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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
Mentre la Commissione europea propone il 19° pacchetto di sanzioni contro la Russia, e continua a ripetere gli identici errori commessi in passato – armare ulteriormente l’Est della Nato e Kiev, in modo che Mosca si senta ancor più minacciata e prosegua la brutale offensiva in Ucraina – nulla di paragonabile accade sul fronte medio orientale, dove lo Stato d’Israele sta liquidando i palestinesi a Gaza, ed è pronto ad annettere quasi tutta la Cisgiordania oltre a Gerusalemme Est, occupate dal 1967. Se si eccettuano Spagna e Irlanda,...
L’agenzia statunitense di rating, Fitch, ha appena alzato il punteggio dell’Italia, portandolo da BBB (merda di cane) a BBB+(merda di vacca). Può sembrare una differenza minima, ma era dal 2021 che non succedeva. Tra le motivazioni principali c’è il fatto che il debito pubblico sta scendendo. Ora, facciamo pure finta che Fitch non sia la stessa agenzia di rating accusata, insieme ad altre agenzie come Standard & Poor e Moody’s, di aver assegnato rating eccessivamente elevati a titoli finanziari legati ai mutui subprime, contribuendo così alla...
Furfanti, canaglie, falsari: difficile raccapezzarsi nella scelta delle caratteristiche per cui si distinguono, in un pericoloso crescendo, i guerrafondai euroatlantisti e i manigoldi delle redazioni belliciste che fanno loro da portavoce. «Sfida di Putin nei cieli della NATO», è il titolone di prima pagina del Corriere della Sera dopo il presunto sconfinamento di tre jet russi nello spazio aereo estone. Ovvio che la secca smentita del Ministero della difesa russo, secondo cui non c'è stato alcuno sconfinamento, come confermato dai...
Quando ho pubblicato il mio libro, “L’Età dello Sterminio” nel 2024, non immaginavo che potesse essere così profetico quando ho notato la tendenza storica delle minoranze ad essere sterminate dai gruppi più grandi. È esattamente ciò che stiamo vedendo a Gaza. Lì potremmo presto assistere agli effetti della “sindrome da rialimentazione” che causa la morte rapida delle persone dopo un lungo periodo di fame, anche se vengono fornite loro delle provviste alimentari. È un ulteriore esempio dell'effetto Seneca espresso con la frase “La rovina è...
L’ analisi dei fatti, sempre ben riportata da Simplicius, ci sollecita sempre la domanda: dove stiamo andando? Ho già spiegato a iosa il mio punto di vista: i banksters ci stanno portando in una WW3 che avrà come sempre l’epicentro in Europa. Quindi ogni volta si tratta solo di chiederci: a che punto siamo? A questo ho risposto in altra occasione che siamo in uno “stallo”; nel momento in cui i “piani A” dei due contendenti, NATO e Russia, sono sostanzialmente falliti ma esiste ancora, in realtà esisteva fino a due settimane fa, una “finestra”...
Il Cremlino è tornato a sfidare l’Europa” titolano più o meno con questi termini quasi tutti i giornali in Italia e in Europa dopo le supposte violazioni dello spazio aereo estone da parte di 3 Mig-31 russi, “abbattuti” o forse solo “intercettati” (a seconda dei giornali e dei TG) dagli F-35 italiani basati ad Amari (Estonia) nell’ambito della NATO enhanced Air Policing (eAP) nella regione baltica dove, a rotazione con altre forze aeree NATO, difendono lo spazio aereo delle tre repubbliche prive di aerei da guerra e di difesa antiaerea...
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è riunita la Commissione Esteri della UE, che ha approvato un pacchetto di misure, che viene definito dalla stampa, “senza precedenti nei confronti di Israele: si va dalla sospensione...
Le politiche di Netanyahu hanno scavato un solco tra Israele e la base trumpiana. Una parte consistente di quest’ultima ora accusa lo Stato ebraico di complicità nell’uccisione di Kirk L’assassinio dell’attivista conservatore Charlie Kirk dà un’ulteriore accelerata alla crisi che sta disgregando il tessuto socio-politico americano. L’intensificarsi della violenza politica è un sintomo del declino statunitense. Essa ha colpito esponenti repubblicani e democratici, e non ha risparmiato neanche il presidente Donald Trump, vittima di due falliti...
Il 7 ottobre del 2023 è stata scritta una pagina di Storia da parte della Resistenza arabo-palestinese. L’Operazione Diluvio di al Aqsa è stato un atto rivoluzionario per la liberazione della Palestina, che ha mostrato come una popolazione indigena, da quasi 80 anni espropriata da una entità colonizzatrice di ogni diritto all’esistenza sociale e politica, possa tentare l’impossibile, ovvero mettere in ginocchio una potenza nucleare, avamposto dell’imperialismo occidentale. Quell’assalto “Ha insegnato che ci si può tirare fuori dalla fossa più...
Si dice che Trump non sia stato consultato e neppure avvertito dell’attacco dell’aviazione israeliana a Doha. Dato che l’attacco non avrebbe potuto avvenire senza la piena connivenza e la costante assistenza delle forze armate statunitensi, se ne dovrebbe concludere che ormai Trump sia diventato un Biden 2.0, un presidente di facciata, sempre meno capace di intendere e di volere. Ma il vero scoop relativo all’attacco a Doha è stato la notizia secondo la quale il Mossad avrebbe espresso la propria contrarietà, tanto da non partecipare...
A Gaza, capitalismo, imperialismo, colonialismo e i gruppi umani che concretamente ne incarnano e realizzano le logiche di funzionamento si mostrano per quello che storicamente sono: modi di produzione e governo che tendono a distruggere tutto ciò che ritengono inutile o di ostacolo al proprio dominio. È questo che il Governo e l’esercito di Israele, in complicità con quello degli Stati Uniti e di tutte le imprese e gli stati che con essi collaborano, stanno facendo da decenni, con un’accelerazione radicale, giunta fino alla forma del...
Io davvero non riesco a capire come siamo finiti in questo tombino dialettico permanente, fatto di dicotomie e polarizzazioni inutili, stupide, anti logiche, di timore reverenziale nei confronti della argomentazione, anzi della precisione delle parole, dell’utilizzo assennato dei loro significati, del vittimismo costante, del mal riposto riflesso d’indignazione, della sudditanza verso il vuoto conformismo del silenzio, oppure della frase di circostanza a corollario del lutto, della perdita, dello shock. Un intellettuale di nome Odifreddi dice...
E’ bastato un anno per verificare che “l’agenda Draghi” era una tigre di carta. O, più precisamente, che si trattava di mega-piano costruito sul wishful thinking, una sfilza di desideri messi nero su bianco, ma sostanzialmente privo di programmazione, direzione politica e operativa, connessione stretta tra mezzi e obiettivi. Irrealistico, insomma. Parlando di nuovo a Bruxelles, nella conferenza della Commissione Ue sul primo anno del suo report sulla competitività, ieri “superMario” ha recitato come sempre la parte del guru che saprebbe come...
Netanyahu “mi sta fottendo”. Così Trump ai suoi collaboratori dopo il bombardamento israeliano del Qatar. Lo riporta il Wall Street Journal, secondo il quale il presidente, pur frustrato per l’ennesima volta dall’iniziativa del premier israeliano, non può rompere pubblicamente. Secondo il WSJ si spiega con la sua stima per gli uomini forti. Una seconda spiegazione, più convincente, è per “l‘influenza del leader israeliano sul Congresso e sui media repubblicani“… Altra spiegazione, che potrebbe sommarsi a quest’ultima, l’ha data l’ex...
