Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Comunismo, avanguardie e raggiri intellettuali

Appunti di una osservatrice perplessa sulla C17

V.F.

TheParty 300x300A distanza di cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre si è da poco conclusa la “Conferenza di Roma sul comunismo”, evento attesissimo dal titolo eloquente quanto generico. E proprio questa genericità è stata rivendicata come punto di forza dagli organizzatori, i quali hanno sottolineato la presenza di una grande «varietà di tradizioni teoriche», descrivendo la conferenza come «un evento che rompe la consuetudine di movimento di organizzare incontri tra simili, interni a correnti politiche omogenee».1 Nel tentativo di tracciare un bilancio tempestivo di questi cinque giorni di intenso dibattito culturale ciò che emerge in primo luogo è invece la sensazione di essersi trovati davanti a un pluralismo soltanto apparente: i relatori, tutti (o quasi) più o meno vicini alle istanze della sinistra di movimento, hanno mostrato una certa conformità di fondo nel modo di porre i problemi e nelle tematiche affrontate.

L’impressione generale è che il risultato – più o meno intenzionale – di questa conferenza sia stato quello di svuotare di senso il concetto stesso di comunismo, e di traghettarlo verso una nuova (e radicalmente diversa) prospettiva politica: quella del neomunicipalismo e della democrazia diretta. Attraverso una rilettura selettiva di Marx e Lenin viene giustificata la necessità di impegnarsi nella lotta per l’«autogoverno dei beni comuni», come affermano Dardot e Laval, sempre naturalmente al di fuori e contro lo Stato.

Print Friendly, PDF & Email

nazioneindiana

Radio Kapital: Per finirla con sinistra\destra

intervista a Jean-Claude Michéa

A cura della magnifica rivista francese Les Inrocks, traduzione di Francesco Forlani

tomb riderIn Contro il Capitale, lei auspica un “pensare con la sinistra contro la sinistra.” Eppure molti intellettuali di sinistra continuano a essere impermeabili, per non dire contrari ai suoi scritti. Si tratta della rottura definitiva di un dialogo possibile?

Se fosse davvero il caso, certamente non è colpa mia! Ovviamente non mi rifiuterei mai di discutere con qualcuno con il solo pretesto che sarebbe “in disaccordo con i miei scritti.” Però dovrebbe trattarsi di un vero dibattito e non di una retata di polizia. Il problema – André Perrin l’ha brillantemente dimostrato nelle sue Scènes de la vie intellectuelle en France – è che l’antica cultura del dibattito è ora in procinto di cedere il posto definitivamente a quella dell’intimidazione e della caccia alle streghe. Oramai uno scrittore si giudica non per quello che ha effettivamente scritto (perfino quando il romanziere in questione è Michel Houellebecq) ma sulla base di oscure intenzioni a lui attribuite o attraverso le strumentalizzazioni “nauseanti” che se ne fanno delle opere. Queste derive preoccupanti – che la dicono lunga, per rimanere in tema, sul sentimento di panico che si è impadronito da una parte delle baronie universitarie e mediatiche – non può che naturalmente portare a giustificare “intellettualmente” le falsificazioni più grossolane e le scorciatoie più sempliciste. Se ne parlo è perché ne so qualcosa a riguardo.

Print Friendly, PDF & Email

micromega

Referendum, quale lezione per la sinistra radicale?

di Carlo Formenti

904165903 matteo20renzi1Ho resistito all’impulso di commentare a botta calda l’esito del referendum, manifestando la mia gioia per la disfatta di un progetto di “riforma” la cui valenza reazionaria ha pochi precedenti nella storia italiana del secondo dopoguerra (mi vengono in mente la legge truffa e il governo Tambroni). Mi sono trattenuto perché ritengo che l’evento meriti ragionamenti più ampi e approfonditi del cicaleccio mediatico con cui è stato celebrato. Provo ora ad abbozzare una riflessione a mente fredda.

