaria?
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Grundrisse, la profezia incompresa
di Marcello Musto
Così come accade di nuovo 150 anni dopo, con la crisi dei mutui subprime , nel 1857, gli Stati Uniti furono teatro dello scoppio di una grande crisi economica internazionale, la prima della storia. Tale avvenimento generò grande entusiasmo in uno dei suoi più attenti osservatori: Karl Marx.
Dopo il 1848, infatti, Marx aveva ripetutamente sostenuto che una nuova rivoluzione sarebbe avvenuta soltanto in seguito a una crisi e, quando questa giunse, si decise a riassumere, nonostante la miseria e i problemi di salute che lo attanagliavano, gli intensi studi condotti dal 1850 presso il British Museum di Londra e a dedicarsi nuovamente alla sua opera di critica dell'economia politica. Risultato di questo lavoro, compiuto tra l'agosto 1857 e il maggio 1858, furono otto voluminosi quaderni: i Grundrisse , ovvero la prima bozza de Il capitale.
Dopo questa data, essi giacquero tra le tante carte incompiute di Marx ed è probabile che non siano stati letti neppure dallo stesso Friedrich Engels. In seguito alla morte di quest'ultimo, i manoscritti inediti di Marx vennero custoditi nell'archivio dello Spd, ma furono trattati con grande negligenza. L'unico brano dei Grundrisse dato alle stampe durante
quel periodo fu l'Introduzione, pubblicata nel 1903 da Karl Kautsky. Essa suscitò un notevole interesse (costituiva, infatti, il più dettagliato pronunciamento mai compiuto da Marx sulle questioni metodologiche), fu rapidamente tradotta in molte lingue e divenne, poi, uno degli scritti più commentati dell'intera sua opera.
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Dalla crisi dei mutui un duopolio Euro-Dollaro?
Domenico Moro
E' probabile che una parte almeno delle élite europee mirino a questo obiettivo, contando, oltre che sulla perdurante crisi finanziaria e monetaria degli Usa, anche sulle difficoltà incontrate dagli statunitensi a gestire unilateralmente i vari fronti di guerra
Chissà cosa direbbe oggi Connolly, il segretario Usa al Tesoro che nel '71 affermò, rivolto agli europei: "il dollaro è la mia moneta, ma il vostro problema." Il recente rialzo del tasso di interesse di un quarto di punto al 4,25%, deciso il 3 luglio dalla Banca centrale europea, avrebbe potuto portare l'ennesimo colpo al dollaro, che dallo scoppio della bolla dei subprime non ha cessato di perdere posizioni di fronte all'euro. Del resto, anche il 2 luglio, alla notizia della contrazione dell'occupazione Usa ai massimi dal 2 novembre 2002, il dollaro era nuovamente scivolato rispetto all'euro. Ma, la dichiarazione del presidente della Banca centrale europea, Trichet, secondo cui l'ultimo aumento non avrebbe significato l'apertura di un nuovo ciclo di rialzi dei tassi d'interesse ha, per ora, scongiurato il pericolo di ulteriori smottamenti.
Non bisogna, però, scordare che la crisi, definita come finanziaria ma che probabilmente sarebbe più corretto chiamare monetaria, affonda le sue radici nella grave decadenza dell'economia reale Usa, che soffre, a partire dagli anni '60, delle conseguenze di una perdurante sovrapproduzione di capitale. Al proposito, solo un esempio: la GM, un tempo leader automobilistico mondiale, rischia ora la bancarotta, ed il valore delle sue azioni a Wall Street è crollato del 15%. Insieme, i due colossi di Detroit, GM e Ford, hanno oggi una capitalizzazione di Borsa di 10 miliardi, mentre la "piccola" Fiat da sola vale quasi 13 miliardi.
Negli ultimi anni, la speculazione ha sempre di più sostituito nella accumulazione dei profitti una struttura produttiva sempre più ristretta, col risultato di creare una serie di bolle, che, scoppiando, riproponevano la crisi, solo su una base sempre più larga. Il meccanismo speculativo è stato determinato dal mantenimento da parte della Banca centrale Usa (Fed) di un costo del denaro eccezionalmente basso e dal fatto che il dollaro, ricoprendo la funzione di moneta mondiale, ha permesso agli Usa di farsi finanziare debito statale ed estero dal resto del mondo. Negli anni si è così creata una situazione mondiale di grave squilibrio, con il debito mondiale concentrato negli Usa, ridottisi a maggiore debitori mondiali, ed il credito, invece, concentrato nei principali paesi esportatori di petrolio e nei paesi dell'Estremo Oriente esportatori di manufatti.