Uno degli insegnamenti fondamentali della storia è che per comprendere i destini dell'Europa bisogna guardare alla Francia. Una verità questa che probabilmente è vera sin dai tempi della nascita dello stato nazione francese, ma che è diventata sempre più vera con il passare dei secoli nei quali si sono verificati – proprio in Francia - fenomeni peculiari come l'Illuminismo, la Rivoluzione Francese e l'epopea napoleonica. Ancora oggi è così, la Francia è l'unico paese dell'UE ad avere il deterrente nucleare e a sedere nel Consiglio di...
In qualsiasi conflitto, le parole sono utilizzate per velare la realtà – se non per mistificarla. E, ovviamente, l’ennesimo divampare cinetico della lunga guerra di liberazione della Palestina non fa eccezione. Quando Netanyahu e la sua gang di fanatici messianici parlano di Grande Israele e di “ridisegno del Medio Oriente”, stanno ammantando con un linguaggio trionfalistico e ambizioso quello che è, in effetti, un disegno strategico che nasce da profonde preoccupazioni. Israele ha sempre avuto, sin dalla sua fondazione, l’imperativo di...
L’assassinio di Charlie Kirk rischia di diventare un altro 11 settembre americano, e forse mondiale se ripeterà l’effetto domino di allora. Per ora ha scatenato una reazione durissima in ambito repubblicano, dal presidente Trump in giù, contro l’estremismo cosiddetto di sinistra. Reazione che sembra poter dar vita a un maccartismo di ritorno, ma più estremo del precedente, che vedrebbe indebite convergenze tra la lotta contro i movimenti cosiddetti “antifa” a quella contro l’immigrazione clandestina e, soprattutto, quella contro la causa...
Mentre in tutto il mondo si mobilitano milioni di persone per sostenere la Sumud Flottilla e da Gaza le voci di giornalisti, militanti della Resistenza, a partire dal FPLP, medici e comuni Gazawi si levano voci a favore di questa straordinaria iniziativa, Radio Gaza, in L’Antidiplomatico, opera un’azione di sabotaggio e delegittimazione dell’impresa. Ricordando che intorno alla Flottilla , per supportarla si sono mobilitati artisti famosi, intellettuali, attivisti e cittadini sensibili alla causa palestinese, siamo sconcertati da una...
La portata del piano di riarmo tedesco è enorme. Ma altrettanto gigantesca è la sua sottovalutazione. In tanti, sottolineando giustamente la difficoltà di adeguare le dimensioni della Bundeswher alla montagna di armi di cui verrà rifornita, concludono che alla fine tutto finirà in una bolla di sapone. Più esattamente in una mera operazione economica, utile a tener su l’economia in una fase in cui boccheggia, ma del tutto inadeguata al fine di far riemergere l’antica potenza militare di Berlino. Davvero stanno così le cose? Ne dubitiamo assai....
Quando si scopre che la maggioranza (73% secondo l’ultimo poll) della civile, colta, democratica popolazione israeliana supporta una sorta di “soluzione finale” nei confronti dei palestinesi non ci si può che chiedere: com’è possibile che ciò accada? Com’è possibile che qualcuno di fronte a manifeste, continue forme di prevaricazione e violenza nei confronti di soggetti innocenti (bambini, anziani, civili) continui a difendere serenamente queste attività? La risposta è in effetti semplice: nel caso della popolazione israeliana si tratta di...
Il titolo di Oracle, in una sola seduta di Borsa, ha guadagnato il 40%, portando la capitalizzazione della società non lontana dai 1.000 miliardi di dollari. Era già salito del 45% nelle giornate precedenti. Da che cosa è dipesa una simile impennata? I numeri reali parlano di un fatturato di 57 miliardi di dollari, quattro in più rispetto al 2024 e di un utile netto di 12 miliardi, due in più dell'anno precedente. Numeri importanti, dunque, ma che forse non giustificano un'esplosione come quella registrata in pochissime sedute, su cui hanno...
Uno dei cavalli di battaglia degli atlantisti che santificano le attuali (false) democrazie liberali è spalare merda sulle opposizioni qualificandole come populiste e sovraniste. In realtà c’è una bella differenza tra forze politiche che rilanciano il sovranismo populista nel nome dei valori occidentali, e forze che ritengono che in Europa, l’UE sia una gabbia e ponga dei diktat ai parlamenti e alle popolazioni che non possono più decidere autonomamente cosa sia meglio sul piano economico e sociale, per non parlare della politica estera. Che...
Meno di un mese dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha commissionato agli Stati Uniti 90 miliardi di ordini per armi, munizioni ed altri equipaggiamenti militari che pagheranno, consenzienti, gli alleati europei, ieri il ministro della Difesa di Kiev, Denys Shmyhal (nella foto sotto), ha reso noto che l’Ucraina ha bisogno di oltre 100 miliardi di euro per finanziare la sua difesa nel 2026. A scanso di equivoci, l’ex premier del governo ucraino, ha precisato che tale somma sarà necessaria sia in caso la guerra continui sia nel...
Più di un secolo fa, il sociologo Max Weber spiegò con autorevolezza come l’individuo moderno fosse destinato al cosiddetto «politeismo dei valori». Queste riflessioni famose, anche se non necessariamente persuasive, servivano a delineare la situazione nuova di società disincantate, costrette a convivere con l’assenza di baricentri ideologici assoluti e col proliferare di dilemmi etici e normativi inevitabilmente drammatici. Nessun dramma, però, sembra affliggere l’odierno politeismo italiano, che nel 2025 ha segnato un notevole salto di...
Sumud, resilienza un cazzo, resistenza piuttosto, sforzo di perseverare o, come si diceva quando una lingua comune dell’Occidente esprimeva l’impulso rivoluzionario marrano, conatus, per cui ogni cosa in suo esse perseverare conatur, fa valere la sua essenza attuale. La lenta e un po’ scompigliata partenza della Global Sumud Flotilla e il suo avvicinamento contrastato a Gaza segnano un salto di qualità nell’impegno solidale di un movimento internazionale e anticoloniale. Un balzo di scala non solo rispetto alla passività complice dei governi...
Uno degli aspetti e tra le capacità più notevoli dell’ideologia neoliberale è non solo l’essere stata completamente interiorizzata dai subalterni, costituendo così un elemento attivo di modellizzazione dell’immaginario (con conseguente impossibilità di pensare una reale alternativa di sistema), ma anche di deviare continuamente le responsabilità dei danni prodotti dal Modello verso aspetti periferici, fuorvianti se non del tutto erronei, a salvaguardia del Modello stesso. La Scuola e la Sanità pubbliche, ossia due settori vitali per la tenuta...
«L'urgenza delle scelte» scrive il signor Danilo Taino nell'editoriale del Corriere della Sera del 11 settembre, in prima pagina sotto il titolone «Raid in Polonia, Putin sfida la NATO», che dà direttamente conto della visione del foglio di regime euro-atlantico a proposito della vicenda dei droni – addirittura privi di carica esplosiva, dice la stessa Procura polacca – caduti in territorio polacco, forse persino là dirottati da precise interferenze radioelettroniche. E, in fondo, per «quanto allarmante possa apparire» scrive la polacca...
Michel Foucault, in una conferenza tenuta a Tunisi nel 1967 e pubblicata postuma nel 1984 col titolo Des espaces autres, al fianco di “utopia” introduce il termine di “eterotopia”. Se l’utopia si configura come un “non luogo”, l’eterotopia si presenta come un luogo reale separato dal normale contesto quotidiano, “una specie di contestazione al tempo stesso mitica e reale dello spazio in cui viviamo”1. Sono svariate le eterotopie secondo l’analisi dello studioso francese: i giardini, i teatri, le prigioni, le colonie, le fiere, le biblioteche....