Il primo aspetto di cui va preso atto è il clamoroso fallimento della casta dei comunicatori (giornalisti, sondaggisti, spin doctor) chiamati ad alimentare e sostenere la campagna elettorale renziana: come già avevano dimostrato Brexit ed elezioni presidenziali Usa, la loro capacità di manipolare l’opinione pubblica si è ridotta praticamente a zero, malgrado il ricorso all’arma di dissuasione di massa del terrorismo economico, puntualmente ridicolizzato dalla (mancata) reazione dei mercati. Eppure, mentre i cittadini si sono dimostrati impermeabili a lusinghe e minacce, lo stesso non si può dire per buona parte dei militanti impegnati nella campagna per il No, molti dei quali hanno fino all’ultimo momento temuto di poter perdere, a testimonianza del fatto che anche le componenti politiche più sane di questo Paese hanno smarrito – almeno in parte – la capacità di interpretare gli umori della propria base sociale, sottovalutandone il livello di consapevolezza e la capacità di mobilitazione.

Un secondo aspetto che balza agli occhi è, assieme alla partecipazione di massa al voto, la sua composizione sociale, generazionale e regionale.

Print Friendly, PDF & Email

socialismo2017

La variante Formenti: un congedo dalla sinistra globalista

Mimmo Porcaro

populismo 2L’ultimo lavoro di Carlo Formenti (La variante populista, Derive e approdi, Roma, 2016) è talmente denso di riferimenti e attraversato da così tante tensioni concettuali – effetto del passaggio dell’autore da un paradigma teorico ad un altro – da costringere chi voglia abbozzarne una recensione ad una drastica semplificazione che punti direttamente all’essenza del testo. E l’essenza si può riassumere in tre tesi.

1) La cultura egemone nella sinistra (e nella stessa sinistra radicale) è ormai parte organica dell’ ideologia delle classi dominanti ed ha la funzione di legittimare la globalizzazione, l’Unione europea ed il nuovo capitalismo esaltandone le presunte potenzialità democratiche e libertarie, e salutando l’indebolimento degli stati come un rafforzamento dell’autorganizzazione sociale. Punta di lancia di questa mutazione della sinistra è la cultura postoperaista che si presenta ormai come autoglorificazione di uno strato superiore del lavoro sociale (il lavoro ad alta qualificazione intellettuale) che ha rotto ormai ogni legame con gli strati inferiori.

2) Il soggetto della trasformazione sociale non deve essere cercato nei punti alti dell’organizzazione capitalistica del lavoro, come suggerisce di fare il postoperaismo, ma piuttosto nei punti più bassi o comunque nei luoghi tendenzialmente esterni alla logica della modernizzazione capitalistica: in ogni caso il soggetto non deve essere dedotto da categorie sociologiche, ma deve essere reperito nel corso di un’analisi concreta di ogni fase storicamente determinata della lotta di classe in una fase determinata;

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

Lotteremo da una generazione all’altra*

di Sandro Moiso

David Gilbert, AMORE E LOTTA. Autobiografia di un rivoluzionario negli Stati Uniti, a cura di Giacomo Marchetti e Nora Gattiglia, MIMESIS 2016, pp. 400, € 26,00

09clt2gilbertHo appena finito di leggere il libro di Gilbert e un brivido di commozione e, forse, di rabbia mi percorre tutto dalla nuca al resto del corpo. E’, senza ombra di dubbio, una delle testimonianze più sincere e commoventi che sia mai uscita dalla penna di un rivoluzionario. Rivoluzionario inteso nel senso più ampio del termine e, per giunta, condannato alla detenzione ben oltre la fine dei suoi giorni.

Condannato a settantacinque anni di reclusione il 6 ottobre 1983, quando aveva 39 anni, David dovrebbe infatti finire di scontare la sua pena nel 2058, all’età di 115 anni. Basterebbe questa sola considerazione a dimostrare quanto folle, oltre che iniquo, sia un sistema giudiziario, quello statunitense, che si vorrebbe equo e moderno. Ma che nei fatti non lo è e che si dimostra ancora una volta crudele (ai limiti del sadismo oppure addirittura superando gli stessi), classista, razzista e inumano oltre ogni dire.

