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paroleecose

Il mito dell’autonomia intellettuale

di Mimmo Cangiano

Age du papier“L’economia è il metodo. L’obiettivo è cambiare l’anima”
Margaret Thatcher

I.
Una volta Lukács ha scritto che quando tutte le strade per esprimersi sembrano chiuse, quando il contesto nel quale si opera non offre (come la weberiana gabbia d’acciaio) nessuno spazio per la libera azione del soggetto, quando il sistema sociale che abbiamo davanti appare come un Moloch inattaccabile e immodificabile, allora il soggetto muove verso l’unico luogo che gli appare intatto, modificabile, non compromesso: la propria interiorità.

Per Lukács è un trucco. Quell’interiorità è già assolutamente colonizzata dallo spazio esterno, ma la sua presunta autonomia garantisce al sistema sociale un doppio risultato. Da un lato, se tale spazio di libertà persiste, allora il sistema non apparirà così oppressivo; dall’altro il soggetto interiormente autonomo potrà sviluppare una proprio etica, creare nell’isolamento della propria interiorità un sistema di valori, anche in opposizione al sistema medesimo. Questa è la ragione per cui Lukács ce l’ha a morte con l’etica, che chiama, con chiaro intento sarcastico, “la prassi dell’individuo isolato”, vale a dire un sistema ideologico che, non interessato a socializzarsi, rafforza la percezione psicologica di una possibile separazione (autonomia) fra l’interiorità del soggetto e lo spazio esterno della prassi collettiva.

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sinistra

Sul Trattato del ribelle di Jὒnger

di Salvatore Bravo

norne 300x259Ernest Jὒnger è stato un Ribelle, un non allineato, ha vissuto il lungo secolo che ci ha preceduto “il secolo breve” con il coraggio delle idee che si fanno carne e diventano parole. Ha smascherato la mediocrità conformista degli intellettuali che hanno omaggiato la fine della natura umana e con essa ogni paradigma di verità. Il postmodernismo con la sua razionalità debole, un esempio è il pensiero debole di Vattimo, ha contribuito a spezzare il senso di ribellione, favorendo l’accettazione omologante all’interno del paradigma dell’economia. Ha denunciato la bandiera del “non impegno”, consapevole che non è sufficiente la negazione, ma essa deve trasformarsi in impegno per la libertà. Di intellettuali come Jὒnger sentiamo tutti nostalgia e ne avvertiamo il terribile vuoto: “horror vacui” è la nostra condizione. La sinistra è dialettica, vive del polemos, ogni cultura ed identità necessitano della differenza per misurare in senso qualitativo la propria storia. Il pensiero di Junger ci sollecita a dare risposte a sollecitazioni che benchè formulate da una prospettiva altra, non possono che essere condivise. La forza plastica che ne possiamo trarre è d’ausilio per tollerare le difficoltà della resistenza nel contesto-mondo irrazionale in cui la comunità pensante pare arretrare, per lasciare spazio al deserto dell’ultimo uomo, all’anomia collettiva. E. Junger tratta del tempo anonimo della società dello spettacolo nel quale l’omogeneità e la linearità sono gli attributi di espressione del tempo incardinato nella produzione, e che trasforma gli uomini in consumatori. E’ il regno animale dello spirito secondo la definizione di Hegel.

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archeologiafil

La norma e il karma della legge

Sulla miseria del soggetto produttivo

di Paolo Vernaglione Berardi

Giorgio Agamben, Karman. Breve trattato sull’azione, la colpa e il gesto - Bollati Boringhieri editore 2017 -pagine 140 – €. 14,00

Pierre Macherey, Il soggetto delle norme – Ombre Corte editore – pagine 215 – €.18,00

leggere1Il successo del diritto

Una ricerca sull’istituzione e la funzione della norma deve risalire all’origine semantica del termine. Emerge così la sequenza concettuale tipica della modernità per cui ciò che comunemente è definito legge risulta dall’identità della norma con il diritto positivo. Ma questa traslazione, che per un verso è arbitraria e per altro verso è la risultante di un’operazione giuridico-politica eminente, chiarisce indirettamente un’altra occorrenza del concetto di norma, che assume oggi per lo più il senso di un paradigma universale, considerato indiscutibile: la normalità. La normalità sembra essere il grande compito della modernità che l’assume come legge di comportamento.