A 24 ore di distanza, con qualche elemento concreto in più (le dichiarazioni e la propaganda li lasciamo agli arruolati), possiamo provare a sintetizzare l’analisi dell’”incidente polacco” – i droni, forse russi, che hanno sconfinato sul confine orientale di Varsavia – e ipotizzare cosa è effettivamente accaduto. Dal che, come sempre, discende un briciolo di valutazione politica. Gli “elementi concreti” vengono forniti da fonti militari (alcune della Nato, altre bielorusse) e da analisti militari sperimentati, tipo Analisi Difesa per quanto...
La coerenza politica passa spesso per la minoranza. Se n’ebbe prova all’indomani del 7 ottobre, quando affermare il carattere resistente di quell’atto significava esporsi all’isolamento e al disprezzo di una massa compatta che ne decretava la demonizzazione come “terrorismo”. Si era in pochi, quasi invisibili. Lo si constata di nuovo oggi, dopo due anni di genocidio reso possibile dall’indifferenza occidentale e dalla complicità diretta con il sionismo: proprio mentre si coagula un consenso di massa che condanna tardivamente i massacri, si...
«A causa di una rivolta sociale il Museo d’Orsay è chiuso» e i turisti non potranno ammirare le opere di Courbet. Per questa ironica serrata, il grande pittore rivoluzionario avrebbe guardato con simpatia il movimento che ieri ha paralizzato Parigi al grido «blocchiamo tutto». Alcuni distruttori senza criterio, certo. Ma soprattutto giovani, tantissime donne, molti immigrati, e drappi rossi a volontà. Si dice che il movimento sia nato dalle file della destra sovranista attiva sui social. Sarà, ma ieri si è vista poco. I «bloccanti», li...
Bettino Craxi definiva Ernesto Galli della Loggia “intellettuale dei miei stivali”. In effetti il noto opinionista del “Corriere della Sera” basa i suoi interventi su uno schema ripetitivo e prevedibile che consiste in un mero richiamo alle vigenti gerarchie imperialistiche e antropologiche. Ormai il mainstream ha ammesso che il comportamento di Israele a Gaza ha oltrepassato il cosiddetto “diritto di difesa” e forse sta avvenendo qualche criminuccio di troppo. Qualche giorno fa Galli della Loggia ha appuntato la sua polemica sulla scelta...
L’attacco aereo israeliano contro i leader di Hamas a Doha nel settembre 2025 è stato più di un’operazione militare. È stata una rottura simbolica nell’architettura stessa della diplomazia mediorientale. Per decenni, il Qatar si è costruito l’immagine di “mediatore neutrale” ospitando negoziati tra i talebani e Washington o fungendo da piattaforma per colloqui indiretti tra Iran e Stati Uniti. L’attacco israeliano ha infranto questa percezione: l’era dei “rifugi sicuri” per la diplomazia nell’Asia occidentale è finita. La capitale del Qatar,...
Quante sono le nazioni europee disposte a inviare proprie truppe in Ucraina per garantire la sicurezza di Kiev? Valutazioni contrastanti e contraddittorie rendono arduo fornire una risposta precisa a questa domanda. Ci sono 26 Paesi dei circa 30 aderenti alla Coalizione dei Volenterosi “che formalmente si sono impegnati a dispiegare una ‘forza di rassicurazione’ in Ucraina e ad essere presenti sul territorio, nei cieli e nei mari” ha detto Macron durante la conferenza stampa all’Eliseo al fianco di Volodymyr Zelensky. “Questa forza non ha per...
Volto sorridente, voce soft, comunicazione coinvolgente che ben dispone all’ascolto. È, a detta di chi lo ascolta, una persona gradevole, gentile. Non sempre corrisponde al vero. Se la gentilezza è una qualità intima che apporta benefici e che si esprime attraverso varie esperienze e relazioni, poche persone possono essere riconosciute gentili. E’ lo stesso divario che intercorre fra forma e sostanza. ‘Sotto il vestito niente’, citando il titolo di un famoso film. Nella frequentazione la forma prende corpo nella sostanza e la gentilezza dei...
Il discorso sullo stato dell’Unione di Ursula von der Leyen del 2025 non ha riservato grandi sorprese. È stato il solito mix di promesse vuote, gergo tecnocratico e atteggiamenti morali ipocriti che sono il suo marchio di fabbrica. In altre parole, sempre la stessa cosa. Pronunciato nel consueto registro orwelliano, il discorso era pieno di parole come libertà, pace, prosperità e indipendenza, anche se l’UE continua a perseguire politiche che minano tutti questi valori, spingendo per la guerra e la militarizzazione, reprimendo la libertà di...
È passato un anno dalle elezioni legislative anticipate volute da Emmanuel Macron, due primi ministri da lui nominati sono nel frattempo caduti – Michel Barnier con una mozione di censura il 4 dicembre, François Bayrou con un voto di sfiducia lunedì – e ancora il Presidente non ha capito che il grande perdente è lui, nonostante le incapacità negoziali di ambedue i Premier falliti. Ieri ha nominato primo ministro un suo fedelissimo, il ministro della difesa Sébastien Lecornu. Probabilmente Macron pensa che facendo sempre la stessa cosa, e...
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Il nemico interno: l’imperialismo USA in Siria
di Patrick Higgins
“Tutti i complotti sono uniti tra loro; come le onde che sembrano fuggirsi eppure si mescolano” – Louis Antoine de Saint-Just
“… là dove non esiste il disordine, gli imperialisti lo creano…” – C.L.R. James, I giacobini neri
Nel 1971, al culmine della spaventosa e omicida guerra statunitense al Vietnam, un gruppo di cineasti radicali argentini e italiani, conosciuti come Colectivo de Cine del Tercer Mundo, realizzarono un film dal titolo provocatorio: Palestine, Another Vietnam. Un titolo che dice molto in poche parole, una breve dichiarazione gravida di possibili significati. La principale suggestione del titolo – ovvero, che tanto il Vietnam quanto la Palestina fossero obiettivi di un’aggressione imperiale, così come di una resistenza ad essa – non sarebbe stata in alcun modo fuori luogo, o insolita, negli ambienti della sinistra globale del 1971. In effetti, i rivoluzionari palestinesi dell’epoca prestavano non poca attenzione al Vietnam, studiando sia le brutali tattiche militari utilizzate dall’imperialismo USA al fine di schiacciare un movimento rivoluzionario di popolo, sia la storica resistenza del popolo vietnamita. Quale lezione si poteva trarre da tutto ciò?
A questo proposito, nel 1973, allorquando la rivoluzione anti-coloniale vietnamita proclamava la vittoria sulla superiorità militare degli Stati Uniti, un gruppo di rivoluzionari palestinesi e intellettuali arabi convocava una tavola rotonda moderata da Haytham Ayyoubi, capo della Divisione studi militari dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).
Nel suo ultimo lavoro (La gabbia dell’euro. Perché uscirne è internazionalista e di sinistra. Imprimatur, 2018) Domenico Moro, economista marxista e militante comunista, si impegna in un’importante opera di pulizia concettuale per sgombrare il terreno da alcuni fraintendimenti e resistenze ideologiche che impediscono la risoluta adesione ad un’opzione che egli ritiene vitale per la prospettiva di vita delle classi subalterne (italiane ed europee) e per le sorti della sinistra (comunista e non): la rottura con l’Unione europea e l’uscita dall’euro. Non abbiamo a che fare in senso stretto con un libro di analisi economica, ma con un insieme di lucide argomentazioni che legano i dati dell’analisi economica alle attuali urgenze della battaglia ideologica.