Condanna arrivata a seguito di una rapina finita male, molto, con alcuni militanti, una guardia giurata e due agenti di polizia uccisi, messa in atto dal BLA (Black Liberation Army) il 20 ottobre 1981 e di un processo che definire “farsa” sarebbe ancora troppo poco. Fatti che costituiscono la trama degli ultimi, terribili otto capitoli delle memorie dell’autore e che hanno segnato in maniera drammatica la sua vita e le sue scelte, non solo politiche.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

La sinistra spagnola di fronte al dilemma dell’UE e dell’euro

di Diosdado Toledano*

image84Lo Stato spagnolo, composto da una pluralità di nazioni e popoli, attraversa —a seguito della crisi del bipartitismo che si è alternato al governo negli ultimi 30 anni— un periodo di instabilità politica. Il partito socialista che continua a dirsi di sinistra, assieme al PP e alle formazioni nazionaliste di destra, hanno condiviso le politiche di “risanamento” e di austerità imposte dalla "troika" negli ultimi anni. Per cui preferiamo parlare di sinistre nello Stato spagnolo.

 

L'influenza del passato “franchista” nell’illusione europeista

Sotto la prolungata dittatura fascista in Spagna, le "democrazie" europee, con il loro benessere e i loro diritti sociali, sono state un riferimento per una maggioranza dei cittadini di Spagna. Dopo la morte di Franco e la transizione dalla dittatura alla democrazia, l'incorporazione dello Stato spagnolo alla Comunità economica europea avvenuta il 1 gennaio 1986, ha avuto un ampio consenso sociale. Il sogno del consolidamento della democrazia parlamentare e, soprattutto, di raggiungere il tenore di vita dei paesi europei più sviluppati era quello della maggioranza dei cittadini. Tre anni dopo la moneta spagnola, la peseta, è stata incorporato nel meccanismo del Sistema monetario europeo; nel giugno del 1991, l'accordo di Schengen è stato firmato, e con esso l'apertura delle frontiere; nel 1992 viene firmato il trattato di Maastricht, con i suoi quattro requisiti di convergenza economica, il trattato che dà origine e nome all'Unione europea.

Print Friendly, PDF & Email

campoantimp2

Ricostruire la speranza

Ripensando politiche radicali di sinistra dopo l'esperienza greca

di Panagiotis Sotiris

Un intervento ad ampio raggio di uno dei più noti intellettuali greci. Panagiotis (nella foto) non si limita a fornire una chiave di lettura degli accadimenti in Grecia, avanza proposte alle forze di sinistra. Anche di questo discuteremo al III. Forum internazionale no-euro che si svolgerà a Chianciano Terme dal 16 al 18 settembre, e di cui Panagiotis sarà uno dei protagonisti

171258285 843609cL'esperienza della partecipazione di SYRIZA al governo è qualcosa che deve essere studiato con molta attenzione. In quanto primo confronto di un partito non-socialdemocratico di sinistra con l'esercizio del potere governativo, esso rappresenta un esempio da manuale dei deficit strategici e dei limiti della sinistra europeista e della sua incapacità di resistere alle pressioni ed ai ricatti da parte del capitale e delle organizzazioni capitalistiche internazionali.

Il nostro punto di partenza è molto semplice: la Grecia non era destinata a vedere una intera sequenza di lotte e aspirazioni collettive finire nella sconfitta e nella disperazione con un governo guidato da un presunto partito di sinistra che  ha portato le stesse politiche neoliberiste aggressivamente dettate dalla Troika. Al contrario, la Grecia offre ancora un modo per ripensare la possibilità di un rinnovamento della strategia di sinistra a patto che si cerchi davvero di pensare alla possibilità di rotture.

Per capire questo, dobbiamo, prima di tutto, pensare alla estensione e alla profondità delle trasformazioni politiche e ideologiche in Grecia in tutto il periodo del Memorandum. In primo luogo: la crisi greca non era solo una manifestazione locale della crisi economica globale. In realtà, è stata la combinazione della crisi globale, della crisi dell'architettura monetaria, finanziaria e istituzionale della zona euro, e della crisi del peculiare “modello di sviluppo” greco, basato sul credito a basso costo, i finanziamenti della Ue, il turismo, e le faraoniche e inutili opere pubbliche come quelle per gli stadi per le Olimpiadi del 2004.

Print Friendly, PDF & Email

socialismo2017

Che roba, contessa! (Brexit e dintorni)

Mimmo Porcaro

Pietrangeli Guccini Marini Contessa“Che roba, contessa!” Un tempo qualcuno cantava, e con accenti vibranti, questa vecchia canzone di Paolo Pietrangeli in faccia al clericofascismo nostrano spaventato e disgustato dalla riscossa degli operai italiani. Oggi, molti di quei “qualcuno” cantano ancora la stessa canzone, ma sono loro, questa volta, ad essere spaventati e disgustati: dal “no” degli operai inglesi all’Europa. E con l’immaginaria contessa condividono il rimpianto per i bei tempi in cui l’intelligenza (la loro) contava ancora qualcosa, lo stupore per quei molti che si considerano vessati da quel gioiellino che è l’Unione europea, il fastidio per il fatto che ormai anche l’operaio vuol decidere di testa sua : “non c’è più morale, contessa!”.