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Career opportunities
Dal lavoro sans phrase alla flessibilità
di Augusto Illuminati
L’Introduzione del 1857 ai Grundrisse, senza esaurire la metodologia marxiana e la dibattuta questione dei rapporti fra Grundrisse e Capitale, ha offerto una sponda a notori dibattiti. La riapertura del discorso si giustifica solo introducendo nuovi termini valutativi, quali la rilevanza postfordista del lavoro intermittente e l’esigenza di una traducibilità reciproca dei vari livelli di scontro in cui si è frammentata la lotta di classe.
Sembra corretto cominciare con il reale e il concreto, con l’effettivo presupposto; quindi, per es., nell’economia, con la popolazione, che è la base e il soggetto dell’intero atto sociale di produzione. Ma, a un più attento esame, ciò si rivela falso .
La popolazione è un’astrazione se si trascurano le classi, di cui si compone e che, a loro volta, sono una vuota espressione a prescindere dagli elementi su cui si basano (lavoro salariato, capitale, scambio, divisione del lavoro, prezzi, ecc. Chiariti i quali si può tornare alla popolazione, ma stavolta non come rappresentazione caotica di un Tutto, piuttosto come una totalità ricca di molte determinazioni e rapporti. Fin qui è buon senso metodologico, contro economisti e sociologi pasticcioni. Da questo punto in poi le cose si fanno più complicate.
Ma queste categorie semplici non hanno anche un’esistenza storica e naturale indipendente, prima delle categorie più concrete? Ça dépend.
L’avvio della terza sezione dell’Introduzione del 1857 pone il concreto quale sintesi di molte determinazioni, unità del molteplice, risultato e non punto di partenza, se non per l’intuizione e la rappresentazione. Il processo logico e quello storico si differenziano non obbligatoriamente come in Della Volpe in modo biunivoco e speculare, che (a parte lo schiacciamento della conoscenza sul reale) troppo accentuerebbe nel risultato il momento della genesi e del divenire, piuttosto nel senso che la gerarchia dei concetti nella loro combinazione pone la definizione di ogni concetto in funzione del suo posto nel sistema e altresì l’ordine diacronico della loro apparizione nel discorso della dimostrazione.
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Ottimismo della ragione?
di Perry Anderson
Almeno quattro letture dei tempi tra loro alternative – e ce ne potrebbero essere di più – offrono delle diagnosi sulle direzioni in cui il mondo si sta muovendo, e sono sostanzialmente ottimistiche. Tre di queste risalgono al periodo tra i primi e la metà degli anni novanta, ma sono state sviluppate ulteriormente dopo l’11 settembre. La più nota è, senza dubbio, la prospettiva che si può ritrovare in Impero di Negri ed Hardt, al quale tutte le altre tre fanno riferimento in maniera allo stesso tempo positiva e critica. Le facce del nazionalismo e l’imminente Nazioni globali di Tom Nairn fissano una seconda prospettiva, mentre una terza è costituita da Il lungo ventesimo secolo e da Adam Smith a Pechino di Giovanni Arrighi. I saggi recenti di Malcom Bull, culminati in ‘Stati di fallimento’, ne propongono una quarta. Ogni riflessione sul periodo attuale deve per forza prendere sul serio quelle che superficialmente potrebbero apparire delle letture contro-intuitive dei tempi.
I
La tesi di Tom Nairn dice più o meno così: il Marxismo è stato sempre basato su una distorsione del pensiero dello stesso Marx, che si era formato nelle lotte democratiche della Renania negli anni attorno al 1840. Per cui, mentre Marx assumeva che il socialismo sarebbe stato possibile nel lungo periodo, solamente quando il capitalismo avesse terminato la sua opera, quella di porre in essere un mercato mondiale, l’impazienza sia delle masse che degli intellettuali ha portato alle fatali scorciatoie intraprese da Lenin e Mao, sostituendo alla democrazia e alla crescita economica il potere statale.
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Retoriche del disumano
Marco Revelli
Dunque, le cose stanno così.
