Revival della Gran Bretagna in Europa?
di Gaetano Colonna
Potrebbe essere utile in questo momento comprendere meglio le dinamiche interne al mondo anglo-sassone, in relazione ai conflitti in atto in Europa e in Medio Oriente, nonché agli effetti che potrebbero avere sulle relazioni transatlantiche durante la presidenza Trump.
A questo scopo è assai interessante la lettura di un documento ufficiale del ministero della Difesa della Gran Bretagna, intitolato Strategic Defence Review 2025, Making Britain Safer: secure at home, strong abroad (“revisione della difesa strategica 2025, rendere la Gran Bretagna più protetta: sicura in patria, forte all’estero”). In questo documento, il governo inglese esprime un giudizio inappellabile nei confronti della Russia:
«L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia rende inequivocabilmente chiara la sua volontà di ricorrere alla forza per raggiungere i propri obiettivi, nonché il suo intento di ristabilire sfere di influenza nei paesi vicini e di sconvolgere l’ordine internazionale a svantaggio del Regno Unito e dei suoi alleati».
Questa posizione, che vede quindi nella Russia la principale minaccia militare per la Gran Bretagna, viene ulteriormente argomentata in termini estremamente duri, nei quali è tuttavia anche presente un riferimento significativo alla nuova politica statunitense:
«Il Regno Unito è già oggetto di attacchi quotidiani, con atti aggressivi – dallo spionaggio agli attacchi informatici e alla manipolazione delle informazioni – che causano danni alla società e all’economia. Il conflitto tra Stati è tornato in Europa, con la Russia che dimostra la sua volontà di ricorrere alla forza militare, infliggere danni ai civili e minacciare l’uso di armi nucleari per raggiungere i propri obiettivi. Più in generale, il vantaggio militare di cui l’Occidente ha goduto a lungo si sta erodendo, poiché altri paesi modernizzano ed espandono rapidamente le loro forze armate, mentre le priorità di sicurezza degli Stati Uniti stanno cambiando, con l’attenzione che si sposta verso l’Indo-Pacifico e la protezione del proprio territorio».




L’articolo che pubblichiamo di seguito è un contributo della Rete scuola saperi e cura sul tema della valutazione a scuola al tempo del Covid 19. La rete, formata da insegnanti genitori e studenti, è nata a Napoli durante la pandemia con l’intento di ripensare radicalmente l’educazione e la cura come processi sociali complessi e campi di battaglia sui quali si giocano il presente e il futuro, non solo della scuola. Ci sembra che, nel tempo di emergenza che viviamo, il tema del “giudizio” sui bambini e i giovani e la forma che esso assume a scuola sia uno dei nodi centrali dei quali peraltro si discute poco o lo si fa a partire da approcci nel migliore dei casi superficiali. A dispetto di quanto viene affermato nelle norme e nei discorsi ufficiali, la scuola è preda di una ossessione valutativa, intenta alla somma e alla misurazione delle cosiddette competenze, un furore che non riesce a fermarsi nemmeno davanti ad una crisi globale come quella che attraversiamo. È la prova che il ceto pedagogico ne è soggiogato avendo assorbito la pratica del “valutare e punire” come unico modo possibile. Intento della rivista è (anche) quello di dare spazio a quei gruppi che provano ad uscire da questo pensiero “a una dimensione”. (Gli asini)

Non sappiamo se il vertice russo-americano di Anchorage sia destinato a figurare nei libri di storia, come prima tappa nel percorso di uscita da questa guerra o se finirà nel secchio delle occasioni mancate. La stragrande maggioranza dei commentatori osserva che l’aggressore ha ottenuto la piena riabilitazione da parte di Washington senza nulla concedere (questo punto andrà approfondito) e che Donald Trump, convinto di ammaliarlo con le sue lusinghe, si è lasciato ammaliare. Tanto è vero che ha prontamente sconfessato la propria promessa di pesanti sanzioni in caso di rifiuto della tregua.