Oggi, dopo la Brexit, è tutto un “sì, ma…”: la democrazia è bella, ma…, i referendum saranno pure importanti, ma…, il suffragio universale non si tocca, ma… siamo sicuri che il voto di un qualunque tizio privo di cultura debba valere quanto il nostro? E su questioni così complesse, poi! E via sproloquiando. Dopo aver distrutto la scuola pubblica se la prendono con l’ignoranza del popolo. Dopo aver smantellato le concentrazioni operaie, dopo aver annichilito i partiti, dopo aver dichiarato che ogni ideale di eguaglianza (anzi,  ogni  e  qualsiasi  ideale) è pericoloso, hanno il coraggio di lamentarsi del populismo.

Print Friendly, PDF & Email

blackblog

Un appello all'insurrezione

Legge el-Khomri: Per un movimento di lotta al'altezza dello scandalo

di Benoit Bohy-Bunel

khomri4Se i diritti dei lavoratori vengono messi in discussione, il movimento di contestazione sociale che denuncia questa sfida deve confrontarsi con un problema di ordine teorico e strategico.

Cosa significa? Le leggi come la legge El Khomri sono soprattutto ricche di insegnamenti. Il sistema che mette al primo posto finalità quali la "crescita", la "produttività", la "competitività", se garantisce che una legalità che permetta il suo funzionamento non esclude la negazione degli interessi vitali della classe lavoratrice (quella che pure rende possibile, in senso stretto, la creazione del valore), in questo stesso momento fa un'esplicita confessione. In un certo qual modo, ed in maniera paradossale, questo sistema si auto-denuncia. Proclama, spudoratamente, che quel che considera "virtuoso" corrisponde, nei fatti, ad un occultamento del vissuto qualitativo concreto di tutti coloro che fanno "funzionare" la macchina, vale a dire che esso corrisponde a ciò che è scandaloso in sé.

Questa confessione è un'occasione: la classe che detiene il capitale, e lo Stato che ne difende gli interessi, ci offrono il bastone con cui batterli. Un cinismo così chiaro ci fa definitivamente vedere come il sistema non abbia assolutamente niente di "sano" (cosa che il mito dei "Trenta gloriosi" tendeva a farci dimenticare). Un dimostrazione così radicale di disprezzo istituzionalizzato è un appello all'insurrezione.

Print Friendly, PDF & Email

clashcityw

[Francia] Rivoltare l’irreversibile

Una riflessione sugli scioperi francesi e sui nostri compiti

di Clash City Workers

Nuit Debout 4 Paris crowds#PARIGI: Siamo più di un milione!

“Siamo più di un milione, e precisamente un milione e trecentomila”. Questo il messaggio che i lavoratori francesi hanno saputo lanciare a chi – Governo, opinionisti, giornalisti – voleva rappresentare in esaurimento un movimento che da tre mesi blocca settori nevralgici a ripetizione, occupa regolarmente le prime pagine dei giornali e contribuisce al calo vertiginoso dei consensi dell’esecutivo socialista.  Altri momenti di mobilitazione nazionale sono previsti per il 23 ed il 28 giugno, mentre chi prima era a bloccare le raffinerie continua ad impedire il “normale” funzionamento dell’economia, andando a coadiuvare gli operai dei centri di trattamento rifiuti, in sciopero anch’essi. Insomma, nessun ritorno alla pace sociale per la Francia, almeno finché il Governo non ritirerà legge, ora in discussione al Senato.