C'è un piccolo numero di persone, quelle che stanno in alto, più in alto di tutti, dichiarate per legge al di sopra di ogni giudizio. Investite, in quanto tali, per ciò che sono non per ciò che possono aver fatto, del privilegio dell'impunità. E ce ne sono altre, più numerose, ma razzialmente delimitate, separate dai buoni cittadini da un confine etnico - quelle che stanno in basso, più in basso di tutti, considerate invece, per legge, in quanto tali, per ciò che sono, non per ciò che possono aver fatto, colpevoli. Almeno potenzialmente. Pre-giudicate.
Alle prime non si guarderà mai in tasca, anche se fossero colte, per un accesso di cleptomania, in furto flagrante; alle seconde si prendono fin da bambini le impronte digitali, le si fotografano, perquisiscono, spostano, schedano e controllano senza limiti, come appunto con i delinquenti abituali, o per natura.
Questa è oggi, sotto il profilo giuridico e politico, l'Italia. In un solo consiglio dei ministri i due estremi che definiscono i nuovi confini sociali e morali della costituzione materiale della «terza repubblica» sono stati mostrati a tutti, come in un'istantanea.
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Hannah, Elfride e Martin
Rossana Rossanda
Chi di noi, lettrici e lettori di Hannah Arendt non ha provato un moto di antipatia per Elfride, la moglie di Martin Heidegger, nazista e antisemita, che gli impedì di vivere apertamente la sua passione per la giovane studentessa ebrea, lui così brutto ma affascinante maestro, lei così bella e indifesa che ne beveva le parole? E' lui che l'ha afferrata e baciata durante una passeggiata nel bosco, e mandato subito dopo una lettera di scuse ma ardente. Ne seguiranno altre in una relazione che durerà per qualche anno. Come tutte le lettere d'amore, quelle di Martin non valgono granché se non si è poeti, e ancora. Martin non lo è, anche se si lascia andare a effusioni liriche e talvolta si prova nei versi, mentre le lettere di Hannah sono di un giovane cuore e di una giovane mente alle loro prime passioni. Loro essendo - lei pensa - persone speciali, Hannah accetta di essere l'amante segreta di una commedia borghese, di trovarsi altrove, di nascosto, in qualche città vicina dove egli deve andare per questo o quel seminario, prendendo treni diversi, incontrandosi in alberghi fuori mano. A Friburgo intanto lui suggerisce che lei passi ogni sera alle dieci davanti alla sua casa e se vede accesa la tal finestra, vuol dire che Martin può filarsela per un'ora e lei non ha che da aspettarlo su una certa panchina. Se luce non s'è, pazienza, si vedranno il giorno dopo, o due, o tre. Martin è sposato e ha due figli, non intende mettersi a rischio e Hannah non vuole altro che esserne amata, non è donna che farebbe mai storie, e sa che Elfride è, come tutte le mogli, necessaria, non geniale, esigente, gelosa.
In questa storia tutta la nostra simpatia è per Hannah, unita a una certa compassione per la viltà del genio innamorato, e alla persuasione che Elfride sia la solita megera. Dopo qualche anno però Hannah ne ha abbastanza, rompe senza scene e se ne va. Avrà prima con Guenther Anders, poi con Bluecher una vita coniugale libera, una casa per gli amici. Partirà in tempo per gli Stati Uniti, assisterà da lontano alla compromissione di Heidegger con il Partito nazional socialista, cui si iscrive nel 1933 assieme alla moglie, e poi al suo diventare rettore e al famoso discorso e alle interdizioni agli ebrei fra i quali Husserl che gli aveva dato la cattedra, di frequentare la biblioteca. Poi al suo abbandono dell'incarico, i nazisti sono troppo ignoranti - unico vizio che egli nota - e il dedicarsi a pensare e a scrivere, convinto della sua superiore missione. Per la quale Elfride ha costruito una capanna in alto tra i boschi, dove il filosofo avrà il necessario raccogliemento, oltre alla comodità cui lei provvede.