Un’archeologia del diritto deve dunque risalire la differenza tra norma e legge per cercare di scoprire il luogo di insorgenza di ciò che è normativo. Per far questo vale la pena delimitare lo spazio di senso della norma cercando di fare luce sui rapporti tra legge norma e normalità.

Questi rapporti, che sono densi e si districano con difficoltà, si presentano in una doppia linea che all’apparenza disegna una continuità, ma che a guardar bene segna invece una genealogia spezzata, i cui punti di rottura corrispondono al progressivo scivolamento di senso della norma dall’antichità all’epoca moderna.

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la citta futura

Recensione di Potenza ed eclissi di un sistema

Hegel e i fondamenti della trasformazione

di Edoardo Raimondi

Un libro di Emiliano Alessandroni, con introduzione di Remo Bodei

filosofie alessandroni potenza eclissi sistemaPotenza ed eclissi di un sistema. Hegel e i fondamenti della trasformazione (Mimesis, Milano-Udine 2016) è forse uno dei tentativi più audaci, apparso negli ultimi tempi, di restituire il pensiero di un Hegel ben distante da quelle interpretazioni canoniche, e dal sapore dogmatico, che nell’arco di decenni – a ben veder – non ne avrebbero saputo restituire il giusto significato ed il giusto valore. Ché ripercorrendo tutto il sistema hegeliano – attraversando anche gli scritti giovanili dell’autore tedesco – Emiliano Alessandroni, con un’analisi attenta dei testi, in primis della Wissenschaft der Logik e della Phänomenologie des Geistes, porta alla luce come la lezione hegeliana possa non solo essere considerata essenziale per la comprensione del nostro tempo, tornando così a farsi artefice di un discorso coerente su cosa possa andare a significare per noi la trasformazione nella storia, ma soprattutto contribuire al risveglio del concetto stesso di critica – questione a cui è dedicato l’intero capitolo III del libro. Tornando a rischiarare, questo è certo, il significato fondamentale della “contraddizione oggettiva”, motore e molla del divenire determinato che non farebbe altro che dispiegarsi in strutture processuali, materiali e culturali insieme, essenzialmente dialettiche e storiche, pur sempre sottese all’essere che si scopre prettamente sociale (ciò che non può far altro che manifestarsi, nella sua significatività e nella sua determinatezza, in e attraverso un linguaggio che sa comprendere se stesso).

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doppiozero

Giorgio Agamben. Innocenza radicale

Antonio Lucci

giorgio agamben bp 0Sebbene Giorgio Agamben abbia dichiarato chiuso, nel 2014, il suo progetto ventennale di un’archeologia della politica e del diritto, che ha preso il nome di Homo sacer, con la pubblicazione del volume l’Uso dei corpi, la sua produttività non è affatto diminuita, e il nuovo testo dell’autore romano, Karman. Breve trattato sull’azione, la colpa e il gesto, uscito recentemente per i tipi Bollati Boringhieri, ne è – non lo fossero stati abbastanza i testi usciti in precedenza, dedicati, tra gli altri, a Majorana, a Pulcinella, e alle proprie vicende biografiche – l’ulteriore riprova.

Se si volesse speculare, si potrebbe addirittura arrivare a sostenere che questo volume potrebbe occupare il posto vuoto lasciato enigmaticamente da Agamben nella posizione II.4 del suo progetto.

In Karman Agamben presenta al contempo una summa dei motivi portanti del suo pensiero e una loro evoluzione in una direzione inedita. Come il sottotitolo indica, l’azione, la colpa e il gesto sono le tre grandi categorie oggetto dell’analisi agambeniana.