Poiché il movimento non si è affatto esaurito – come invece fu nel 2010, dopo l’approvazione della legge sulle pensioni di Sarkozy – il blocco dominante non può semplicemente puntare sul suo sfinimento, né solo sulle norme costituzionali di stampo gaullista, che permettono al Governo di bypassare l’Assemblea Costituzionale qualora lo ritenesse opportuno.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Da Napoli una via per la rottura della Ue

Italexit. Relazione introduttiva

di Giorgio Cremaschi

Napoli 1 415x260Sono convinto che in un futuro, speriamo più vicino possibile, ci si chiederà con compassione ed incredulità come sia stato possibile che le decisioni fondamentali del nostro paese, e di molti altri, siano state sottoposte al vaglio ed al giudizio meticoloso di controllori esterni. Come sia stato possibile che un parlamento eletto, seppure con un sistema truffaldino, abbia accettato di rinunciare alla sua sovranità per delegarla ad autorità esterne non elette da nessuno. E soprattutto ci si chiederà come sia stato possibile che le decisioni sul lavoro, sulle pensioni, sulla sanità, sulla scuola, sul sistema produttivo, sulle stesse regole democratiche, siano state prese in funzione del giudizio su di esse da parte di sconosciuti burocrati installati e Bruxelles dalla finanza, dalle banche, dal potere economico multinazionale. Ci si chiederà come sia stato possibile che le generazioni precedenti abbiano rinunciato a decidere sugli aspetti fondamentali della propria vita sociale, economica e politica, accettando il potere quasi assoluto di una entità astratta chiamata Europa. Entità astratta dietro la quale si sono nascosti gli interessi concreti delle élites economiche, delle classi più ricche e delle caste politiche e burocratiche di tutti paesi del continente. Tutte queste élites non avrebbero mai avuto la forza di imporre paese per paese, ognuna direttamente contro il proprio popolo, quella drammatica distruzione delle conquiste sociali e democratiche che oggi stiamo vivendo.

Print Friendly, PDF & Email

socialismo2017

Ritorno al futuro

Mimmo Porcaro, Ugo Boghetta

lenin discorsoUn nuovo fantasma si aggira per l’Europa e per tutto l’Occidente: il fantasma del socialismo capitalista. Come ogni fantasma che si rispetti anche questo è tutt’altro che etereo, magari non trascina catene né ulula, ma non sta certo con  le mani in mano: dal 2007 ad oggi ha sbancato i bilanci pubblici  per riaggiustare i bilanci privati, ha sospeso le sacre leggi della concorrenza salvando tutto ciò che era “troppo grande per fallire”, ha realizzato la più grande socializzazione delle perdite che si ricordi. E infine ha suggerito ai banchieri centrali di tenere in piedi la baracca con un vero e proprio intervento politico sul costo del denaro: politico perché garantito da un soggetto pubblico, e perché contrario alla logica del mercato, seguendo la quale, oggi, si avrebbe la bancarotta generale. Grazie a questo fantasma, non privo di senso del teatro, la ricchezza degli stati  – ossia dei cittadini, il denaro del sovrano, l’intervento governativo, in sintesi la politica pubblica (sempre decisiva anche quando meno visibile) viene messa di nuovo al centro della scena: e già si parla di sollecitare gli investimenti di stato come unico antidoto alla stagnazione. Tutto ciò proprio quando in Occidente circola solo il linguaggio liberista.

E’ per nascondere questa contraddizione tra liberismo a parole e interventismo di fatto che chi ha evocato il fantasma deve anche affrettarsi ad esorcizzarlo, nascondendolo e tacendone. Qualcuno lo fa perché, a furia di ripetere i mantra sul magic of the market, è arrivato a convincersene davvero. Qualcun altro lo fa perché non vuole sottomettersi ad apparati di stato di cui pure ha bisogno.

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

Huck, Ishmael e la guerra di classe

di Sandro Moiso

Bill Ayers, Fugitive Days. Memorie dai Weather Underground, DeriveApprodi 2016, pp. 336, € 22,00

weatherman days of rage chicago october 9 1969Bill Ayers racconta la vicende di un pugno di ragazzi e di ragazze che volevano fare la rivoluzione.

Ci mette sotto gli occhi il diario del tentativo, messo in atto da un gruppo di giovani incoscienti e coraggiosi, di portare la guerra fin nel cuore dell’Impero, quando negli Stati Uniti d’America, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, alcuni militanti della sinistra radicale dichiararono ufficialmente guerra al mostro imperialista. Mentre, allo stesso tempo, ci narra la storia della ricerca collettiva di un altro mondo, di un’altra vita e di altre esperienze, sulle orme di Huckleberry Finn e di Ishmael, l’io narrante di “Moby Dick”.