Nei venti anni successivi all’indipendenza, ottenuta nel 1960, l’Alto Volta (dal 1984 Burkina Faso) vide tre colpi di Stato. Dopo quello del 1980 iniziò l’ascesa del militare e politico rivoluzionario Thomas Noël Isidore Sankara, classe 1949, il Presidente più giovane che l’Africa abbia conosciuto. Nominato Capitano, poi segretario di Stato per l’informazione, si distingueva spesso dalla condotta governativa quando questa avversava il popolo. Conquistavano il suo linguaggio coerente nel tempo con i comportamenti, la creatività, l’energia che sostanziarono un immaginario, quello del riscatto antimperialista dei vinti, che sostenne, seppure in assenza di libere elezioni, la sua scalata al vertice dello Stato.

«Grand Continent» è una rivista online consacrata alla geopolitica, alle questioni europee e giuridiche e al dibattito intellettuale con lo scopo di “costruire un dibattito strategico, politico e intellettuale”. Nata nell’aprile 2019, è pubblicata dal Groupe d’études géopolitiques, associazione indipendente fondata presso l’École normale supérieure nel 2017. A partire dal 2021 è integralmente pubblicata in cinque lingue diverse: francese, tedesco, spagnolo, italiano e polacco.
Il regime sionista, si sa, approfitta del ruolo di vittima perenne per imporre, con la politica dei fatti compiuti e forte del suo ruolo di gendarme degli Usa in Medioriente qualunque violazione dei diritti umani e della legalità internazionale: a cominciare da un’occupazione criminale che, dal 1948, ha espropriato ed espulso il popolo palestinese in una successione di massacri, oggi culminati col genocidio che ha ucciso più di 30.000 persone, un terzo dei quali bambini.
Sulla Monthly Review del luglio 2016, l’economista indiano Prabhat Patnaik pubblica una interessante recensione
Perché l’Europa corre verso il riarmo? La risposta della Nato e dell’Unione Europea, e anche purtroppo di gran parte della sinistra storica, è questa: l’Europa deve riarmarsi per potere contrastare la Russia che ha invaso l’Ucraina e che vuole attaccare tutta l’Europa. Ma il tiranno Vladimir Putin è veramente l’unico colpevole dell’attacco all’Ucraina? La Nato è una colombella innocente? Washington in Ucraina ha difeso i suoi interessi imperiali oppure la libertà degli ucraini? La Nato è davvero un’organizzazione che difende la democrazia? O è invece una macchina militare che non ha avuto scrupoli nell’attaccare illegalmente la Serbia, storicamente uno Stato amico della Russia, e di creare con le sue bombe il Kosovo, ovvero un nuovo Stato dentro l’Europa dove, tra l’altro, ha insediato una sua base militare? Se la Nato è un’organizzazione militare che difende l’Europa, perché ha attaccato l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, la Libia provocando decine di migliaia di morti innocenti, per lasciare poi terra bruciata? Perché la Nato, guidata dall’ex presidente americano Joe Biden, ha promesso all’Ucraina di poterne farne parte se i governi ucraini e gli oligarchi di Kiev erano da tutti considerati corrotti e fuori dalla democrazia? Putin è davvero così pazzo da scontrarsi con la Nato per invadere anche tutta l’Europa? Infine: riarmarsi è la risposta giusta per dare più sicurezza all’Europa? Solamente se si risponde a queste domande si riesce a comprendere quali potrebbero essere realmente le difficili vie della pace.
