Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Decima parte. I profsojuz durante la NEP: il settore socializzato (parte II)

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fCi eravamo lasciati con Vladimir Il’ič, ripartiamo da lui. Guarda caso subito dopo aver rimesso i paletti tolti in tempo di guerra civile e comunismo di guerra, parla del diritto di sciopero nelle aziende nazionalizzate. Il suo è un capolavoro di EQUILIBRIO tra dovere di rappresentanza sindacale e senso di responsabilità nei confronti della nuova collettività di cui si fa parte, lo Stato degli operai e dei contadini:

Finché ci saranno le CLASSI, la LOTTA DI CLASSE sarà inevitabile. L’esistenza stessa delle classi sarà inevitabile, nel periodo di TRANSIZIONE dal capitalismo al socialismo, e il programma del PCR afferma in modo inequivocabile che noi siamo solo AI PRIMI PASSI DI QUESTA TRANSIZIONE.

Per questo sia il partito comunista, sia i soviet, così come i sindacati, devono riconoscere apertamente l’esistenza della lotta di classe e la sua inevitabilità, almeno fino a quando, fosse anche solo nelle sue linee fondamentali, non sarà completata l’elettrificazione dell’industria e dell’agricoltura e, con essa, saranno completamente sradicati (подрезаны все корни) gli interi comparti della piccola imprenditoria e del commercio. Da ciò discende che, allo stato attuale, NON POSSIAMO IN ALCUN MODO ESIMERCI DAL LOTTARE SCIOPERANDO, e NEPPURE CONSENTIRE LA PROMULGAZIONE DI UNA LEGGE che LO SOSTITUISCA OBBLIGATORIAMENTE con un TAVOLO DI MEDIAZIONE STATALE.

D’altro canto, è evidente che l’obbiettivo finale della lotta tramite sciopero nel capitalismo è la distruzione dell’apparato statale e il rovesciamento di quel potere statale in mano alla borghesia. IN UNO STATO PROLETARIO DI TRANSIZIONE come il nostro, invece, L’OBBIETTIVO FINALE DELLA LOTTA TRAMITE SCIOPERO non può che essere il RAFFORZAMENTO DELLO STATO PROLETARIO ovvero DEL POTERE STATALE IN MANO AL PROLETARIATO, per mezzo di una LOTTA SERRATA CONTRO LE DISTORSIONI BUROCRATICHE DI TALE STATO, CONTRO I SUOI ERRORI, LE SUE DEBOLEZZE, GLI APPETITI DI CLASSE DEI CAPITALISTI CHE SFUGGONO AL SUO CONTROLLO, ECCETERA1.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Nona parte. I profsojuz durante la NEP: il settore socializzato (parte I)

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fTorniamo ai nostri profsojuz e alla loro duplice funzione in questa fase. Oltre a far venire i sorci verdi al nepman NEL SETTORE PRIVATO, erano presenti anche NEL SETTORE PUBBLICO per con un ruolo decisamente più attivo.

Aziende, quelle socializzate negli anni precedenti, che volenti o nolenti erano coinvolte in un altro tipico frutto della NEP: il cosiddetto “calcolo economico” (chozjajsvtennyj razčët da cui la contrazione chozrazčët хозразчёт), che non è solo “bilancio” e basta, ma tutto ciò che a esso concerneva, in un’ottica di crescente “autonomia finanziaria”: ciascuna unità produttiva, piccola o grande che fosse, doveva essere in grado di stare in piedi da sola, dovendo progressivamente fare a meno di sovvenzioni, aiuti economici esterni e, per farlo, doveva avere anzi tutto un bilancio non in perdita e, prima ancora... un bilancio fatto come si deve.

A tutto questo, però, si arrivò PER GRADI e NON SENZA CONFLITTO FRA LE PARTI. Il passaggio delle aziende allo chozrazčët, all’autonomia di bilancio, mise tutti di fronte a un guado, al classico “Hic Rhodus, hic salta!”, profsojuz compresi. Uno dei primi passaggi critici fu proprio LO STESSO ENTRARE in questa nuova visione, ovvero di-visione dei compiti.

SI PROVENIVA DA UN COMUNISMO DI GUERRA, QUINDI EMERGENZIALE dove l’importante era

- restare in piedi, non importa come

- regolare conti in qualsiasi maniera, in natura, in soldi, sulla parola, bastava raggiungere l’obbiettivo primario di cui sopra;

- che quei pochi rimasti in fabbrica (ovvero non deceduti, ovvero non impegnati al fronte, ovvero non tornati nelle campagne... dove un po’ di boršč lo si rimediava sempre e si faceva meno fame che nelle città), fossero in grado di “fare tutto” (e lo facessero poi per davvero! ARRANGIANDOSI, nel bene o nel male… ma lo facessero!).

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Ottava parte. I profsojuz durante la NEP: il settore privato

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fGli anni che seguirono videro il sindacato schierato su nuovi fronti. La NEP aveva abolito le requisizioni ai contadini, introdotto la tassa in natura e permesso nuovamente il commercio privato, con conseguente ripristino di un’economia monetaria, insieme al reingresso in economia sia del capitale privato nazionale, incarnato nella figura del nuovo borghese, il nepman, che di quello straniero.

