La crisi distruttiva dell'ordine internazionale
di Alessandro Colombo
Alessandro Colombo illustra la tesi che quella attuale non è già più, ormai, l’epoca della crisi dell’ordine internazionale liberale, bensì l’epoca della sua fine. Che significa, tanto per cominciare, fine dell’ordine come tale, con tutto ciò che comporta sempre la fine di un ordine internazionale: la crisi del controllo, la tendenza alla militarizzazione, il collasso delle regole. E, in più, significa ripiegamento del contenuto liberale di quell’ordine, che si manifesta tra le altre cose nella crisi del multilateralismo e nello smontaggio della globalizzazione
Nonostante i richiami sempre più irrealistici alla sua resilienza, l’ordine internazionale liberale concepito alla fine della Seconda guerra mondiale e apparentemente “liberato” dalla scomparsa dell’Unione sovietica è ormai definitivamente crollato. E lo ha fatto, sarà bene ricordarlo, dopo una parabola sorprendentemente breve di ascesa e declino. La condizione di superiorità senza precedenti della quale avevano goduto gli Stati Uniti e i loro alleati all’indomani della scomparsa dell’Unione sovietica non aveva impedito infatti al Nuovo Ordine Mondiale di entrare in crisi già pochi anni più tardi, grossomodo alla metà del primo decennio del XXI secolo, sotto i colpi di due fallimenti maturati pienamente al proprio interno: la guerra in Iraq a partire dal 2003 e, ancora di più, la crisi economico-finanziaria del 2007-08. Nel decennio successivo, lo smottamento dell’edificio aveva aperto lo spazio al riemergere di competitori sia su scala regionale (come la Russia) sia, almeno potenzialmente, su scala globale (come la Cina), mentre ciò non aveva tardato a reinnescare proprio ciò che dieci anni prima era stato precipitosamente escluso, una nuova competizione tra grandi potenze.