L’autore oggi settantunenne, militante e fondatore dell’organizzazione clandestina dei Weather Underground, ci regala una delle più belle autobiografie scritte da un rivoluzionario. Epica, commovente, a tratti divertente ed ironica, ma mai, assolutamente mai, segnata da qualsiasi forma di autocompiacimento o, al contrario, dalla resa incondizionata alle ragioni del nemico. Anzi, il testo brilla proprio per la capacità del narratore di sollevare più di una critica nei confronti della pratica, militare ed ideologica, dei Weathermen, senza per questo slittare nel rifiuto della militanza rivoluzionaria o dell’azione diretta.

Print Friendly, PDF & Email

euronomade

Francia: 4 ipotesi sulla macchina tempo del 37 marzo

di Marco Assennato

france retire 231. Uno squarcio, un evento.

È passato ormai più di un anno da quando scrivemmo che dopo i primi attentati terroristici a Parigi, si stava producendo un evento nei corpi sociali francesi: una finestra che mostrava un collettivo eccedente le sue determinazioni e che era in qualche misura urgente da tradurre in termini politici per evitarne unrecupero identitario e reazionario. Lo dicemmo in quello strano isolamento che accade quando ci si trova in mezzo a 4miloni di persone eppure inascoltati tra i commenti. Proliferavano allora analisi sulla componente bianca, non periferica, eurocentrica – per non dire degli esercizi di semiotica su chi era chi e chi non era Charlie. Insomma da una parte si mostrava uno spazio politico irriducibile alla spirale neoliberismo armato-terrorismo e dall’altra un doppio discorso declinato in storpiati vocabolari post-colonial e nell’oscena rappresentazione dei potenti del mondo. Si annunciarono così, lo Stato d’Emergenza e la stretta securitaria del governo. Eccoci: fino ad oggi quelle voci tacciono, o balbettano. Perché, diciamolo subito, in questa nuova esplosione democratica che attraversa la Francia, la composizione è stata, dall’origine, abbastanza classica. Operai e studenti uniti nella lotta che resistono ad una proposta di ristrutturazione del codice del lavorosalariato. Se non trovassi osceno e stupido il metodo direi: anche i Licei e le Università, sono “bianchi” e senza banlieues. Ma dov’è la whitenessin Francia? Erano forse bianchi i 4 milioni dell’11 gennaio 2015?

Print Friendly, PDF & Email

militant

Il significato della supremazia bianca oggi

Racconto della conferenza di Angela Davis

di Militant

davis«Non sono più iscritta al partito comunista, ma sono ancora comunista». Questa una delle affermazioni di Angela Davis durante la lezione magistrale che ha tenuto lunedì scorso all’Università di Roma Tre. Parole decise, prive di ipocrisia e senza toni attenuati, pronunciate in risposta all’intervento polemico del germanista Marino Freschi, che – e la frecciatina anticomunista nelle sue affermazioni era palese – evidenziava i rapporti di Davis con Erich Honecker, segretario della Sed (il partito comunista della Repubblica democratica tedesca) e poi presidente della Ddr, e l’esistenza di una foto che la ritrae con sua moglie Margot. La foto in questione, che vede anche la presenza della cosmonauta sovietica Valentina Tereshkova, è del 4 agosto 1973, pochi giorni dopo la morte di Walter Ulbricht, fino ad allora presidente della Ddr con pochi poteri effettivi: Freschi non ha potuto fare a meno di fare un po’ di polemica, dicendo che Honecker aveva tenuto nascosta questa morte perché allora nella Ddr non si poteva dire la verità. La dichiarazione di Davis di essere ancora comunista e l’affermazione precedente sulla possibilità di un futuro socialista («Non solo perché non ci sono più paesi socialisti dobbiamo pensare che non ci sarà più un mondo socialista in futuro», ma andiamo a memoria) assumono, in questo contesto ufficiale, ancora più valore.

Queste parole, infatti, sono state pronunciate da Davis nell’aula magna della facoltà di Lettere dell’Università di Roma Tre, nel corso di un incontro ufficiale organizzato dall’istituzione universitaria. Le cinquecento poltrone dell’aula non sono bastate a contenere tutto il pubblico, composto in gran parte di compagne e compagne, e molti si sono seduti a terra o sono rimasti in piedi.