In tale contesto il graduale, progressivo, ripristino di un’economia sofferente in tutti i suoi settori e affamata di investimenti, si collocavano all’interno di un modo di produzione sostanzialmente capitalistico, seppur “di Stato” e fortemente orientato dalla volontà politica del partito comunista di dirigere, indirizzare, condizionare l’andamento socio-economico con tutti i mezzi e le proprie capacità di azione e mobilitazione (SOPRATTUTTO la LOTTA DI CLASSE, per esempio completamente assente nel capitalismo con caratteristiche cinesi, a cui spesso questo periodo si accosta per analogia), lungo l’asse di una transizione e trasformazione continue, orientate a gettare le basi e far crescere sino ad allora i germogli di quel modo socialistico di produzione da esso auspicata.

E in un modo capitalistico di produzione, in un modo dove si riapriva alla possibilità di investire sia da parte del capitale privato, il nepman, che di quello straniero, anche la DIALETTICA CAPITALE-LAVORO, che come abbiam visto nel corso della Guerra civile e del Comunismo di guerra a qualcuno era parsa un termine ormai superato, anacronistico, tornava ora in auge.

Contestualmente a tale “ritorno”, anche la lotta di classe e, al suo interno, la questione salariale, assumevano di nuovo una sempre maggiore importanza: in tale quadro, anche i profsojuz tornavano a giocare NON SOLO un ruolo economico chiave, in quanto luogo deputato alla definizione e risoluzione di dinamiche contrattuali e rivendicazioni salariali, MA ANCHE un ruolo politico estremamente importante, mantenendo quella funzione mobilitante, costruttiva, NON SEMPLICEMENTE TRADUNIONISTICA, bensì ORIENTATA, MEGLIO, PROIETTATA VERSO LA COSTRUZIONE DEI PRESUPPOSTI (sia in termini di dotazione di risorse, che di costruzione di competenze) PER LA TRANSIZIONE AL MODO SOCIALISTICO DI PRODUZIONE.

Print Friendly, PDF & Email

lospiteingrato.png

Adriano Prosperi, Cambiare la storia

di Gabriele Talami

Adriano Prosperi, Cambiare la storia. Falsi, apocrifi, complotti, Torino, Einaudi, 2025

71CYFmjt80L. AC UL600 SR600600 .jpgAdriano Prosperi, storico italiano di formazione modernista, nel suo ultimo saggio Cambiare la storia, edito da Einaudi, affronta gli aspetti principali relativi all’arte di falsificare la storia. In questo viaggio attraverso varie epoche l’autore accompagna il lettore indagando gli aspetti, i contesti e le motivazioni che portano alla nascita di un falso storico. Nella breve premessa sono attenzionati alcuni aspetti della cancel culture, una tendenza sorta negli ultimi anni e approfondita in particolare dagli storici di World History. Secondo Prosperi questa visione, sulla carta tesa a migliorare la storia umana epurandola da violenze passate e personaggi sgraditi, oltre a semplificare la realtà ha di fatto trasformato il ruolo dello storico in quello di giudice. Se, come sosteneva già Aristotele, il passato non può essere modificato, è un’operazione mentale contorta e rischiosa giudicare il passato con gli occhi del presente.

Figure del calibro di Cristoforo Colombo e Winston Churchill hanno compiuto quelle che noi, in base alle nostre sensibilità odierne in materia di parità e diritti, senza alcun dubbio riteniamo essere atti razzisti e nefasti. Questa forma mentis conduce inevitabilmente alla cosiddetta “civiltà di vergogna” che, ignorando il dato storico, vuole colpevolizzare l’Occidente cercando di relegare all’oblio le tracce meno nobili del suo passato. Nel primo capitolo di Cambiare la storia Prosperi affronta quello che è ritenuto universalmente il falso di maggior successo e durata nella storia, ovvero la donazione di Costantino. Secondo quanto affermato dal documento, nel 315 d.C. l’Imperatore Romano Costantino, guarito dalla lebbra in seguito al battesimo cristiano elargito da parte di Papa Silvestro I, avrebbe in segno di riconoscenza donato al vescovo di Roma la parte occidentale dell’Impero.

Questo dono fece seguito alla conversione di Costantino nel 312 d.C., in un periodo in cui solo una parte minoritaria degli abitanti dell’impero era di fede cristiana. Se come affermava Paul Veyne l’audace conversione dell’imperatore fu un avvenimento decisivo in grado di spostare il baricentro della storia mondiale, la falsa donazione ebbe un peso considerevole nell’espansione territoriale e nel potere temporale della Chiesa.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Settima parte. Idee di transizione (e di profsojuz) a confronto: il dibattito sui sindacati

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fQuella propugnata da Lenin non era l’unica concezione di sindacato, all’interno del variegato e vivace mondo bolscevico di allora. Vale la pena rammentarlo, se non altro perché già all’epoca notiamo non tanto una diversità di progetto rivoluzionario, su cui peraltro si spesero in passato fiumi di inchiostro (e di rispettivi, a ben vedere poco “rivoluzionari”, mali di fegato e polemiche assortite), quanto di MUTAZIONE DEL RUOLO STESSO DEL SINDACATO IN FUNZIONE DEL PROGETTO RIVOLUZIONARIO CONSIDERATO.

PRESTIAMO ATTENZIONE A QUESTO PASSAGGIO, PERCHÉ È MOLTO, MA MOLTO ATTUALE. Alla luce del fatto che oggi, 2025, non esiste alcun “progetto rivoluzionario”, all’interno di una ancorché minima “teoria della transizione” al socialismo.