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Ladri di notizie
di mazzetta
Era il 2003 quando Amnesty International fu accusata di fare “terrorismo” pronosticando cinquantamila morti in seguito all'invasione dell'Iraq. A quel tempo i fautori della guerra sostenevano che si sarebbe trattato di un'operazione relativamente semplice intitolata alla diffusione della democrazia in Medio Oriente. Un milione di morti, dieci milioni di feriti e mutilati e quattro milioni di profughi iracheni dopo, sull'invasione dell'Iraq cala una cappa di silenzio a favorire lo scontato epilogo della più grande operazione criminale del nuovo secolo. Tutto sembra dimenticato ed in Iraq sembra non accada più nulla. Difficile pensare che si tratti di un caso. Cinque anni dopo l'invasione il silenzio sull'Iraq serve alla consumazione del grande furto. Il motivo reale dell'invasione dell'Iraq è il controllo degli approvvigionamenti di idrocarburi nell'area mediorientale, chi ancora lo neghi non può che essere in malafede.
Nelle ultime settimane si sono registrate due significative novità: la completa sparizione dell'Iraq dal mainstream occidentale e l'assegnazione dello sfruttamento delle risorse petrolifere irachene proprio alle compagnie occidentali che furono espropriate da Saddam quando nazionalizzò il petrolio.
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Rifiuti, gli affari dell'inceneritore
Guido Viale
Il trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani (Mbt) opera sulla frazione talquale che residua da una raccolta differenziata (Rd): separando la parte umida, sfuggita alla raccolta dell'organico, da quella secca (la carta e soprattutto la plastica che non costituisce imballaggio e che non è oggetto di Rd) ed entrambe dal «sottovaglio», frammenti che cadono dai setacci attraverso cui passa il materiale conferito all'impianto. La parte umida viene sottoposta a un processo di stabilizzazione analogo al compostaggio, ma più rapido, e dopo la raffinazione che ne elimina le impurità, produce la frazione organica stabilizzata (Fos) usata per coprire discariche e cave dismesse o per risanare suoli contaminati. Le caratteristiche dei due processi sono uguali: se aumenta la Rd dell'organico, una parte crescente dell'impianto Mbt può essere adibita alla produzione di compost di qualità.
La parte secca, dopo averne sottratto i materiali non combustibili, viene imballata per alimentare gli inceneritori; oppure, addizionata con materiali con maggiore potere calorifico inferiore (Pci), soprattutto pneumatici fuori uso, diventa Cdr, che vuol dire combustibile derivato dai rifiuti, che può in parte sostituire carbone e petrolio in impianti dotati di adeguati filtri delle emissioni (cementifici, centrali termoelettriche, fornaci, impianti siderurgici); oppure può venir gassificato e sostituire il gas naturale in centrali a turbogas; o addirittura venir utilizzato come combustibile nelle navi. L'aumento del prezzo del petrolio ha reso questo combustibile molto attraente. In discarica finisce solo il sottovaglio.
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Convertiti e pervertiti
di Augusto Illuminati
Un altro africano, Agostino, arrivato clandestino in Italia per ragioni familiari, quando si decise, dopo lungo travaglio, alla conversione, non la sfoggiò pubblicamente né tanto meno pretese di aggiungere l'impegnativo nome di Cristiano al momento del battesimo. Durante il soggiorno milanese scrisse il De immortalitate animae, non editoriali ben pagati per il «Corriere della Sera». Vero che, alla fine della sua vita, ci andò giù con mano pesante nei confronti di donatisti e pelagiani, ma in complesso per un lungo tratto fu tollerante e puntò alla persuasione ecclesiale più che alla repressione imperiale. Il nostro Magdi Cristiano, invece, esordì con una sparata anticoranica che imbarazzò l'incauto pontefice-battezzatore e perfino il devoto Giulianone. Proseguì auspicando la demolizione o non-edificazione delle moschee italiche e l'espulsione degli imam e scatenando crociate contro le organizzazioni rappresentative islamiche con cui faticosamente trattavano i vari governi nazionali, insomma applicando al campo musulmano il noto stereotipo dell'ebreo odiatore di se stesso. O più semplicemente del convertito fanatico, di cui anche la politica ci ha offerto memorabili esempi. Ma si tratterebbe ancora di una patologia individuale, per quanto autorevolmente sponsorizzata dal Papa e pubblicizzata sulla stampa, un predicatore fondamentalista come ce ne sono tanti negli Usa e nel mondo islamico.
Quando però il Nostro si applica ai delicati temi dell'immigrazione, non possiamo dimenticare che parla ufficialmente il vice-direttore del «Corriere» (18 giugno 2008) e non più soltanto il born again schiumante risentimento.
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