Il libro prende le mosse da una lapidaria e rivelatrice dichiarazione di Guido Carli, già governatore della Banca d’Italia: “L’Unione europea ha rappresentato una via alternativa alla soluzione di problemi che non riuscivamo ad affrontare per le vie ordinarie del governo e del Parlamento”. Come dire che, per far passare determinati orientamenti (antipopolari), occorreva che questi fossero imposti da un’autorità esterna, in grado di porre vincoli indiscutibili bypassando gli organismi decisionali interni e democratici.
L’economia secondo Andrea Roventini, il candidato ministro del M5S
di Keynesblog
Al di là di come la si pensi sul Movimento 5 Stelle, occorre riconoscere che l’indicazione di Andrea Roventini, docente presso l’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa guidato fino a poco tempo fa da Giovanni Dosi, è una scelta di alto profilo. I suoi principali interessi di ricerca comprendono l’analisi di sistemi complessi, l’economia computazionale basata su agenti eterogenei, la crescita, i cicli economici e lo studio degli effetti delle politiche monetarie, fiscali, tecnologiche e climatiche. I suoi lavori sono stati pubblicati su Journal of Applied Econometrics, Journal of Economic Dynamics and Control, Journal of Economic Behavior and Organization, Macroeconomic Dynamics, Ecological Economics, Journal of Evolutionary Economics, Environmental Modeling e Software, Computational Economics. Inoltre partecipa a vari progetti di ricerca europei come ISIGrowth, Dolfins e Impressions.
Vale la pena quindi soffermarsi sui suoi lavori. Abbiamo perciò selezionato alcuni articoli e working paper che offrono una carrellata crediamo rappresentativa delle idee del candidato ministro.
Da quando è scoppiata la crisi, ma in particolare negli ultimi 2-3 anni, la critica ai modelli standard è diventata sempre più serrata, tant’è che persino diversi economisti mainstream hanno sollevato pacati dubbi (Blanchard), invitato a guardare altrove (Summers), se non addirittura, in qualche caso, mosso aspre critiche (Romer, Krugman e soprattutto Stiglitz).
«Chi vuole fare politica in generale, e soprattutto chi vuole esercitare la politica come professione […] entra in relazione con le potenze diaboliche che stanno in agguato dietro a ogni violenza. […] Chi aspira alla salvezza della propria anima e alla salvezza di altre anime non le ricerca sul terreno della politica, che si pone un compito del tutto diverso e tale da poter essere risolto soltanto con la violenza. Il genio o il demone della politica e il dio dell’amore, anche il dio cristiano nella sua forma ecclesiastica, vivono in un intimo contrasto, che in ogni momento può trasformarsi in un conflitto insanabile».
Sfogliando le seicentocinquanta pagine del Demone della politica – la corposa antologia, curata da Matteo Cavalleri, Michele Filippini e Jamila M.H. Mascat, che raccoglie alcuni dei lavori più importanti stesi da Mario Tronti dal 1958 al 2015 (Il Mulino, pp. 656, euro 46.00) – è quasi inevitabile tornare alle parole che Max Weber pronunciò nella sua celebre conferenza del gennaio 1919. Perché non c’è dubbio che il «demone della politica» sia costantemente presente in ogni pagina di Mario Tronti, dai suoi primi scritti apparentemente teorici fino ai lavori più recenti, pur dominati dalla disillusione e persino da una forma di «disperazione teorica». Non c’è infatti nessuna pagina di Tronti in cui la motivazione e gli obiettivi non siano – più o meno scopertamente – politici. Anche se la politica cui pensa Tronti è una «grande politica» che non ha nulla a che fare con il querulo battibecco che – nella quotidianità delle nostre democrazie d’inizio millennio – siamo soliti chiamare (fin troppo generosamente) «politica».
La meraviglia panica, ci disperde, dinanzi al trionfo del neoliberismo. Si deve passare dallo stupore alla razionalizzazione. Dinanzi alla carcassa che ci offre il neoliberismo, con lo splendore di un corpo in decomposizione logorato dalle sue contraddizioni senza risposte, dalle quali non pare aprirsi alcun campo di ricerca, alcuna prassi. E’ necessario partire dal punto zero del pensiero per ricominciare. L’incipit di un nuovo percorso deve avere la chiarezza della trappola in cui il mondo è caduto, “La notte del mondo”, a voler usare il linguaggio di Heidegger, e non si coglie la fine della notte. Al silenzio del pensiero e della speranza è necessario opporre la domanda. Quest’ultima necessita che si guardi in profondità, che ci si sottragga alla stimolazione perenne, per vivere l’irrilevanza di questi decenni. La categoria con la quale è possibile leggere la contemporaneità è l’irrilevanza, la mercificazione fa molto più che ridurre tutto alla totalità della valorizzazione, trasforma la vita, le nostre vite, da organico ad inorganico, agisce da acido, annichilisce, con il pensiero, la passione di vivere. Se seguissimo i dettami della nostra Costituzione, il carattere feticistico delle merci sarebbe illegale, non costituzionale, poiché la Costituzione fa della dignità e della volontà soggettiva l’architrave della difesa della dignità delle persone, così come recita l’articolo terzo:
Votare: dovere, rito effimero, diritto per contare?
di Giovanni Dursi
Il diritto di voto è garantito dall’articolo 48 della Costituzione della Repubblica italiana, che afferma:
«Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge».
Come si può leggere, nella Costituzione il voto è considerato un “dovere civico”. Si dibatte da tempo sul senso di queste parole, anche perché è un “dovere” che non prevede sanzioni in caso di violazione. Il voto sembra essere l’unica espressione simbolica delle prassi democratiche. In realtà, nell’ordinamento italiano esistono 4 strumenti di democrazia diretta:
• Petizione (50 della Costituzione)
• Legge di iniziativa popolare a voto parlamentare (71 della Costituzione)
• Referendum abrogativo (75 della Costituzione, il quale è anche il motivo per cui in Italia non ci sarà mai un referendum come quello che ha portato al Brexit)
Dopo Trump, dopo la Brexit, dopo il referendum sulla Costituzione italiana del dicembre 2016, erano arrivate la vittoria di Macron nelle elezioni presidenziali francesi e il recente, travagliato rilancio della Grande Coalizione CDU-SPD in Germania, alimentando nell’establishment liberal democratico l’illusione che la marea populista fosse sul punto di rifluire. Invece no. Il risultato delle elezioni politiche italiane di pochi giorni fa testimonia che l’onda prosegue il suo cammino e rischia di travolgere la diga eretta da partiti tradizionali, media e istituzioni nazionali ed europee.
M5S e Lega triplicano le rispettive rappresentanze parlamentari e i loro voti sommati superano il 50%, certificando che metà dei cittadini italiani sono euroscettici e non credono più alle narrazioni sulla fine della crisi e sui presunti benefici della globalizzazione. Partirò da alcuni commenti giornalistici sullo tsunami populista per affrontare quattro interrogativi: 1) quali sono le radici sociali del populismo, 2) quali sono le differenze fra le sue due anime principali; 3) perché le sinistre (tanto le socialdemocratiche quanto le radicali) stanno affondando nell’insignificanza politica; 4) perché, malgrado tutto, l’establishment è ancora in grado resistere e quali scenari si apriranno se e quando la diga crollerà davvero.