“Le nozze non si fanno coi fichi secchi”, recita un antico adagio popolare, preso a scusa da chi avrebbe continuato (e qualcuno di questi “difensori” continua tutt’ora!) a guardare alle “condizioni oggettive” che rendevano “storicamente necessari” venti, trenta, quarant’anni di NEP (ma volendo anche un secolo intero!) durante il quale un MODO CAPITALISTICO di produzione impiegato in maniera STATALISTICA E DIRIGISTICA avrebbe portato un Paese a essere la prima potenza industriale al mondo… “MA NON ANCORA PRONTO PER LA TRANSIZIONE AL SOCIALISMO” (Marx scriveva Gotha un secolo e mezzo fa… ma pazienza… era un “profeta”).

Questa è stata l’excusatio non petita che, storicamente, e a partire dai partiti comunisti ancora al potere, si sollevò all’epoca. Nessuno, dopo Tian’an men, disse più nulla. Ed è da oltre trent’anni che “non importa che il gatto sia nero o bianco, se acchiappa i topi è un bravo gatto” (不管黑猫白猫,捉到老鼠就是好猫)1. N’est-ce pas?

Oltremuraglia, peggio che andar di notte. Caduto infatti il Muro, caduta l’URSS… “ANDAVA BENE COSÌ”, GATTI BIANCHI, GATTI NERI, TOPI, ANDAVA BENE TUTTO, CARA GRAZIA CHE C’ERA ANCORA QUALCOSA CHE SI MUOVEVA, che non tutto era perduto…

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Sesta parte. I profsojuz durante la guerra civile

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fL’inasprimento  ulteriore del conflitto portò all’azione congiunta delle classi spodestate e degli imperialisti stranieri, ovvero dell’esercito dei “bianchi” e di quelli stranieri, fino alla guerra civile dei primi e all’invasione imperialistica dei secondi.

Tutto questo non poteva non ripercuotersi anche sulla politica economica del giovanissimo governo dei Soviet: la nazionalizzazione di grande industria, banche e infrastrutture fu il passo logico successivo.

In tale contesto, i profsojuz furono costretti a cambiare nuovamente obbiettivi e strategie:

- da un lato, la lotta per il controllo operaio sulla produzione DIVENNE la lotta

1. per l’OCCUPAZIONE FISICA delle fabbriche e

2. per la DIFESA ANCHE ARMATA DEL POSTO DI LAVORO;

- dall’altro, la nazionalizzazione della grande industria portò a un’ULTERIORE RIDEFINIZIONE DI RUOLO E MANSIONI del sindacato in quei luoghi, dal momento che la controparte era sparita, non c’erano più i padroni.

Quanto appena affermato si ripercosse sull’aumento dell’autogestione operaia: nel 1920, il 63,5% delle industrie del Paese dei Soviet era a completa direzione operaia1.

In particolare, il 100% di gestione operaia si aveva nel settore dei trasporti, dove i profsojuz furono incaricati della gestione e risoluzione di un problema di cruciale importanza, nonché estremamente complesso: approvvigionamento materiale e rifornimento su più versanti, dalle campagne alle città e viceversa, dalla produzione ai fronti militari e viceversa.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

 Quinta parte. Il controllo operaio della produzione

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fL’illustrazione qui sotto ritrae il capolavoro di Ivan Dmitrievič Šadr (1887-1941): “La pietra è l’arma del proletariato” (Булыжник - оружие пролетариата, 1927): inizialmente gesso, trasformato poi in bronzo, nello stile a noi familiare, “classico”, appreso dall’Autore a Parigi e a Roma, un po’ Discobolo e un po’ David, questo operaio compie un gesto magnifico, nel vero senso etimologico del termine.

A gran parte degli osservatori sfuggono le dimensioni di questa roccia, piegata, staccata dalla nuda terra e pronta per essere scagliata contro gli oppressori. Vale, quindi, la pena guardare la scultura anche da un’altra angolatura, decisamente più rivelatrice: da un lato, il macigno strappato dalla nuda terra costringe il corpo a torcersi all’indietro, le braccia a tendersi oltremisura nell’immane raccolta, tutti i muscoli a contrarsi nello sforzo; dall’altro lo sguardo, non più armonicamente piegato nel senso del movimento di torsione, come nel Discobolo, si alza, meglio, “si solleva” come la classe operaia oppressa, punta dritto davanti a sè, sicuro, senza paura, determinato a scagliare quel macigno addosso al nemico di classe. Siamo già oltre il Discobolo: il macigno si sta staccando, il vincolo che teneva la molla in tensione è stato tolto e la scarpaccia ferma, puntata in avanti, non solo fa da puntello all’operaio nel suo immane compito, ma già proietta, come una molla, per l’appunto, l’intera figura oltre la barricata nemica. Non importa che quel macigno l’abbia a malapena staccato da terra; io, con la testa, son già là dove deve andare! Da qui l’idea, la filosofia di fondo alla base di questa scelta autoriale: non più la potenza fine a sé stessa, raccolta, massimizzata nella torsione, ma che PRELUDE all’atto, come nel Discobolo classico, ma la potenza che DIVENTA GIÀ atto, insurrezione, Rivoluzione.

Col senno di poi, esiste anche un’altra lettura, ex post per l’appunto. La sproporzione fra l’operaio minuto, “tutto nervetti e muscoletti”, come un mio amico amava definire il fisico à la Bruce Lee, e quel mastodontico sampietrino che pare già un’impresa staccare da terra, oggi ci suggerisce anche la sproporzione fra compito da svolgere dalla classe operaia russa e risorse a essa a disposizione, ovvero l’immane problema che quegli operai erano chiamati a risolvere.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Quarta parte. Dal 1905 al 1917

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fTorniamo ai nostri sindacati russi di inizio Novecento. Alla luce di quanto esposto, è ora più chiaro il passaggio dei profsojuz verso la partijnost’ in favore dei rivoluzionari russi, pur mantenendo una neutralità operativa, ovvero non perdendo mai di vista i loro riferimenti primari e principali, i lavoratori, fossero o meno iscritti al partito.