Mentre le potenze occidentali promuovono la tecnocrazia a scapito della sovranità, i movimenti di resistenza palestinesi avvertono che non può esserci ricostruzione senza liberazione

La notizia è ormai nota: il mese scorso, Trump ha firmato una direttiva, ancora segreta, in cui dava istruzioni al Pentagono di usare la forza militare contro alcuni cartelli della droga che il suo governo ha classificato come organizzazioni terroristiche. Quasi in contemporanea, gli Usa hanno dichiarato che una di queste organizzazioni si chiama Cartel de los Soles, e che è capeggiata dal presidente venezuelano, Nicolás Maduro. Un presidente illegittimo, secondo gli Stati uniti che, per bocca del loro Segretario di Stato, il rabbioso anticomunista, Marco Rubio, hanno dichiarato di aver aumentato la “taglia” sulla sua testa fino a 50 milioni di dollari. Quella precedente – di 15 milioni – era stata decisa da Trump nel 2020, durante il suo primo mandato.
Il contributo offerto dai compagni e dalle compagne della Rete dei Comunisti con il Forum – e la successiva pubblicazione degli Atti – per un “Elogio del comunismo del Novecento”, nelle sue quattro sessioni-approfondimenti tematici (prima della Seconda guerra mondiale: l’assalto al cielo; dopo la Seconda guerra mondiale: le nuove rivoluzioni, le conquiste operaie e i movimenti di liberazione dei Paesi in via di sviluppo; la regressione del movimento comunista e la controffensiva capitalista; la riemersione delle contraddizioni accumulate dalla supremazia del capitalismo), rappresenta, nel suo complesso, una iniziativa preziosa per l’approfondimento e il dialogo tra comunisti (e oltre l’ambito specifico del movimento di classe) nonché un terreno di lavoro condiviso con le soggettività del movimento che intendono sviluppare una riflessione, non apologetica e non liquidatoria, non eclettica e non dogmatica, per attualizzare l’analisi critica, marxista, e ricomporre terreni unitari.
Per suscitare una buona disposizione alla lettura di questo mio testo, lo introduco con un furto indecente alla testata “Sinistrainrete”, dove mi ha colpito una visione davvero originale del fenomeno “Flotilla”, nostro tema ordierno. Ve ne riproduco qui un capoverso. Poi scendiamo ai piani prosaici dell’articolo mio.
e. Le Commissioni su tariffe e conflitti (RKK): non solo arbitrato
Nonostante la censura, molti analisti e soggetti politici stanno da tempo prendendo posizione contro gli attuali conflitti, che potrebbero sfociare nell’“ultima guerra mondiale”. Purtroppo, essi non si pongono spesso il problema del perché questo sistema economico e sociale inevitabilmente genera guerre e conflitti, finendo col sostenere un astratto e inefficace pacifismo.
Post di Lord Robert Skidelsky
La capacità di lavoro, se non è venduta, non è niente.
«Vogliamo rendere la Bundeswehr la forza armata convenzionale più forte dell’Ue». Al vertice Nato all’Aja, lo scorso 25 giugno, il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz ha presentato il suo piano per il riarmo tedesco. Con un investimento da 400 miliardi di euro e l’obiettivo di portare la spesa militare al 5% del Pil, non si tratta di una semplice modifica di budget, ma della cancellazione dell’identità strategica tedesca post-1945. Una rivoluzione che affonda le radici nella completa interiorizzazione dell’ideologia atlantista da parte della classe dirigente.
Per quelli come noi che hanno avuto modo di apprezzare le opere di Philip K. Dick nei vecchi Urania e Millemondi, nelle collane delle Edizioni Nord, nella Collezione Immaginario Philip K. Dick di Fanucci e adesso negli Oscar Mondadori, chi come noi ha avuto il privilegio di seguire da vicino i primi contributi critici italiani sull’opera di questo scrittore straordinario e visionario, chi ha avuto il privilegio ulteriore di tradurre opere come Ubik (1965), In senso inverso (1967) e alcuni dei romanzi e dei racconti più importanti della sua produzione, non può non salutare l’uscita del Meridiano Mondadori – Opere Scelte di Philip K. Dick, in due volumi, come una consacrazione dovuta da tempo a uno degli scrittori più geniali e profetici del nostro tempo, che hanno contribuito a plasmare, a scrivere il nostro presente e il nostro futuro.



