Gli appassionati di teologia politica frequentano molto quel passo di Walter Benjamin dove si racconta del turco meccanico. Il turco meccanico, racconta Benjamin, è un automa che raggiunse una grande popolarità mostrando di sapere giocare a scacchi: ma le sue capacità, in realtà, erano dovute a un uomo di bassa statura e di grande abilità scacchistica, nascosto dentro il finto automa. Per Benjamin, l’«invisibile» è l’anima teologica che abiterebbe il materialismo. Roberto Ciccarelli è andato a caccia anche lui del motore invisibile del nostro tempo, o meglio, del motore invisibilizzato, di quell’energia che, pure costantemente sotto i nostri occhi, è continuamente occultata dai dispositivi di governo. Solo che Ciccarelli non guarda in un presunto Altro o Altrove, e neppure nelle sfere comunque più o meno trascendenti che custodirebbero qualche presunta «scintilla» della decisione politica, com’è nella tradizione delle teologie politiche che solitamente si richiamano al turco benjaminiano. Per lui, l’energia nascosta non è affatto nascosta, e tantomeno è nei cieli: il motore è tutto presente sul piano di immanenza, ed è nascosto non perché teologicamente profondo, tantomeno perché la verità ami nascondersi, ma perché i meccanismi di sfruttamento e l’inadeguatezza delle nostre categorie di indagine congiurano per rendere impossibile nominarlo.
L'articolo di Alessandro Visalli sui fatti di Macerata (qui) ha suscitato un vivo dibattito nei commenti e un'articolata replica di Eros Barone (qui). Anche Mario Galati, chiamato in causa nella discussione, ci offre il suo contributo
“In altre parole, se entro il modo di produzione capitalista, fino a che si resta entro la sua logica, appare alla fine comunque razionale, e quindi invincibile, il calcolo economico e la competizione, con essa diventano anche inevitabili i rapporti sociali che esso determina (o meglio, che lo fondano); con la sua logica viene anche una specifica forma di gerarchia sociale. Comprendendo il capitalismo, invece, come figura storica (e non sopra-storica) diventa possibile accedere ad un piano di critica più profondo. Il calcolo economico, indiscutibile sul piano della valorizzazione del valore (e quindi della sua accumulazione, nel contesto dei rapporti sociali dati), diventa irrazionale se si tiene al centro il principio di una altra socialità: se la ricerca dell’autonomia porta a porre al centro la natura e la società tutta. Il calcolo economico, come scrive nel 1973 Amin, diventa allora riconoscibile come “irrazionale dal punto di vista sociale”.
Se Visalli si fosse attenuto a questa sua citazione non sarebbe incorso nella contraddizione di sostenere il carattere storico-sociale delle categorie di razionale e irrazionale e, nel contempo, di sostenere, sostanzialmente accettandola da Buffagni, la persistenza di forme irrazionali archetipiche connaturate all’essere umano, quali possono essere quelle rappresentate nel mito greco. Un conto è contestare una determinata razionalità storicamente determinata, specificandone il carattere ideologico e la funzione apologetica e strumentale, eventualmente, altro conto è l’irrazionalismo, ossia la rinuncia a spiegare razionalmente, scientificamente (proprio così, con tutte le approssimazioni, la parzialità, le distorsioni e i difetti possibili) i fenomeni umano-sociali, relegandoli sbrigativamente nella dimensione della trascendenza, metafisica o “naturale” che sia, e dell’eternità.
Tempi faticosi: le relazioni contraddittorie tra tempo di lavoro e produttività
di Maurizio Donato
Le politiche che promuovono flessibilità e precarietà hanno ridotto la crescita della produttività; Marx costituisce ancora un riferimento utile per interpretare questi dati
Da quando – attorno alla metà degli anni ’90 – la produttività del lavoro in Italia ha cominciato a stagnare, le ore di lavoro hanno preso ad aumentare. Le politiche del lavoro che, grazie all’aumentata flessibilità, hanno ridotto le garanzie dei lavoratori, non solo non hanno fatto crescere la produttività, ma hanno contribuito a frenarla.
Se si confronta il tasso di crescita del reddito pro-capite di un paese con i dati relativi a un periodo precedente e con quelli di altri paesi, si possono scoprire diversi elementi interessanti.
In primo luogo, ci si rende conto che in tutti e tre i paesi europei scelti per questo confronto, anche se a livelli diversi (la tendenza è molto più accentuata nel caso dell'Italia), la dinamica è la medesima: diminuisce il tasso di crescita del reddito pro-capite, cala il ritmo della produttività, aumentano (o rallenta il ritmo della loro diminuzione) le ore lavorate pro-capite. Tutto questo prima dell’ultima crisi.
Ripensare Marx e Engels, tra filosofia e filologia
L’ultimo libro di Giovanni Sgro’
di Giuliano Guzzone*
Nei cinque capitoli – due interamente inediti e tre ottenuti dalla rifusione di una serie di articoli precedentemente apparsi in rivista – e nell’appendice che compongono il suo ultimo libro, Friedrich Engels e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Giovanni Sgro’ ha raccolto, in forma sistematica e compiuta, i risultati della sua decennale ricerca intorno al pensiero teorico-politico dell’«ultimo Engels». Si tratta di una pubblicazione importante per svariate ragioni.
Dal punto di vista del metodo, essa testimonia l’importanza sempre crescente che il nesso tra filologia e filosofia è venuto acquisendo nella più recente storiografia filosofica, in Italia e all’estero: essa mostra, cioè, come il profilo di un autore anche “classico” possa porsi sotto una luce affatto nuova, come l’esegesi del suo pensiero possa esplicarsi lungo tracciati sensibilmente innovativi, anche rispetto ad una cospicua letteratura, come le precedenti interpretazioni possano acquisire fondamenta più salde qualora si disponga di un’edizione critica integrale, filologicamente accurata, delle sue opere e si consegua un rapporto più intimo e ravvicinato con la “materialità diveniente” del testo filosofico.
Il tema del potere della conoscenza nell’atto produttivo
di Sergio Bellucci
In innumerevoli dibattiti di questi anni, di fronte alle analisi sulle trasformazioni del lavoro indotte dalle tecnologie digitali che si stavano producendo, sono stato invitato ad analizzare, a livello globale, lo sviluppo del mondo del lavoro. Si obiettava che, alla riduzione degli occupati operai nel mondo occidentale, corrispondesse un aumento dell’occupazione operaia nel mondo, attraverso i processi di delocalizzazione che molte imprese, grandi e piccole, stavano determinando.
Il processo, come provavo a spiegare, era solo “temporaneo” e non strutturale. Non solo, ben presto, meno di due/tre decenni, le innovazioni più avanzate avrebbero raggiunto anche i territori più lontani e l’impatto, dovuto alla riduzione dei costi delle tecnologie, vantaggioso anche in condizioni di iper-sfruttamento. L’esperienza della più grande fabbrica del mondo, la cinese FOXCON, con la massiccia sostituzione di lavoratori vivi con robot introdotta già dal 2012 e proseguita negli anni successivi non era che una avvisaglia di fenomeni ben più robusti e strutturali. Le stesse ondate di ritorno dei processi di delocalizzazione, spinte a volte da scelte politiche come dimostrano l’esperienza della presidenza Trump, accelerano i processi di distruzione del lavoro vivo, riducendo il lavoro nelle aree disagiate del mondo, ma favoriscono l’installazione di impianti produttivi sempre più automatizzati che producono effetti marginali nel ricco occidente che si vorrebbe avvantaggiare.
"Far maturare il bambino, non buttarlo insieme all'acqua sporca"
di Domenico Moro
I risultati delle elezioni italiane sono l’ulteriore dimostrazione del collasso, a livello europeo, del sistema politico tradizionale, basato sull’alternanza bipolare di centro-destra (PPE) e centro-sinistra (PSE). Forza Italia, interna al gruppo dei Popolari europei (PPE), è il quarto partito, il Pd, rappresentante del Partito socialista europeo (PSE), è secondo a pari merito con la Lega e scende al minimo storico. Il risultato del Pd non è per nulla eccezionale rispetto a quanto fatto registrare dai partiti socialisti in Germania, Spagna e Francia (anzi, qui le cose sono andate peggio).