Sin da subito fra sindacalisti e rivoluzionari fu alleanza vera e propria contro lo zarismo. Dichiarando lo sciopero generale durante l’insurrezione del 1905, i sindacati misero in crisi l’intero apparato statale, ivi compresa la repressione e la propaganda: anzi, non solo non uscivano i giornali di regime, ma erano gli stessi tipografici a stampare i fogli rivoluzionari. Non da ultimo, i sindacati parteciparono attivamente alla vita dei primi Soviet1.

In questo rapporto di reciproca intesa e scambio, anche altri partiti provarono a inserirsi: le altre formazioni di sinistra, per esempio, piuttosto che lo stesso partito cadetto. Tuttavia, i tentativi dei primi di creare “doppioni” del rapporto allora in essere, così come quelli dei secondi di portare la dialettica politica-sindacato al di fuori della lotta di classe, in un momento come quello di fortissimo inasprimento del conflitto, erano entrambi destinati a non incidere minimamente sul corso generale degli eventi. Eventi che, per l’appunto, dopo e nonostante la fallita rivoluzione del 1905, vedevano sempre più uniti nella lotta socialdemocratici e sindacati.

Anni difficili, quelli che seguirono, anzi tragici per il movimento sindacale russo: la reazione segnò significativi successi, con centinaia di sedi sindacali chiuse e sgomberate, scioperi sconfitti dalle serrate padronali e dispersione di iscritti e militanti.

Il POSDR reagì a quella formidabile ondata repressiva accettando frontalmente lo scontro. In una circolare del CC datata 11 febbraio 1908 e indirizzata ai propri iscritti sindacalisti con delle linee guida per l’azione, invocava maggiori antagonismo, rafforzamento e radicamento sul territorio, nonché la sostituzione il più possibile immediata delle posizioni lasciate vacanti dai compagni arrestati o dalle chiusure forzate delle sedi.

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

György Lukács, un’eresia ortodossa / 5 – Sul filo del tempo

di Emilio Quadrelli

rivoluzione repubblica.jpgLa lettura del conflitto di classe non avviene stilando una statistica al fine di individuare il punto medio della conflittualità ma osservando e facendo proprie le istanze strategiche che provengono dalle punte avanzate della classe. Su ciò si plasma la tattica cosciente del partito. Dalla prassi d’avanguardia della classe al partito dell’avanguardia di classe al fine di riversare e generalizzare in questa, quella tendenza. Il partito, quindi, non si accoda semplicemente alla lotta di classe, non si limita a portare solidarietà a questa, cosa che può fare chiunque, e neppure, come le letture burocratico-organizzative di Lenin offrono, si limita a porsi alla testa delle lotte. Certo, il partito solidarizza con la lotta e cerca di prenderne la direzione ma perché? A qual fine? Qui sta il nocciolo della questione. Il partito deve, soprattutto, trasformare coscientemente quella lotta in qualcosa che sta nella lotta ma solo in potenza. Non ha senso prendere la direzione di qualcosa che rimane in potenza, ma lo ha se questo prendere la direzione vuol dire realizzare la potenza. Detta in altre parole la tattica del partito mette la classe nella condizione di compiere un salto nell’elaborazione della strategia. In altre parole il partito più che prendere la testa del movimento è la testa del movimento. Facciamo un esempio: nel 1905 le masse organizzano una dimostrazione la quale, come noto, sfocia nel sangue e in seguito a ciò, in piena spontaneità, iniziano a battersi. Il partito sicuramente solidarizza con la lotta e cerca di mettersi alla testa di questo movimento, ma fare questo significa operare per far fare un salto qualitativo a quanto sta andando in scena. Questo salto è l’indicazione pratica dell’insurrezione quindi, di fatto, essere la testa del movimento. Dalla classe al partito, dal partito alla classe. Il partito non si è inventato nulla, non fa nulla, esso agisce come elemento cosciente e d’avanguardia dentro il punto più alto della conflittualità di classe. Ecco che, in quel momento, tutto il suo lavoro preparatorio emerge in maniera cristallina. Ma, una volta fatto ciò non è che all’inizio del suo lavoro perché la stessa pratica dell’insurrezione non farà altro che dare vita e forme qualitativamente diverse alla strategia della classe e inevitabilmente ciò porterà a una nuova lettura della strategia di classe e a una successiva rielaborazione della tattica di partito.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Terza parte

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fCari compagni,

ci eravamo lasciati nell’ultima puntata dopo aver abbozzato un collocamento del caso sovietico all’intesto di un contesto mondiale laddove, il caso cinese, rappresentava un caso decisamente “limite” di “importazione” del marxismo.

Restando nella metafora dei trasporti, ogni volta che “esportiamo” non uno spinterogeno, ma qualcosa di immateriale, dotato di un significante e di un significato, si pone il problema della sua “traduzione”, “importazione”, “selezione e adattamento”, “rielaborazione”. ANCHE IN UN CONTESTO COSÌ VICINO AL NOSTRO COME QUELLO RUSSO-SOVIETICO.

Si badi, questo “vicino” non ha alcuna intenzione provocatoria. Avendo passato ormai la maggior parte della mia vita, trenta su cinquanta grosso modo, a manipolare concetti di culture lontane diecimila chilometri da noi, il leggendario cinese wan li 万里, diecimila li, ogni volta che ritrovo “Gente del Libro”, come la chiamano i fratelli musulmani, ritrovo anche i binari noti del mio pensiero, del mio modo di vedere il mondo.