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operaviva

L’ordine del tempo è il suo governo

Il nuovo libro di Carlo Rovelli

Elia Zaru

40 persone copia 1628x1082Che cos’è il contemporaneo? Con questo titolo circa una decina di anni fa Giorgio Agamben pubblicava il testo della sua lezione inaugurale del corso di Filosofia teoretica 2006-2007 allo IUAV di Venezia. La risposta a una domanda tanto complessa può essere sintetizzata in questo modo: secondo Agamben, «contemporaneità» significa dislocamento, sfasatura, frattura. Pensare la contemporaneità significa scinderla in più tempi, introdurre nel tempo «una essenziale disomogeneità»1 in quanto «il contemporaneo mette in opera una relazione speciale fra i tempi»2. In questo senso, il concetto di «contemporaneità» non solo si discosta, ma si oppone a quello di «presente». Quest’ultimo, infatti, si configura solo in relazione alla successione determinata nella triade passato-presente-futuro, come un momento liscio e aconflittuale di questi passaggi diretti verso un avvenire; il «contemporaneo», al contrario, si mostra come divenire in grado di rompere questa continua transizione triadica.

La domanda con cui Agamben ha deciso di intitolare il suo intervento è parte di una questione ben più ampia: quella del tempo, del suo significato e delle conseguenze politiche che questo significato assume. Il «governo del tempo»3 è fondamentale nei meccanismi di produzione e riproduzione capitalistica fin dalla nascita del capitalismo stesso.

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mentinfuga

Diego Fusaro, Pensare altrimenti

di Giovanni Dursi

catilinaIl recente volume “Pensare altrimenti” di Diego Fusaro va letto, discusso collettivamente, soprattutto con i giovani, interpretato e commentato. Perché, in questo contesto storico e sociale turbolento e gravido di serie minacce che possono ulteriormente far regredire verso forme tecnocratiche neo-autoritarie l’ordine capitalistico mondiale, esprimere questa necessità? Prioritariamente, perché è un libro chiaro nell’esposizione; è un testo didascalico. Non è da trascurare lo stile con il quale l’autore argomenta «l’annullamento del dissenso, con annessa uniformazione integrale del sentire e del pensare» (op. cit. pag. 29), mentre «sotto il cielo domina graniticamente il pensiero unico del consenso di massa [ … ]» il quale «predica in maniera compulsiva l’intrasformabilità del mondo [ … ]» (op. cit. pag. 46); la foggia della scrittura è tale da rendere comprensibile a tutti il ragionamento, anche a chi è in fase evolutiva e necessita d’apprendere (in questo caso, il target ideale della comunicazione culturale veicolata da “Pensare altrimenti” è costituito dagli studenti delle scuole secondarie di secondo grado ed universitari – guidati filologicamente nella lettura – che necessitano di imparare a guardare in modo critico e fondato alla condizione umana ed al mondo attuale) ed incrementare l’abilità che consente d’analizzare in modo oggettivo le informazioni disponibili, valutare e interpretare dati e esperienze al fine di giungere a conclusioni chiare e solide.

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filosofiaenuovisentieri

Filosofia della precarietà del filosofo odierno

Recensione di ‘Filosofia precaria’ di G. Stamboulis

di Francesco Brusori*

Giorgio Stamboulis, Filosofia precaria, il Vicolo, Cesena 2017

pace3Il saggio di Giorgio Stamboulis introduce subito un quesito stringente, che richiede un ingresso ex abrupto del cogito:«cos’è oggi la filosofia?» (p. 13). E altrettanto violentemente si scarica la risposta: «una grande assenza» (ibid.). Infatti sembra che eminentemente ‘contemporaneo’ sia il problema della filosofia, ovvero il fatto che la filosofia stessa costituisca una grande problematica.

Seguendo l’autore, è evidente che lo status proprio della filosofia versi in una condizione critica. Essa, oggigiorno, si presenterebbe quasi del tutto schiacciata dall’immane peso del suo aulico passato e pronta a soccombere dinnanzi all’orizzonte futuro. Forse perché d’altronde un sapere troppo vasto annienta con la stessa naturalità con cui una tradizione troppo venerabile finisce per immobilizzare ogni intento. In una tale situazione non resta che il naufragio. O meglio: di fronte alla grandezza vincolante del trascorso, risulta – per parafrasare un celebre verso di G. Leopardi – «dolce il naufragar» nel mare magnum dell’avvenire, nel quale però si penetra senza alcuna guida capace di indicare la via nel nuovo stato di cose. E la perdizione della coscienza filosofica non può che avvenire nella persona del filosofo.