Il punto è che la presunta e tanto sbandierata ripresa non è tale da recuperare quanto perso in 10 anni di crisi e di austerity europea e soprattutto è una crescita senza lavoro, o meglio senza lavoro adeguato a sopravvivere, fatta di aumento delle disuguaglianze. Infatti, il tema implicito di queste elezioni è stato il lavoro, o meglio la mancanza di lavoro. Le elezioni sono state vinte da chi ha messo in campo una risposta - giudicata credibile dagli elettori - a questo problema e alla questione collegata, cioè come determinare una effettiva ripresa economica. In particolare tre proposte sono state portate all’attenzione degli elettori da Lega e M5S: la critica ai vincoli dei trattati Europei, la riduzione dei flussi di immigrazione, e soprattutto il reddito di cittadinanza, collegato quest’ultimo a un programma neokeynesiano.
Ci sarà modo di tornare sul significato politico, istituzionale e sociale di queste importantissime elezioni, ma una cosa balza agli occhi. Le classi che hanno maggiormente sofferto a causa della globalizzazione e dell’Unione europea, ossia, per dirla in soldoni, gli strati inferiori della borghesia e del proletariato, si sono apertamente ribellate all’ordine vigente, si sono intrecciate nel voto ed hanno scelto partiti che raccolgono la protesta mescolando nostalgie liberiste e promesse di protezione. L’inevitabile alleanza tra la piccola borghesia ed il proletariato più debole avviene, al momento, sotto l’egemonia della prima. Soluzione obbligata, visto lo spettacolo vergognoso offerto in tutti questi anni dalla sinistra, ormai intossicata da una pestifera miscela di europeismo, retoriche politically correct e movimentismo. Accentuando la sua crisi, il PD segue il destino delle cosiddette socialdemocrazie europee, vittime del loro ipermercatismo. Per parte sua, la variante espressa da Liberi ed Eguali, si dimostra inevitabilmente inefficace, essendo soltanto antirenziana e non sufficientemente antiliberista. E Potere al popolo? Il risultato della sinistra radicale è cosa meno ovvia, perché è in quell’ambiente che avrebbe potuto e dovuto maturare un’alternativa al globalismo europeista e sono quelle le forze che avrebbero dovuto capitalizzare in qualche modo la benvenuta débacle del PD. Invece è avvenuto il contrario, e la sinistra radicale ha raggiunto il peggior risultato della sua storia. Perché?
Questo articolo del compagno Marco Pondrelli è il primo di una serie di contributi che Marx21.it dedicherà alle elezioni ed agli altri temi centrali del dibattito politico, con l’obiettivo di fornire una chiave di lettura ed un contributo non congiunturale al dibattito a sinistra
Quali erano gli schieramenti in campo in queste elezioni? La risposta l’ha fornita l'organo di Confindustria: Sergio Fabbrini in due editoriali (14 e 21 gennaio) apparsi su 'il Sole 24 ore' ha spiegato che in Italia si confrontavano europeisti e sovranisti. Due schieramenti trasversali ai singoli schieramenti ed ai singoli partiti, ma dalle caratteristiche ben definite. Da una parte stava l'integrazione europea e, come spesso ci ricorda Panebianco dalle colonne del 'Corriere della Sera', la NATO, dall'altro lato la sovranità nazionale.
Il Sole 24 ore non ha dubbi su dove schierarsi, arrivando ai confini dell'eversione quando afferma che “se le istituzioni politiche ed elettorali non sono in grado di garantire la preservazione di quel rapporto [con l'Europa] […] allora è necessario che quel rapporto venga protetto dalle nostre classi dirigenti“, tutto può essere discusso tranne la nostra appartenenza all''U.E. (ed all'euro) ed alla NATO. I grandi mezzi di informazione del paese per tutta la campagna elettorale hanno costruito un orientamento che considerava irricevibile una sovrana decisione del popolo italiano se essa avesse messo in discussione queste appartenenze. Il ragionamento di fondo è sempre stato il fatto che riappropriarsi della sovranità nazionale è inammissibile e che l'appartenenza all'U.E. ed alla Nato non sono nella disponibilità degli elettori.
Gli ultimi dati sul lavoro non sono incoraggianti. Se pur cala il tasso di disoccupazione dello 0,1%, arrivando all'11,1%, con il picco nella fascia di età tra i 15-24 anni (calo del 1,3% e disoccupazione al 32,7%), le nuove assunzioni sono quasi tutte a tempo determinato. Rispetto a novembre 2016 ci sono stati infatti +450.000 occupati a tempo determinato a fronte di 48.000 a tempo indeterminato. Solo tra ottobre e novembre 2017 ci sono stati 68.000 nuovi occupati, di cui 54.000 precari. L'ex premier Renzi esulta: "Il Jobs Act ha fatto aumentare le assunzioni, non i licenziamenti, il tempo è galantuomo lo diciamo sempre" Molto fumo negli occhi. A sinistra le opposizioni incalzano e replicano. Per Pippo Civati, di Liberi e uguali, "i precari sfondano ogni record: quasi 3 milioni (2.908.921). Mai così alti dall'inizio della serie storica. Ogni dieci nuovi lavoratori dipendenti, otto sono precari. Il vero record è la precarietà". Dati che scaldano la campagna elettorale e il tema del lavoro torna al centro dello scontro, tra bugie, propaganda e proposte.
Tra queste ultime, merita attenta analisi quelle del Movimento 5 stelle: perché secondo i sondaggi attuali è il primo partito, e nonostante gli inciuci vari tra partiti e liste apparentate, dovuti al meccanismo della legge elettorale, potrebbe arrivare a governare, ricevendo l'incarico da Mat-tarella per andare davanti al Parlamento e vedere chi ci sta; perché rifiutando di collocarsi sia a destra che a sinistra, è meno facilmente identificabile nella sua posizione rispetto al conflitto Capitale/lavoro; perché, infine, ne ha fatto uno dei suoi temi principali da mesi.
Intelligenza Artificiale, Biomorfismo e Automazione Cognitiva
di Fabio Iapaolo
Il gioco [dell’imitazione] può forse essere criticato sulla base del fatto che le possibilità sono troppo nettamente a sfavore della macchina. Se l’uomo dovesse cercare di fingere di essere una macchina, farebbe certamente una pessima figura. Sarebbe tradito immediatamente dalla sua lentezza e imprecisione nell’aritmetica. Non possono forse le macchine comportarsi in qualche maniera che dovrebbe essere descritta come pensiero, ma che è molto differente da quanto fa un uomo? (A. M. Turing, 1950)
In Blade Runner[1] Rick Deckard sottopone i suoi interrogati al test di Voight-Kampff, così da poter discriminare tra umani e replicanti: i secondi pressoché identici ai primi e tuttavia incapaci di provare emozioni analoghe a quelle dell’uomo.
Il test di Voight-Kampff, per analogia di scopo,[2] è simile al test di Turing, introdotto dallo stesso Alan Turing nel suo pioneristico saggio sull’intelligenza macchinica[3] del 1950 che, in maniera provocatoria, si apre con la domanda: le macchine sono in grado di pensare?[4] Turing suggerisce di riformulare questo dilemma sotto forma di un test comportamentale, detto ‘gioco dell’imitazione’, a cui partecipano tre soggetti, due umani e un computer. Il gioco, in breve: un esaminatore umano sottopone una serie di domande scritte a un altro essere umano e a un computer, entrambi separati fisicamente dal primo di modo che questi non possa sapere da chi provengano le risposte. Un computer supera il test di Turing – e gli viene dunque riconosciuta la capacità di simulare un comportamento intelligente – se l’interrogatore si dimostra incapace di stabilire con certezza chi sia di volta in volta a rispondere alle sue domande.