Ciò nonostante, paradossalmente forse per questa vicinanza, quando SI “ESPORTA” O SI “IMPORTA” QUALCOSA, spesso SI DÀ TROPPO PER SCONTATO CHE IL RICETTORE O IL MITTENTE SIA ESATTAMENTE SINTONIZZATO SULLE NOSTRE LUNGHEZZE D’ONDA. E così non è. Vale per i nostri traduttori di Lenin, ma valeva anche nel senso contrario.

L’obiezione è sempre la stessa: “epperò, non possiamo mica mettere una nota a piè pagina ogni due righe”. Giusto. Appesantisce il testo. Allora che facciamo, tagliamo con l’accetta? Semplifichiamo? Traduciamo pravda e istina sempre come “verità”, partijnost’ come “partiticità” e chi s’è visto s’è visto? Oppure, peggio ancora, le lasciamo in russo e cavoli di chi legge?

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Seconda parte: Il 1905: chiave di volta e detonatore di cambiamenti epocali

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8f"Cari compagni,
a distanza di tre anni riparto con la pubblicazione di questo lavoro, prima puntata qui
https://sinistrainrete.info/storia/22349-paolo-selmi-skola-kommunizma-i-sindacati-nel-paese-dei-soviet.html
interrotto a seguito dell'inizio della SVO.

Era già stato completato, e pubblicato integralmente su academia.edu e a puntate su resistenze.org.

In realtà, quanto segue rappresenta un inedito, a distanza di tre anni, dal momento che ogni puntata, e saranno tante, oltre dieci sicuramente, sarà rivista prima di QUESTA sua pubblicazione su sinistrainrete. E, come in questo caso, RISCRITTA E AMPLIATA, per esigenze di chiarezza espositiva su concetti tutt'altro che semplici. Questo, naturalmente, senza togliere una virgola dalle cronache e dagli aggiornamenti sulla SVO. Cercherò di sistemare una decina di cartelle alla settimana e inviarle alla redazione. Dovessi saltare una settimana, chiedo scusa in anticipo. Grazie a tutti. Con saluti comunisti,
Paolo Selmi"

* * * *

La domenica di sangue e la sconfitta militare contro i giapponesi contribuirono al crollo verticale di credibilità del regime zarista, da un lato, e all’aumento contestuale della stessa su quel versante opposto di recente formazione (perché allora, a differenza di oggi, c’era un “versante opposto”).

Dal punto di vista sindacale, notiamo che la sempre maggiore differenziazione non teorica (dal momento che anzi, al contrario, scioperi alimentavano manifestazioni e manifestazioni alimentavano scioperi), ma operativa fra istanze politiche, rappresentate dal POSDR, e istanze economiche rappresentate sino ad allora “in supplenza” dallo stesso POSDR, rese finalmente necessaria la creazione di un’istituzione sociale a esse preposta, il sindacato ovvero, alla russa: l’unione (sojuz) operaia (rabočij) delle professioni (professional’nyj, che nell’inversione di ordine fra aggettivi e sostantivo è профессиональный рабочий союз), da cui l’abbreviazione profsojuz1.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Dalla Resistenza alla Rivoluzione: la via esclusa

di Eros Barone

partigiani 22314.jpg1. La “rivoluzione senza rivoluzione”1: il caso italiano

Nella primavera del 1943 gli operai di Torino presero l’iniziativa di un possente movimento di sciopero che si estese anche a Milano e a Genova, coinvolgendo più di centomila lavoratori. La sconfitta tedesca a Stalingrado, lo sbarco angloamericano in Sicilia, gli scioperi operai del Nord fanno comprendere ai gruppi dirigenti della borghesia italiana che è giunto il momento di sbarazzarsi di Mussolini e di rifugiarsi sotto l’ala protettrice degli Alleati. Nel contempo, il loro principale obiettivo è quello di prevenire uno sbocco rivoluzionario della crisi del regime, mentre il governo Badoglio mostra fin da subito la sua vera faccia, repressiva e antipopolare.

In una circolare governativa del governo Badoglio (definito con giusto disprezzo “governo dei Fu”) – la tristemente nota “circolare Roatta” del 26 luglio 1943 - si dànno le seguenti istruzioni, che saranno fedelmente applicate dall’esercito nella repressione sanguinosa dei moti popolari che esplosero nel periodo dei “quarantacinque giorni” (25 luglio 1943 – 8 settembre1943): «Ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine […] Le truppe procedano in formazione di combattimento, aprendo il fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria, senza preavvisi di sorta, come se si procedesse contro il nemico. Non si tiri mai in aria, ma colpire come in combattimento, e chiunque, anche isolatamente, compia atti di violenza contro le forze armate venga immediatamente passato per le armi.» 2

La storia subisce una forte accelerazione: i partiti antifascisti e i sindacati ritornano alla legalità, mentre si moltiplicano gli scioperi in cui si esige la liberazione dei detenuti politici. Nelle fabbriche si costituiscono per elezione le commissioni operaie (i primo organi elettivi che sorgono in Italia dopo la caduta di Mussolini). Frattanto i tedeschi che già avevano sette divisioni in Italia ne inviano altre 18, occupando di fatto il Nord e il Centro del paese senza che il governo Badoglio prenda alcuna misura difensiva.