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ilrasoiodioccam

Dalla cattedrale ai non-luoghi

di Antonio Martone

non luoghi 499I cambiamenti che hanno scosso l'età moderna sono stati anzitutto antropologici, e poi economici e giuridico-politici. Oggi siamo di fronte a un altro snodo storico, che sta producendo una nuova mutazione del senso. Per interrogare quest'ultima bisogna osservare ancora una volta la traiettoria della modernità

In questo intervento, cercherò di focalizzare genealogicamente l’attenzione su alcuni punti di snodo fondamentali della storia della modernità, al fine di focalizzare meglio le dinamiche antropologico-politiche del contemporaneo. Cercherò di evocare tali trasformazioni attraverso l’uso di simboli che racchiudano il senso complessivo della presenza storica degli uomini nel passaggio fra “pre-moderno” e “moderno” e fra il “moderno” e l’“attuale”.

La tesi che accompagna il mio lavoro consiste nell’idea secondo cui il percorso dell’Occidente che giunge fino a noi, incomprensibile se non si considera l’enorme peso che in esso ha assunto la tecnica, abbia comportato vere e proprie mutazioni antropologiche: cercherò di concentrarmi su tali mutazioni e di delinearne il senso nella convinzione che comprenderle significhi illuminare lo scenario attuale e le sue profonde contraddizioni.

L’Evo moderno – come è noto – si caratterizza per esser andato progressivamente tras-mutando l’idea medioevale (aristotelico-tomistica) di legame sociale in una realtà accelerata in senso “progressivo”:

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pierluigifagan

La filosofia politica che ci manca

di Pierluigi Fagan

cache 2428321091In una lettera del 1951 a K. Jaspers, H. Arendt si interroga sul concetto di “male radicale” che aveva proposto all’interno della celebre indagine sulle Origini del totalitarismo. Confessa di non saper bene definirlo ma di avere la sensazione o intuizione che abbia a che fare con una riduzione dell’uomo a concetto, forse gli uomini hanno solo declinazione plurale e ogni loro singolarizzazione è una riduzione pericolosa, pericolosa perché taglia parti essenziali della loro stessa essenza irriducibilmente molteplice. Aggiunge di avere il sospetto che la filosofia non sia esente da colpe in questa riduzione ad unum e del resto il sospetto viene facile visto che la filosofia pensa appunto per concetti. A questo punto, specifica che questo non porta in conseguenza -come poi invece sosterrà Popper-, una discendenza diretta di Hitler da Platone ma induce a pensare che la filosofia politica occidentale sembra avere un punto cieco nel quale invece di avere un concetto puro della politica come attività che porta i plurali alla decisione singolare, ha sviluppato molti tentativi di singolarizzare la natura umana di modo che la decisione una, possa esserne dedotta in via logico-naturale dall’unità della presunta natura umana.

La filosofia politica occidentale, ha avuto due linee di sviluppo principali. La prima risale a Platone ed è la teorizzazione ideale di un modello di funzionamento della comunità, la seconda risale compiutamente a Machiavelli ed è una teorizzazione pratica dello stesso modello.

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ilcomunista

Note sui significati di "libertà" nei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel

di Vladimiro Giacché

gwfhegel1. Premesse generali

Negli ultimi anni, dopo decenni di preminente attenzione alle implicazioni della filosofia hegeliana del diritto sul terreno delle dottrine politiche e delle teorie della società, il panorama delle interpretazioni è venuto gradatamente mutando. Volendo dare conto delle principali novità interpretative, se ne possono indicare in particolare due: da un lato l’accresciuto interesse per il rapporto tra i Lineamenti di filosofia del diritto e la Scienza della logica e nei confronti di quelle che potremmo definire come le “costanti logiche” che operano all’interno della filosofia hegeliana del diritto i; dall’altro, il tentativo di leggere i Lineamenti hegeliani sul metro di una filosofia dell’azione, cercando non di rado di porre il pensiero di Hegel a confronto con i più recenti indirizzi teorici, manifestatisi soprattutto in ambito anglo-americanoii. Per motivi in parte differenti, entrambe queste nuove e feconde direzioni di lettura hanno portato con sé la necessità di fare i conti, più seriamente che in passato, con i paragrafi introduttivi dei Lineamenti (§§ 1-32), nei quali Hegel ci offre, come recita l’indice dell’opera, il “concetto della filosofia del diritto, del volere, della libertà e del diritto”. Per chi voglia, più in particolare, trattare la concezione hegeliana della libertà del volere, l’esigenza di affrontare direttamente i nodi teorici e le distinzioni di significato proposte nei primi paragrafi dei Lineamenti è sicuramente ineludibile.

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doppiozero

La democrazia è un concetto ambiguo*

Red Notebook e Ενθέματα της Αυγής intervistano Giorgio Agamben

Il filosofo Giorgio Agamben era ad Atene invitato dai giovani di SYRIZA e dall’istituto Nikos Pulantzas. Il suo intervento, nell’aula gremita di Technopoli, dal titolo Una teoria sul potere della spoliazione e del sovvertimento, è stato dedicato al compimento dei quarant’anni dalla rivolta del Politecnico. Domenica 17 novembre, dopo il corteo del Politecnico, l’hanno incontrato e hanno conversato con lui Anastasia Giamali, per l’Alba, e Dimosthenis Papadatos-Anagnostopulos per RedNotebook. Il testo che segue è la conversazione completa, mentre negli Ενθέματα της Αυγής e sul loro blog troverete una versione accorciata.

Giorgio Agamben wall portraitHa cominciato il suo intervento ad Atene dicendo che la società nella quale viviamo non è semplicemente non democratica, ma, in ultima analisi, non politica, dal momento che lo status di cittadino non è più se non una categoria del diritto. È però conseguibile il cambiamento politico nella direzione di una società politica?

Quel che volevo evidenziare è l’aspetto del tutto nuovo della situazione. Credo che, per capire ciò che ci siamo abituati a chiamare “situazione politica”, dobbiamo tenere a mente il fatto che la società nella quale viviamo forse non è più una società politica. Un fatto simile ci obbliga a cambiare completamente la nostra semantica. Ho provato allora a mostrare come, nell’Atene del quinto secolo a.C., la democrazia inizi con una politicizzazione dello status di cittadino. L’essere cittadino ad Atene è un modo attivo di vita. Oggi, in molti paesi d’Europa, come anche negli USA, dove la gente non va a votare, l’essere cittadino è qualcosa di indifferente. Forse in Grecia questo vale in misura minore; per quanto ne so, qui esiste ancora qualcosa che somiglia a una vita politica. Il potere oggi tende a una depoliticizzazione dello status di cittadino. La cosa interessante in una situazione talmente depoliticizzata è la possibilità di un nuovo approccio alla politica. Non si può stare attaccati alle vecchie categorie del pensiero politico. Bisogna rischiare, proporre categorie nuove. Così, se alla fine si verificherà un cambiamento politico, forse sarà più radicale di prima.

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marxismoggi

Ideologia

di Salvatore Tinè

t 4 imperialismo 2 728La nozione di ideologia è una delle categorie fondamentali del pensiero di Marx e di Engels. In particolare essa svolge un ruolo molto importante nel processo di elaborazione e di genesi della concezione materialistica della storia. Il superamento e la critica da parte di Marx e di Engels delle posizioni filosofiche e politiche del gruppo della cosiddetta “sinistra hegeliana”, alla metà degli anni ’40 dell’Ottocento, prende le mosse, infatti dalla nozione di “ideologia tedesca”. Con essa i due fondatori del materialismo storico intendono evidenziare il carattere essenzialmente speculativo e soggettivistico del pensiero filosofico-politico dei “giovani hegeliani” e in particolare della loro pretesa di avviare un processo di rinnovamento sociale e politico della Germania sul mero terreno delle “idee” e della “filosofia”. Nel primato della filosofia rivendicato dalla sinistra hegeliana Marx ed Engels individuano un fondamentale elemento di continuità con l’idealismo di Hegel e insieme il riflesso della condizione di arretratezza sociale e politica della Germania rispetto alla Francia e all’Inghilterra. In realtà una critica reale, effettiva dell’ordine di cose esistente non può non presupporre per loro la fuoriuscita dal terreno della filosofia e del “pensiero puro”.