L’Istat pubblica le stime del valore del patrimonio detenuto da famiglie, imprese e Stato per l’anno 2016 e la loro evoluzione nell’ultimo decennio
Non si tratta più di vedere se questo o quel teorema è vero o no, ma se è utile o dannoso, comodo o scomodo al capitale, se è accetto o meno alla polizia. Ai ricercatori disinteressati sono subentrati pugilatori a pagamento, all'indagine scientifica spregiudicata sono subentrate la cattiva coscienza e la malvagia intenzione dell'apologetica (Karl Marx, poscritto alla seconda edizione del libro I de Il Capitale)
Queste parole, che ben descrivono lo stato della “scienza economica borghese” da circa 150 anni, sembrano calzare alla perfezione anche per l’Istat ed il suo report intitolato “la ricchezza non finanziaria dell’Italia” uscito lo scorso 1 febbraio. Ventisei pagine che intendono fornire la misura del valore di abitazioni, immobili non residenziali, impianti, macchinari, armamenti, risorse biologiche coltivate, prodotti di proprietà intellettuale, scorte e terreni agricoli detenuti dalle imprese, dalle pubbliche amministrazioni e dalle famiglie nel 2016 e la loro variazione negli ultimi 10/15 anni.
Un’informazione quanto mai necessaria per comprendere, seppur a grandi linee, chi e dove accumula ricchezza nel nostro paese. Per scelta dell’istituto di statistica, tuttavia, dal computo mancano alcune componenti a dir poco fondamentali: le opere di ingegneria civile, gli oggetti di valore ed i monumenti, oltre ai beni durevoli delle famiglie (es, automobili, elettrodomestici, computer), i mezzi di sussistenza e le risorse naturali non prodotte dal lavoro umano.
In attesa Che Programma 101 renda noto il suo Comunicato di bilancio e giudizio sui risultati elettorali ci pare doveroso rilanciare quanto scrive il compagno a amico Carlo Formenti
«Populista: aggettivo usato dalla sinistra per designare il popolo quando questo comincia a sfuggirle»
Nei prossimi giorni pubblicherò la mia analisi del risultato elettorale sul blog, come al solito.
In attesa di approfondire le riflessioni che quanto è appena successo mi suggerisce, non posso tuttavia esimermi da una prima reazione a botta calda.
Troppa è l'irritazione che mi suscitano le reazioni di tutti quei compagni che, di fronte alla duplice schiacciante vittoria di Cinque Stelle e Lega, sanno solo insultare gli elettori italiani accusandoli di essere populisti, qualunquisti, fascisti, razzisti, sessuofobi, xenofobi e quant'altro.
Per tutti costoro vale la seguente battuta di J-M. Naulot, riportata in esergo da Luca Ricolfi nel suo libro "Sinistra e popolo" : «Populista: aggettivo usato dalla sinistra per designare il popolo quando questo comincia a sfuggirle».
Così come vale la definizione di "negazionisti" che il giornalista americano Spannaus ha appioppato alle sinistre che negavano appunto le radici popolari della vittoria di Trump negli Stati Uniti e della Brexit in Inghilterra.
Ricerca delle origini della cultura della complessità: Aristotele
di Pierluigi Fagan
Quando si cercano le radici di un concetto che compare molto tempo dopo dal tempo in cui si cercano le radici, occorre improntare la ricerca a criteri non deterministici. Complessità è un concetto di cui -tra l’altro- non esiste una universale codifica accettata, un concetto che prende corpo soprattutto nella seconda metà del XX secolo mentre le radici, per ogni elemento di conoscenza della tradizione occidentale, non possono che retrocedere a gli antichi Greci. Sono quindi circa duemilaquattrocento anni quelli che intercorrono tra il concetto di complessità ed Aristotele. Eppure, qui si sosterrà che almeno due importanti coordinate del pensiero complesso, si ritrovano nell’opera dello Stagirita, in nessuno degli antichi prima di lui ed in nessuno altro dopo di lui, almeno fino al medioevo e poi al moderno.
Queste due coordinate sono: il concetto di sistema, la forma sistematica della conoscenza. Cominciamo dalla seconda. Aristotele, appartiene a quella esigua schiera di filosofi, detti appunto sistematici. Oltre a lui, Tommaso d’Aquino, Kant e sopratutto Hegel. Il filosofo sistematico tratta qualunque oggetto del pensiero. Le tre grandi famiglie della conoscenza umana sono i discorsi sull’uomo, sul mondo, sulle relazioni tra uomo-uomini e mondo. Il filosofo sistematico li affronta tutti con la medesima curiosità ed impegno, “enciclopedico”, termine coniato nel XVIII secolo, è il termine che illustra questa vocazione comprensiva del conato conoscitivo.
Novembre 2008: in una mailing list della comunità hacker compare il manifesto Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, a firma di Sato-shi Nakamoto. Il nome è uno pseudonimo, e a tutt'oggi non si è mai saputo chi vi fosse dietro, e nemmeno se un individuo o un collettivo. Il documento contiene i principi e il codice per poter sviluppare un software open source (1) che crea: una criptovaluta, chiamata appunto bitcoin (2), una rete peer-to-peer (P2P) (3) sulla quale questa moneta digitale circola, e il relativo protocollo di comunicazione (4). Nel gennaio 2009 viene rilasciata, sempre all'interno della comunità hacker, la prima versione del software - sarà poi aggiornato più volte - che inizia a essere utilizzato.
L'aspetto tecnico del Bitcoin è strettamente legato a quello politico: per come è stato pensato e implementato, infatti, non poteva che andarsi a inserire nelle dinamiche capitalistiche (perfino di sfruttamento di lavoro delocalizzato, come vedremo) fino a diventare un asset speculativo. Contiene tuttavia un'idea - la block-chain - che potrebbe creare qualcosa di politicamente molto diverso.
Che cos'è e come circola
Innanzitutto il bitcoin è una stringa digitale alfanumerica. I processi che lo riguardano sono due: la creazione e la circolazione.
L'editore Nero porta in Italia il testo fondamentale della nuova sinistra accelerazionista
Nel 2013 due giovani ricercatori inglesi di sinistra, Nick Srnicek e Alex Williams, pubblicano l’ennesimo manifesto per una “new Left”. Lo chiamano Manifesto per una politica accelerazionista, e produce i consueti dibattiti nei ristretti ambienti dell’accademia critica e di quella militanza intellettuale fortemente minoritaria che non disdegna di usare le nuove tecnologie. Il resto del mondo lo ignora. Accade lo stesso con il libro che i due autori pubblicano due anni dopo, estendendo le tesi succintamente esposte nel manifesto: Inventing the Future. Lo dimostra il fatto che in Italia il volume è arrivato solo ora, tre anni dopo, e pubblicato da una nuova intraprendente micro-casa editrice, Nero, collegata al progetto editoriale del magazine Not diretto da Valerio Mattioli.
Eppure, Inventare il futuro meriterebbe ben più notorietà di quella che sembra godere solo se si frequenta la stessa bolla in cui le tesi di Srnicek e Williams sono nate e si sono diffuse: perché è un testo che fornisce finalmente un orizzonte nuovo a una società priva di futuro e condannata da un triste e declinante presentismo, e lo offre a tutti, anche se si rivolge per impostazione solo ai militanti di sinistra (che gli autori si premurano, da buoni accademici, di definire come l’insieme dei “seguenti movimenti, posizioni e organizzazioni: socialismo democratico, comunismo, anarchismo, libertarismo di sinistra, anti-imperialismo, antifascismo, antirazzismo, anticapitalismo, femminismo, autonomia, sindacalismo, movimento queer e una gran parte del movimento ecologista, nei suoi vari gruppi alleati o ibridati con le categorie precedenti”).