Print Friendly, PDF & Email

tempofertile

Howard Zinn, Storia del popolo americano

di Alessandro Visalli

800px Howard Pyle The Burning of Jamestown.jpgPremessa

Howard Zinn, nato nel 1922 e morto nel 2010, è stato uno scrittore radicale americano newyorkese di inclinazioni socialiste libertarie e provenienza da una famiglia di immigrati ebrei europei (dall’Austria e dalla Siberia). Dagli anni Sessanta prese parte attivamente al movimento per i diritti civili, sia nel ruolo di docente di storia sia in quello successivo di docente di scienze politiche. Prese posizioni coraggiose e personalmente costose contro la discriminazione razziale e la guerra del Vietnam[1].

Il suo testo più famoso, Storia del popolo americano da 1492 a oggi[2], è uno straordinario affresco dell’intera storia degli Stati Uniti, fino ai primi anni di Bush junior, descritta sotto il profilo della storia popolare. Ovvero della storia delle lotte e mobilitazioni popolari e delle diverse forme di oppressione che sono state praticate nella storia del paese. È quindi, e soprattutto, una storia dei dispositivi di controllo sociale e di formazione e dominio delle élites e di formazione e sfruttamento di sempre nuove ineguaglianze e colonie interne. Anzi di controllo proprio rendendo funzionali le ineguaglianze interne tramite il sistematico spostamento su altro della natura economica di queste.

 

La “scoperta”

La storia prende ovviamente le mosse dai viaggi di Colombo, soprattutto del secondo viaggio la cui complessa organizzazione e l’alto costo (ben 17 navi) rendeva necessario garantire l’immediato profitto. Ovvero, chiaramente, aprire un canale di approvvigionamento di schiavi e oro. Colombo tenta di adempiere al mandato, in un paese ricchissimo di risorse naturali ma non sviluppato in senso occidentale, soprattutto garantendo i primi. E quindi occupando militarmente Haiti, che viene selvaggiamente sfruttata e nella quale si attua in poco meno di un secolo un vero e proprio assoluto sterminio. Una popolazione locale stimabile in 250.000 abitanti viene ridotta praticamente a zero, grazie a uno spietato ipersfruttamento in piantagioni intensive.

Print Friendly, PDF & Email

officinaprimomaggio

La giornata del ricordo nell’era Meloni

di Sergio Fontegher Bologna

foibe.jpgQuesta storia delle foibe, che la “giornata del ricordo” ci ripropone con cadenza annuale, ha almeno il merito di farci riscoprire la centralità delle politiche della memoria, diventate ormai componente essenziale del conflitto sociale, antifascista e anticapitalista. Per questo abbiamo ritenuto di poter riproporre uno scritto di Sergio Fontegher Bologna di due anni fa, apparso sul sito del Centro per la Riforma dello Stato (che ringraziamo anche per la foto). In quel pezzo si invitava a “spostare il terreno di scontro”, dalle vicende specifiche del confine orientale al tema centrale, da cui tutto, Shoah compresa, era partito: la guerra mondiale e la scelta del fascismo di aggredire popoli che per l’Italia non rappresentavano nessuna minaccia: francesi, tunisini, iugoslavi, albanesi, greci e infine russi. Di aggredirli, di invadere le loro terre, solo per fare un favore a Hitler. Ma non basta, di aggredirli senza armamenti ed equipaggiamenti adeguati, per cui le abbiamo beccate ovunque di santa ragione. Un’intera generazione mandata al massacro da un dittatore irresponsabile. E’ una storia che, a pensarci, fa ancora accapponare la pelle e che rende grottesca ogni manifestazione di militarismo, simile a quelle che danno voce alle paternali dei generali italiani in servizio, pronti ad ammonire i giovani di oggi che “occorre essere pronti alla guerra”.

Quest’anno cade l’ottantesimo della Liberazione, del 25 aprile. Ecco un bel banco di prova per la politica della memoria. Speriamo che non sia solo martirologio ma si possa rivendicare con orgoglio di aver fatto fuori qualche criminale in camicia nera o in divisa da SS.

Print Friendly, PDF & Email

berlin89

Gli Ebrei della Palestina Sovietica, una storia poco conosciuta

di Paolo Molina

conferenza evian .jpgNel 1928 le prime famiglie ebraiche iniziarono a trasferirsi nel bacino del fiume Amur e ad accamparsi nelle vicinanze del piccolo villaggio di Tikhonkaja (alla lettera “Posto quieto”). Gradualmente trasformarono quel posto in Birobidzhan, (città a 8.200 chilometri ad est di Mosca), che diventò il capoluogo della Regione autonoma ebrea (lo è ancora oggi, con i suoi 74 mila abitanti).

L’unico modo per gli ebrei per fuggire dal nazismo era abbandonare l’Europa e "per poter lasciare il continente, gli ebrei dovevano fornire prove per l’emigrazione, che poteva essere un visto straniero o un biglietto navale valido". Documenti che erano difficili da ottenere dopo la Conferenza di Évian del 6 luglio ’38, quando 31 paesi su 32, compresi Canada, Australia e Nuova Zelanda, rifiutarono di ospitare altri immigrati ebrei avendo stabilito quote molto rigide.

Durante la Conferenza i paesi invitati sembravano simpatizzare per la causa ebraica, ma non fu presa decisione alcuna.

La Conferenza di Évian era stata voluta dagli Stati Uniti di Roosevelt, per discutere la questione dei rifugiati ebrei e la critica situazione del numero crescente di rifugiati ebrei in fuga dalla Germania nazista, con la speranza di sensibilizzare alcune nazioni ad accettare un numero maggiore di rifugiati e forse anche di distogliere l’attenzione dai limiti sull’immigrazione ebraica imposti dagli stessi Stati Uniti.