La critica tedesca – scrivono Marx ed Engels nell’Ideologia tedesca – non hai abbandonato, fino ai suoi ultimi sforzi, il terreno della filosofia.

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megachip

Cose degli altri mondi. Saperi e pratiche del divenire umani

di Lelio Demichelis

Proponiamo, per gentile concessione dell’Editore Colibrì, l’introduzione di Lelio Demichelis (sociologo e studioso del fenomeno tecno-capitalista nei suoi molteplici aspetti) al nuovo libro a sei mani di Piero Coppo, Stefania Consigliere e Paolo Bartolini “Cose degli altri mondi. Saperi e pratiche del divenire umani”.

Piero Coppo è medico, neuropsichiatra e padre dell’etnopsichiatria in Italia, Stefania Consigliere è filosofa e ricercatrice in Antropologia presso l’Università di Genova, Paolo Bartolini è analista filosofo e collaboratore di Megachip.

Buona lettura!

ciborg11«Perché mai gli sfruttati non si ribellano? E se la radice di ogni valore (e in primis proprio quello del denaro) sta nell’immaginario degli umani, perché sembra impossibile uscire dall’orizzonte capitalista? L’elemento più inquietante di tutti è, infatti, proprio quest’adesione collettiva alla catastrofe, l’assenso alla nostra servitù», scrive Stefania Consigliere.

E ancora: «C’è un divenire capitale degli umani (e un prender forma umana da parte del capitale) che è la parte più temibile di tutta questa storia (…): siamo la punta più avanzata di un colossale esperimento di cattura delle anime, che non passa più solo per l’imposizione violenta, come avveniva nel dominio classico, ma per l’adesione – rassegnata o entusiasta – a un regime pulsionale e concettuale molto soft, che si presenta come la quintessenza della libertà stessa. (…). Qualcosa che, svuotando i soggetti delle loro forze, li assoggetta a un volere esterno e malevolo.

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rec.filosof

Lacan. Il Seminario. L’antifilosofia 1994-1995

Recensione di Caterina Marino

Alain Badiou: Lacan. Il Seminario. L’antifilosofia 1994-1995, Ed. it. a cura di Luigi Francesco Clemente, Napoli-Salerno, Orthotes, 2016, pp. 212, euro 20, ISBN 978-88-9314-027-0

superthumbNel 2016 è stato pubblicato in traduzione italiana il seminario tenuto da Alain Badiou nell’anno accademico 1994-1995 sull’antifilosofia di Lacan. Questo terzo momento di una “tetralogia antifilosofica” (p. 5), che ha visto come protagonisti autori quali Nietzsche, Wittgenstein e san Paolo, non fa che confermare la profonda convinzione di Badiou per cui ogni filosofo contemporaneo che si rispetti debba necessariamente misurarsi, nel corso del proprio itinerario filosofico, con lo psicoanalista francese e, soprattutto, con la sua interpretazione della filosofia (p. 8).

Fu Lacan stesso a dichiarare di essere un “antifilosofo”, e questo è certamente all’origine del debito reale di Badiou nei suoi confronti. La ricerca di Badiou, infatti, oltre a delineare un’autonoma ed originale ontologia, proprio a partire da quell’affermazione lacaniana è stata indotta, in modo sistematico, alla chiarificazione di ciò che caratterizza un pensiero antifilosofico.

A conferma di ciò questo seminario non presenta un’esposizione organica dell’opera lacaniana, ma si concentra soprattutto sull’analisi dei fondamenti della sua antifilosofia.