1. Talvolta ciò che risulta dai sondaggi si rivela...esatto. Ironicamente strano, no?
Perché non dovrebbe essere così: intendo dire che i sondaggi dovrebbero, al contrario, essere prevalentemente, e non episodicamente (o "casualmente"), attendibili e presentare tollerabili e non significativi margini di errore (indicando delle previsioni che comunque registrano tendenze riconoscibili, nella loro essenza fondamentale, nel loro storico accadimento successivo).
Elezioni: Potere al Popolo contro le false alternative al sistema
di coniarerivolta
La scadenza elettorale del 4 marzo incombe inesorabile. Nessuno degli scenari plausibili per il post-elezioni appare particolarmente piacevole; nessuna delle combinazioni di partiti e liste che potrebbero formare un Governo è qualificabile come meno che disastrosa per lavoro e diritti. Con ogni probabilità, da qui ad un mese ci ritroveremo con una riproposizione stantia di una qualche variante delle maggioranze di governo che tormentano il paese...
170 anni fa Marx ed Engels, nel Manifesto del Partito comunista, affermavano con chiarezza che i comunisti “non hanno interessi distinti dagli interessi del proletariato nel suo insieme” e la loro specificità è quella di “rappresentare sempre l’interesse del movimento complessivo”[1].
Quale rapporto esiste fra queste considerazioni e la realtà di oggi? A me pare che questo insegnamento di Marx ed Engels sia più attuale che mai.
Ho definito la giornata del 24 febbraio a Roma un putridume generale di incensatori della democrazia borghese e delle sue istituzioni al servizio del dio capitale di un modo di produzione in crisi; lo ribadisco, come ribadisco che in essa ha fatto eccezione la presenza dei lavoratori della Logistica con una iniziativa coraggiosa. Merito al merito, dunque, e invito alla riflessione, in modo particolare per chi – comunista – cerca di capire...
Tra una settimana, qualsiasi sarà il risultato elettorale, tornerà in carica l’attuale governo. Non per le anomalie del sistema politico italiano però. Nell’ambito dell’Unione europea, attualmente, sono 17 i governi di “grande coalizione”, che godono cioè dell’appoggio più o meno formalizzato, più o meno mascherato, di “centrosinistra” e “centrodestra” (rigorosamente virgolettati: non esiste alcun centrosinistra o centrodestra, quanto
Lettera di un imbecille (forse rinsavito) che 5 anni fa ha votato M5S
di Franco Bifo Berardi
Mi presento: sono un imbecille che cinque anni fa ha votato per l’M5S.
Perché l’ho fatto? Perché credevo, speravo che potessero e volessero impegnarsi davvero per l’autonomia della società dal cappio del fiscal compact e della dittatura finanziaria. C’è voluto poco per capire che avevo sbagliato. Ci pensò Mario Draghi a svegliarmi, quando disse, pochi giorni dopo le elezioni del 2013, che non c’era di che preoccuparsi, perché...
Tre scenari, uno peggiore dell'altro. Ma per fortuna tutti instabili...
La mia previsione per il 4 marzo resta quella di due settimane fa. Anzi, queste ultime battute della campagna elettorale mi fanno sembrare ancor più probabile una maggioranza assoluta - in seggi ovviamente, che in voti non se ne parla proprio - della coalizione di destra. Vittoria, che se non è ancora del tutto certa, è solo per le contraddizioni di quella coalizione e per la pittoresca condizione del suo leader zombie.
Lo ribadisco: io voterò, con orgogliosa convinzione, Potere al Popolo!
di Valerio Evangelisti
[Questo testo è un ampliamento di quello che trovate negli editoriali qui, in cui si confrontavano due posizioni divergenti interne a Carmilla. Inutile ricordare che nella redazione della nostra testata convivono, su questi e su altri temi, tesi differenti, e che ognuno è libero di esporre la propria.]
Il raggiungimento del numero di firme necessario per presentare alle elezioni Potere al Popolo!, conseguito in tempi rapidissimi, la successiva veloce espansione sul territorio nazionale, hanno del prodigioso. Ma è conseguenza del prodigio che sta all’origine dell’avventura.
Espulsi dal Teatro Brancaccio, in cui si sarebbe dovuta rifondare per l’ennesima volta la “sinistra” (con i D’Alema, i Bersani, i Civati, gli Speranza e altri walking dead), i giovani e meno giovani del centro sociale Je so’ pazzo, ex OPG, tra i più attivi sul territorio napoletano, decidono di continuare da soli.
Riescono a riunire ottocento persone di tutte le età, ed è l’inizio di una valanga. Si tengono, in breve tempo, affollatissime assemblee in ogni regione d’Italia, incluse quelle in cui l’antagonismo politico-sociale sembrava spento per sempre. Aderiscono al progetto nomi storici della sinistra “vera” e non liberale, di integrità non discutibile: Heidi Giuliani, madre di un martire divenuto simbolo di lotta, Nicoletta Dosio, l’instancabile ribelle e fuggiasca, Giorgio Cremaschi, una vita per i metalmeccanici e per il riscatto operaio. E tanti, tanti altri.
Soprattutto, si adunano sotto la nuova sigla – Potere al Popolo! – i frammenti di una classe subalterna modellata, nel presente, dai rantoli di un’economia antiumana, che solo in nuove guerre e oppressioni trova slancio vitale. Precari, disoccupati, pseudo-apprendisti licenziati e riassunti (se va bene) ogni quattro mesi, gente che sbarca il lunario come può. Moltissimi giovani ma anche molti anziani, dal pensionamento spostato di continuo, quanto basta per sopprimere occasioni di lavoro per chi non le ha.
Voto, sequestro Gatti-Montanari, stato di polizia, donne al potere, potere al popolo
di Fulvio Grimaldi
Votare nel paese venduto a papi, francesi, spagnoli, tedeschi, americani…
Che questo fosse uno Stato in mano a briganti, ladri, corrotti, sociocidi, vendipatria, bari e tecno-bio-fascisti lo si sapeva. Lo si sapeva, misurando a spanne, più o meno da quando Togliatti, ministro della Giustizia, in perfetta sintonia con la pugnalata alle spalle di Yalta, decretò l’amnistia per tutto l’apparato amministrativo fascista. Ma lo si sospettava fin da quando, nel 1943, l’invasore Usa si accordò con la mafia per la risalita della penisola dalla Sicilia, garantendo in cambio una perenne coabitazione tra criminalità organizzata e classe dirigente al governo del paese sotto tutela USA, tramite Lucky Luciano, Salvatore Giuliano, “Gladio”, Cia, Pentagono, Goldman Sachs (per dire Rothschild e tutto il cucuzzaro di Wall Street) e poi UE.
Da De Gasperi a Berlinguer, passando per puntelli minori, liberale, repubblicano, socialdemocratico e i radicali in funzione di mosca cocchiera, fino all’attuale cosca renzusconiana, il maficapitalismo italiota ha attraversato solo due crisi. Una minore, provocata dai sussulti autonomisti del capo-ladrone Craxi, del tutto velleitaria per i troppi scheletri nell’armadio del soggetto, e una maggiore, quando dal 1968 al 1977 una generazione traversale e interclassista rivoluzionaria riuscì a imporre le uniche riforme di civiltà e progresso dal dopoguerra ad oggi. A questo tentativo fu posto fine mediante la militarizzazione del conflitto (terrorismo, strategia della tensione, organizzazioni armate) gestita da elementi atlantisti interni ed esterni precedentemente citati.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
Salvatore Minolfi: Le origini della guerra russo-ucraina