Alla conferenza parteciparono i delegati di 32 nazioni e 24 organizzazioni volontarie in qualità di osservatori. A Golda Meir, nella delegazione britannica in Palestina, non fu concesso di parlare.

Hitler dichiarò che se questi paesi erano disposti a simpatizzare per “questi criminali (gli ebrei), allora avrebbero dovuto essere abbastanza generosi da convertire la loro simpatia in un aiuto pratico. Da parte nostra, noi siamo pronti a lasciare andare questi criminali verso questi paesi, per quello che mi riguarda, anche su una nave di lusso“.

Fulvio Grimaldi: Ebrei, sionismo, Israele, antisemitismo… Caro Travaglio

2025-08-10 - Hits 4253

Emiliano Brancaccio: Il neo imperialismo dell’Unione creditrice

2025-08-12 - Hits 3934

Sergio Fontegher Bologna: Milano dall’elettronica alle aragoste

2025-08-11 - Hits 3480

Nico Maccentelli: Cosa ci dice l’incontro Putin Trump

2025-08-16 - Hits 3164

Fulvio Grimaldi: Il 7 ottobre come l’11 settembre. E c’è chi ancora ci casca --- Terrorista a chi?

2025-08-08 - Hits 3113

Redazione Contropiano: Non c’è posto in Alaska per le follie “europeiste”

2025-08-10 - Hits 3088

comidad: Non sono russofobi, semmai italofobi

2025-08-07 - Hits 3073

Giuseppe Masala: Il Summit Putin-Trump in Alaska certifica le gerarchie mondiali

2025-08-16 - Hits 3034

Piccole Note: Anchorage: avviato il disgelo Usa-Russia

2025-08-16 - Hits 3005

Dante Barontini: L'”Europa” deve ora decidere come perdere

2025-08-17 - Hits 2955

Paul Craig Roberts: L’incontro tra Putin e Trump: il trionfo dell'illusione sulla realtà

2025-08-11 - Hits 2950

Il Simplicissimus: L’Alaska gela i guerrafondai

2025-08-16 - Hits 2935

Pino Cabras: Il Ponte sullo Stretto è una truffa tecnico-politica da smontare bullone per bullone

2025-08-07 - Hits 2922

Barbara Spinelli: Alaska, i due sogni e l’incubo Nato

2025-08-15 - Hits 2904

Enrico Tomaselli: La battaglia di Gaza

2025-08-09 - Hits 2884

Mohamed Lamine Kaba: Vertice in Alaska: Mosca e Washington ridisegnano i confini senza Bruxelles e Londra

2025-08-16 - Hits 2828

Clara Statello: La vera posta in gioco del Vertice in Alaska 

2025-08-12 - Hits 2822

Paolo Arigotti: L’incontro di Ferragosto disegna un mondo nuovo?

2025-08-16 - Hits 2822

Davide Gatto: Il tabù della lotta aperta e il genocidio inarrestabile dei palestinesi

2025-08-14 - Hits 2764

Variabili di potere e sovranità: le guerre per procura dell’OccidenteElena Basile:

2025-08-09 - Hits 2723

Coordinamento Disarmiamoli: No al summit della guerra! L’11 settembre mobilitiamoci a Roma

2025-08-10 - Hits 2711

Alex Marsaglia: Anchorage: accordi di Pace in arrivo sulla testa degli europei

2025-08-16 - Hits 2707

Lavinia Marchetti: La proiezione del trauma e la colpa rovesciata

2025-08-07 - Hits 2705

Barbara Spinelli: Trump-Putin, l’accordo c’è anche se non si vede

2025-08-17 - Hits 2705

Giuseppe Gagliano: Lo scacco a BlackRock a Panama è una sconfitta anche per Donald Trump

2025-08-11 - Hits 2686

Gaetano Colonna: Scienza & Libertà

2025-08-11 - Hits 2653

Leonardo Mazzei: Eurosinistrati

2025-08-18 - Hits 2628

Redazione Contropiano: Dall’Alaska a piccoli passi

2025-08-16 - Hits 2541

Domenico Gattuso: L’alternativa al ponte sullo Stretto esiste

2025-08-13 - Hits 2506

Rima Najjar: “Per mezzo dell’inganno”: la doppiezza del Mossad e la complicità di Washington

2025-08-08 - Hits 2499

Carlo Di Mascio: Hegel con Pashukanis. Una lettura marxista-leninista

2024-11-25 - Hits 65631

Giovanna Melia: Stalin e le quattro leggi generali della dialettica

2024-11-30 - Hits 62360

Andrea Del Monaco: Landini contro le due destre descritte da Revelli

2024-12-15 - Hits 33260

Andrea Zhok: La violenza nella società contemporanea

2024-12-13 - Hits 32264

Elena Basile: Le oligarchie liberali scelgono l’autoritarismo (con la complicità dell’intellighentia progressista)

2024-12-17 - Hits 32013

Carlo Di Mascio: Il soggetto moderno tra Kant e Sacher-Masoch

2025-04-23 - Hits 31969

Jeffrey D. Sachs: Come Stati Uniti e Israele hanno distrutto la Siria (e lo hanno chiamato "pace")

2024-12-13 - Hits 31337

Jeffrey D. Sachs: La geopolitica della pace. Discorso al Parlamento europeo il 19 febbraio 2025

2025-02-28 - Hits 30211

Salvatore Bravo: "Sul compagno Stalin"

2025-05-18 - Hits 25729

Andrea Zhok: "Amiamo la Guerra" 

2025-03-06 - Hits 25147

Alessio Mannino: Il Manifesto di Ventotene è una ca***a pazzesca

2025-03-15 - Hits 24461

Paolo Ferrero: Dietro alla piazza di Serra si nasconde una mossa reazionaria: come fu per i 40mila della Fiat

2025-03-07 - Hits 24384

Eri Samikou e Lázaros Tentomas: Antigone in Grecia: dalla pandemia di Covid-19 sino a Tempe, la verità sepolta dal silenzio di Stato

2025-03-19 - Hits 23793

Vai al corteo dell’8 marzo?

2025-03-04 - Hits 22851

Eric Gobetti: La storia calpestata, dalle Foibe in poi

2025-03-05 - Hits 22681

S.C.: Adulti nella stanza. Il vero volto dell’Europa

2025-03-04 - Hits 22422

Lavinia Marchetti: All’improvviso la macchina della propaganda giornalistica scopre il genocidio. Perché?

2025-05-14 - Hits 19164

Yanis Varofakis: Il piano economico generale di Donald Trump

2025-03-03 - Hits 18072

Andrea Zhok: "Io non so come fate a dormire..."

2025-05-17 - Hits 17772

Fabrizio Marchi: Gaza. L’oscena ipocrisia del PD

2025-05-28 - Hits 15858

Massimiliano Ay: Smascherare i sionisti che iniziano a sventolare le bandiere palestinesi!

2025-05-28 - Hits 15278

Fulvio Grimaldi: Il 15 marzo per l’Europa di Davos? --- Alla deriva sulla nave dei morti --- Emergenze di regime: AIDS, terrorismo, Covid, clima, ora Putin

2025-03-07 - Hits 14863

Clara Statello: Xi Jinping a Mosca per la Parata del 9 Maggio: Pechino sfida gli avvertimenti di Kiev

2025-05-04 - Hits 14118

Guido Salerno Aletta: Italia a marcia indietro

2025-05-19 - Hits 14117

Elena Basile: Nuova lettera a Liliana Segre

2025-05-06 - Hits 14088

Alessandro Mariani: Quorum referendario: e se….?

2025-05-17 - Hits 14007

Michelangelo Severgnini: Le nozze tra Meloni ed Erdogan che non piacciono a (quasi) nessuno

2025-04-29 - Hits 13791

Michelangelo Severgnini: La Libia e le narrazioni fiabesche della stampa italiana

2025-05-15 - Hits 13698

Diego Giachetti: Dopo la fine del comunismo storico novecentesco

2025-05-25 - Hits 13629

comidad: La fintocrate Meloni e l'autocrate Mattarella

2025-05-29 - Hits 13545

mazzoli2.png

Qui la quarta di copertina

 

COVER bitte.jpg

Qui un estratto del volume

Qui comunicato stampa

copetina poletti.png

Qui una recensione del volume

Qui una slide del volume

 

2025 03 05 A.V. Sul compagno Stalin

Qui è possibile scaricare l'intero volume in formato PDF

speranzaforzasociale.png

Qui quarta di copertina

Qui un intervento di Gustavo Esteva attinente ai temi del volume

Tutti i colori. Piatto.jpg

Qui una scheda del libro

 

castaldo Prima Cop.jpg

Qui la premessa e l'indice del volume

Cengia MacchineCapitale.pdf

Qui la seconda di copertina

Qui l'introduzione al volume

 

 

libro daniela.png

Qui il volume in formato PDF

Locandina presentazione scienza negata2 1.jpg

 

Copindice.pdf

Qui l'indice e la quarta di copertina

 

9788875883782 0 536 0 75.jpg

Copertina Danna Covidismo.pdf

Qui la quarta di copertina

 

sul filo rosso cover

Qui la quarta di copertina

 

Copertina Miccione front 1.jpeg

CopeSra0.pdf

Qui una anteprima del libro

Copertina Ucraina Europa mondo PER STAMPA.pdf

Qui la quarta di copertina

Qui una recensione di Terry Silvestrini

Qui una recensione di Diego Giachetti

 

9791281546103 0 536 0 75.jpg

Qui una presentazione del libro

 

COPERTINA COZZO 626x1024.jpg.avif

Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto

Calemme copertina 1.pdf

Qui la quarta di copertina

Qui una recensione di Ciro Schember

 

Copertina Tosel Il ritorno del religioso 1a e 4a.jpg

Qui la quarta di copertina

 

1697301665 semi mondo futuriobile cover.jpg

Qui la quarta di copertina

Qui l'introduzione

 

copertina manifesto.jpg

Qui l'introduzione al volume

 

9788831225328 0 536 0 75.jpg

Qui una recensione del libro

9788865485071 0 536 0 75.jpg

Qui la quarta di copertina

 

copertina malascienza.jpg

Qui la quarta di copertina

 

PRIMA Copertina.pdf

Qui la quarta di copertina

Qui una presentazione

 

Russojby.jpg

AIorK4wQjRWXSZ

Qui una recensione di Luigi Pandolfi

 
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008

copertina minolfi.pdf

Qui l'indice del libro e l'introduzione in pdf.

 

Mattick.pdf

Qui la quarta di copertina

Ancora leggero

Qui la quarta di copertina

Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto

La Democrazia sospesa Copertina

Qui la quarta di copertina

Qui una recensione di Giuseppe Melillo

 

 

cocuzza sottile cover

Qui l'introduzione di Giuseppe Sottile

Web Analytics